Sembra esserci un sostanziale allineamento fra le posizioni di Toyota, il più importante costruttore del mondo, e quelle del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Infatti, il colosso giapponese dell’auto, al fine di decarbonizzare la mobilità e perseguire una transizione energetica economicamente e socialmente sostenibile, ha ribadito nuovamente la volontà di puntare su tutte le tecnologie oggi a disposizione e di non focalizzarsi esclusivamente su quella delle auto elettriche a batteria.
“È troppo presto per concentrarsi su una sola opzione”, ha confermato il vice presidente della compagnia, Shigeki Terashi, durante un’assemblea degli azionisti, rimarcando l’importanza di un approccio “multi-tecnologico” alla transizione energetica. Per Toyota, infatti, le endotermiche a basse emissioni e le ibride non sono destinate a essere pensionate del breve termine e costituiranno un’alternativa ai modelli 100% elettrici perlomeno per altri 30 anni. Peraltro, Toyota è fra i pochissimi costruttori al mondo a disporre contemporaneamente della tecnologia termica, di quella ibrida, ibrida plug-in, elettrica a batteria e a idrogeno (fuel cell), elemento che il costruttore sta impiegando anche per alimentare i motori termici.
L’approccio di Toyota appare controcorrente rispetto a quello di molti altri costruttori, che hanno fissato lo stop definitivo a tutte le altre tecnologie che non siano quella elettrica a batteria già nell’arco dei prossimi due o tre lustri. Per i giapponesi, invece, tutte le soluzioni a basso impatto ambientale sono utili alla causa ambientale e si deve tener conto anche delle preferenze del mercato (che oggi premia le ibride e le termiche a basse emissioni). “Alcune persone amano i veicoli elettrici a batteria, ma altri non considerano convenienti le attuali tecnologie. Alla fine ciò che conta è quello che i clienti scelgono”, ha sottolineato Masahiko Maeda, chief technology officer dell’azienda.
Senza contare che per Toyota (e non solo) rimangono sul tavolo una serie di dubbi circa i benefici ecologici delle auto elettriche, erroneamente indicate come veicolo a “zero emissioni”. Per la multinazionale, invece, per valutare il reale impatto ambientale di un’auto è necessario considerare tutte le fasi che riguardano la vita del prodotto, dalla sua costruzione – inclusa l’estrazione di terre rare necessarie per la produzione degli accumulatori – allo smaltimento. “Stiamo scegliendo di guardare all’intero ciclo di vita”, ha chiarito Terashi.
Posizioni che ricordano quelle del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che punta sul pragmatismo: “La transizione ecologica deve essere giusta: non dobbiamo lasciare indietro nessuno. Dobbiamo curarci di chi comunque non potrà passare all’auto elettrica e lo dobbiamo aiutare a convertirsi a un mezzo molto più ecologico del vecchio Euro 0 o Euro 1. Già un passaggio a una macchina nuova Euro 6, che inquina meno, in questo momento dà un fortissimo impulso alla decarbonizzazione”. Ciò senza nulla togliere alla rotta tracciata, che è quella di “accelerare l’elettrificazione e la penetrazione delle macchine elettriche e ibride nel mercato”. Ma per raggiungere tale obiettivo, secondo Cingolani, è necessario “far crescere la domanda e l’offerta non solo delle macchine, ma anche dell’infrastruttura di ricarica, che non vuol dire solo le colonnine ma anche ‘una rete smart‘”.
Tuttavia, secondo il Ministro, molto si può fare svecchiando l’attuale parco circolante: “In Italia abbiamo un parco di auto private di circa 30 milioni di macchine”, sostiene il Professor Cingolani. “Una dozzina di milioni, forse anche di più, sono auto altamente inquinanti, ossia Euro 0, Euro 1 ed Euro 2. Diciamolo chiaramente: non tutti hanno la possibilità di cambiare l’auto ogni quattro anni. Molti la tengono per tanto tempo e quindi diventa vecchia e inquinante”.
In definitiva, “è chiaro che la transizione elettrica è necessaria e che tutti, domani, vorremmo andare con mezzi elettrici”, ha proseguito il ministro della Transizione ecologica. “Però vorrei ricordare che in questo momento un mezzo elettrico familiare di segmento B costa quasi il doppio di un mezzo a combustione interna. Vediamo allora da dove si parte. Oggi abbiamo 10-12 milioni di auto altamente inquinanti: in questo momento, un loro passaggio all’Euro 6 dà già un forte impulso alla decarbonizzazione”. Quindi, per Cingolani, “chi oggi ha un’auto diesel Euro 1, comprando una diesel Euro 6 ottiene un grande miglioramento. Di sicuro la transizione verso l’elettrico durerà una decina d’anni e ci saranno delle soluzioni transitorie”.
Concetti, quelli del Ministro, che erano già stati esposti dallo stesso nel corso di un webinar dedicato alla mobilità: “Dobbiamo essere realisti, la transizione ecologica non si realizza in un attimo” e “non possiamo dire alle famiglie ‘da domani comprate tutti Tesla”. Una questione che è anche legata all’infrastruttura: “Se pure avessimo da domani veicoli tutti elettrici, non sapremmo dove ricaricarli. L’obiettivo sacrosanto della progressiva e definitiva elettrificazione del trasporto va perseguito con un approccio concreto e pratico che tenga conto della sostenibilità sociale, dell’aggravio dei costi per le famiglie e della sfida tecnologica. L’obiettivo di ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030 richiede un mix di realismo e una scommessa tecnologica sul futuro”.
Va sottolineato, poi, che il Ministro, contrariamente a molti costruttori, non crede solamente nell’automobile elettrica alimentata a batteria ma anche in quelle dotate di fuel cell: “Dobbiamo procedere con l’elettrificazione del parco auto e far decollare la vettura alimentata a idrogeno. Il Pnrr, però, non fa miracoli: sul piano culturale, per esempio, vediamo circolare in strada troppe automobili con un unico passeggero, il conducente, e questo è un problema”.