Lo sport in Italia non è per tutti. Quasi un bambino su cinque non lo pratica. E tra le ragioni della sedentarietà, oltre alla mancanza di tempo e di interesse, c’è la povertà. Per il 30% circa dei bambini dai 6 ai 10 anni la condizione economica del nucleo familiare non permette loro di frequentare alcun corso.

Ma non solo. A limitare l’attività sportiva è la mancanza di spazi all’aperto dedicati al moto e l’assenza di scuole attrezzate: solo il 40,8% degli istituti scolastici è provvisto di palestra o piscina, con Campania, Calabria, ma anche Valle d’Aosta, Emilia-Romagna e Liguria in fondo alla classifica. Infine, una sorpresa: a farla da padrone nel mondo dello sport, perlomeno tra i più piccoli, non è più il calcio. Tra i bambini dai 3 ai 10 anni il nuoto è il più praticato: il primo tra le femmine (48,7% di chi fa sport) e il secondo tra i maschi (39,4%).

A presentare questa fotografia è il rapporto nazionale sui minori e lo sport, realizzato dall’Osservatorio promosso dalla fondazione Con i Bambini e Openpolis nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Un’indagine che fa preoccupare il presidente dell’organizzazione Marco Rossi Doria, maestro di strada ed ex vice ministro dell’Istruzione: “Fare sport ancora oggi è costoso per molte famiglie, sono molti i giovani sedentari, mentre strutture e spazi pubblici sono insufficienti in molte aree del Paese, soprattutto al Sud. Non è un caso che le due regioni in fondo alla classifica delle scuole dotate di palestra, Campania e Calabria, siano anche quelle con meno ragazzi che fanno attività fisica e con più famiglie in disagio sociale. Va incentivata l’attività fisica all’aperto, adesso”.

L’analisi elaborata fa un confronto anche tra la fase pre e post pandemia: prima del Covid i minori praticavano prevalentemente sport in spazi chiusi, meno di un giovane su quattro faceva sport in spazi all’aperto non attrezzati, contro il 41,9% dell’intera popolazione. “È ancora presto – spiegano i ricercatori – per poter disporre di numeri aggiornati sulla pratica sportiva dei più giovani dopo il Covid. Un dato già acquisito però è che le aree dove fare sport all’aperto sono divenute essenziali in quest’emergenza, anche per la pericolosità di farlo in ambienti chiusi. Tali ragioni spingono a interrogarsi sulla possibilità dei territori di rispondere a questa nuova esigenza”.

L’Italia non sembra essere, quindi, un Paese che agevola lo sport. Basta vedere la condizione degli edifici: a livello regionale, solo in due casi gli istituti scolastici dotati di strutture sportive sono più del 50%. Si tratta del Friuli-Venezia Giulia dove a fronte di circa mille scuole presenti quasi seicento sono dotate di palestre (il 57,8%) e del Piemonte dove invece le scuole con palestra sono circa 1.600 su un totale di oltre tre mila(il 51%). Al terzo posto c’è la Toscana con il 48%. Agli ultimi posti, con meno di tre edifici scolastici dotati di impianti su dieci, troviamo invece Calabria (20,5%) e Campania (26,1%).

Un ultimo dato sul quale riflettere: gli sport praticati sono cambiati nel corso degli anni. Tra le bambine con meno di dieci anni è aumentata soprattutto la categoria residuale degli altri sport (comprendente quelli nautici, altri con la palla come rugby e pallamano). Rispetto al passato, i maschi della stesa età praticano di più soprattutto le arti marziali (+3,9 punti), gli altri sport (+2,6), l’atletica leggera (+1,7) e il calcio (+1,4).

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