La sensazione l’hanno avuta in tanti: dal febbraio 2020 la gente si ammala e muore solo di Covid-19. In realtà, come molte famiglie hanno scoperto loro malgrado, il Covid ha ucciso per lo più pazienti già fragili, anziani o anche giovani ma con patologie congenite o debilitanti. Come i tumori. Per raccontare una perturbazione destinata a durare ben più a lungo del ciclone-coronavirus, è in uscita il podcast Tratto da una storia vera, con le voci di 21 ragazzi e ragazze del Progetto giovani dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano. L’iniziativa è sostenuta dall’Associazione Bianca Garavaglia, impegnata a supportare gli aspetti più quotidiani della degenza dei giovani malati che si trovano a vivere “una follia”, come la definisce il dottor Andrea Ferrari, responsabile del Progetto e autore del libro Non c’è un perché. Ammalarsi di tumore in adolescenza.
Tratto da una storia vera è diviso in sei puntate da circa 10 minuti ed è stato realizzato in 9 mesi di incontri settimanali, condotti via web, con 14 ragazzi in cura e altri 7 già usciti dal trattamento. Oltre al contributo artistico di Alice Patriccioli, dietro al podcast c’è il coordinamento di Gianfelice Facchetti, figlio della bandiera interista Giacinto, scrittore, regista e attore teatrale. “Lo scorso anno avremmo dovuto portare in scena al teatro Puccini di Milano uno spettacolo con queste storie”, racconta Facchetti durante la conferenza stampa su Facebook. “Tutto era pronto… poi è arrivato il Covid e tutto si è fermato. Però non ci siamo fermati noi. Eduardo De Filippo diceva: “Cerca la vita e troverai la forma“. Noi abbiamo cercato la vita, che i ragazzi ci hanno mostrato con generosità e dedizione, e abbiamo definito la forma del podcast”. Sono tre, in particolare, gli aspetti della serie audio su cui Facchetti richiama l’attenzione. In primo luogo, la voce diventa il mezzo per un racconto particolarmente intimo, anche perché arriva da una nostra cavità e ha in sé una propria profondità. Il racconto complessivo, poi – spiega – è un manifesto della giovinezza, non della malattia, che è solo uno degli aspetti – ancorché drammatico – dell’età dei protagonisti. Infine, i ragazzi hanno dato corpo alla parola proprio mentre il loro corpo era in una condizione di massima fragilità. E in un momento storico, viene da aggiungere, in cui ognuno di noi si è scoperto particolarmente fragile ed esposto.
In conferenza stampa, poi, sono le voci e i volti di Edoardo, Camilla e Giacomo a raccontare cosa abbia significato, per loro, vivere questa esperienza di passaggio dalla malattia al podcast. “Il viaggio è una metafora importante del nostro racconto”, spiega Camilla, che alla sua malattia ha dedicato un libro e lavora già al secondo. “Con la malattia si arriva da qualche parte che non si conosce, ma che sarà sicuramente diversa da quella da cui siamo partiti. Senza dubbio, però, il mio modo di vivere i rapporti con le persone che mi circondano non può più essere quello di prima”. Per Giacomo sono passati quattro anni dalla malattia, ma lui non vuole dimenticare, perché sa che il racconto della sua esperienza può supportare gli altri. Un supporto che Edoardo racconta di aver trovato anche negli educatori del Progetto giovani, come Matteo Silva, che a sua volta spiega come si possa creare uno spazio per l’adolescenza vissuta in sé e per sé all’interno di un ospedale per malati di tumore. “La condivisione delle esperienze rende più sopportabile un percorso che nessuno vorrebbe mettere in conto a questa età”, racconta, parlando del podcast e dello spazio in cui nasce il racconto fra i ragazzi: “Una saletta che è come la camera di un adolescente qualunque, con chitarre, poster, la Playstation…” e la possibilità di ritrovarsi e non restare soli nella propria stanza, magari con una disperazione che talvolta nemmeno gli adulti sanno gestire.
Il nuovo progetto della Pediatria oncologica dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano punta a diventare letteratura medico-scientifica, come altre precedenti iniziative. Secondo il dottor Ferrari è importante che il modello diventi esportabile, perché i protocolli ad hoc per gli adolescenti oncologici sono un percorso ancora poco definito, un po’ schiacciato fra l’oncologia infantile e quella dell’età adulta. La sfida è quella di trasformare l’ospedale in un luogo che fornisca una cura, ma che faccia anche cultura, dando gli strumenti corretti per affrontare la malattia e raccontarla. Fra i traguardi già raggiunti, le oltre 15 milioni di visualizzazioni su YouTube con il video della canzone Palle di Natale e la più recente web-serie Tumorial, video-tutorial realizzati dai ragazzi in cura per aiutare altri compagni malati ad affrontare il percorso. Un linguaggio dissacrante, perfetto per ragazzi adolescenti alle prese con un nemico che azzera ogni possibile retorica.