Le vaccinazioni pediatriche dividono la comunità scientifica e l’opinione pubblica. C’è chi sostiene che i giovanissimi siano fondamentali per raggiungere l’immunità di gregge e che siano comunque a rischio di malattia anche se bassissimo, chi invece sostiene il contrario e ritiene che debbano essere valutati con grande attenzione i potenziali rischi a breve e lungo termine. I primi a segnalare possibili criticità nelle somministrazioni di vaccino a bambini sani sono stati quaranta scienziati inglesi tre settimane fa, poi sono arrivate le segnalazioni di miocarditi dei CDC (Centers for Disease Control and Prevention) in Usa e le raccomandazioni del Koch Institute tedesco di immunizzare solo i bambini con “condizioni patologiche preesistenti”. Per comprendere al meglio il contesto, Ilfattoquotidiano.it ha intervistato il professor Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, che è stato tra i primi a ricevere il vaccino in Italia.
I CDC (organismo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti d’America) hanno riscontrato un numero di miocarditi nei giovanissimi superiori alla media 285 (mentre attese per la fascia d’età erano da un minimo 10 a un massimo 102). Cosa ne pensa?
Si tratta di una forma di miocardite che in generale è di relativamente breve durata e reversibile. Tuttavia è molto importante monitorare questo effetto e questa è una delle ragioni per stare molto attenti e rinviare le vaccinazioni ai più giovani quando avremo a disposizione molti più dati e quindi una migliore valutazione degli effetti collaterali dei vaccini su questa fascia d’età.
Il Covid nei bambini, nella fascia 12-15 anni, non ha fatto registrare eventi fatali (ci sono rarissimi casi in Italia, cinque dovuti ad una patologia grave pregressa). Qual è la priorità oggi nelle vaccinazioni?
È vero che i giovani adolescenti non hanno molti sintomi in rapporto con il contagio. In generale si ritiene che i giovani possano infettare genitori e nonni. In realtà ciò che è prioritario deve essere la vaccinazione delle persone con età superiore ai 60 anni. Infatti è in questa età abbiamo la quasi totalità delle malattie gravi e della mortalità. Purtroppo in Italia siamo molto indietro in queste vaccinazioni perché mancano ancora oltre 3 milioni di soggetti over 60 da vaccinare. È importante concentrare l’attenzione su questa popolazione e poi è bene discendere decennio per decennio fino alle fasce di età inferiori. Naturalmente hanno priorità tutti i soggetti, indipendentemente dall’età, che siano disabili o portatori di gravi malattie.
I sistemi di vigilanza si basano su segnalazioni dei pazienti, esiste un’altra strategia di vigilanza attiva?
Non sono solo le segnalazioni dei pazienti ma anche quelle dei medici o del personale sanitario. Va ricordato che data la vaccinazione di massa e l’interesse per i risultati della vaccinazione abbiamo un’attenzione straordinaria da parte del pubblico. Per nessun farmaco non si è mai verificata una raccolta così importante di effetti collaterali.
Il Robert Koch Institute di Berlino ha emesso raccomandazioni sulle vaccinazioni pediatriche fino a 17 anni. L’Istituto tedesco “sconsiglia” le vaccinazioni per i bambini sani, mentre la consiglia a chi ha patologie preesistenti suscettibili. Che ne pensa?
Sono d’accordo con l’Istituto Koch nello sconsigliare le vaccinazioni per i bambini sani. Infatti abbiamo troppo pochi dati, anche se esiste per esempio uno studio condotto in Spagna, per valutare soprattutto gli effetti collaterali. È quindi bene attendere che si concludano altri studi.
Che ruolo hanno i bambini nell’immunità di gregge? Se le fasce a rischio sono tutte vaccinate, quali possibili rischi ci sono? Il vaccino previene anche dalla possibilità di contagiare altre persone?
Occorre dire che non sappiamo quale sia la soglia necessaria per ottenere la cosiddetta immunità di gregge. L’affermazione della necessità di vaccinare il 70% non ha riscontri obiettivi perché dipende dal tipo di vaccino. Per altre malattie, come ad esempio il morbillo, per avere immunità di gregge occorre vaccinare il 95% della popolazione. Occorre inoltre tener conto del fatto che siamo ancora molto indietro perché abbiamo iniziato con ritardo e oggi solo poco più di 14/15 milioni di persone in Italia hanno ricevuto la doppia vaccinazione. Va anche ricordato che se non vacciniamo tutti rapidamente potremmo avere il problema di varianti che non sono controllate dai vaccini. La variante Delta (indiana) che è già presente anche in Italia e ha obbligato il Regno Unito a prolungare di un mese il lockdown e ad anticipare la somministrazione delle seconde dosi vaccinali.