Report dovrà svelare le fonti usate per lavorare a un’inchiesta sull’avvocato Andrea Mascetti, professionista di area Lega, vicinissimo ad Attilio Fontana. È questo, in sintesi, il contenuto di una sentenza del Tar del Lazio che ha dato ragione al legale sull’accesso agli atti in possesso della redazione di Report, relativi alla puntata ‘Vassalli, valvassori e valvassini’ del 26 ottobre 2020 ed in particolare al servizio giornalistico che lo riguarda. E ora la Rai, quindi, “dovrà consentire al ricorrente, entro giorni trenta dalla comunicazione o notificazione (se anteriore) della presente sentenza (18 giugno 2021, ndr), l’accesso agli atti e ai documenti”. La sentenza, infatti, fa riferimento alla “documentazione connessa all’attività preparatoria di acquisizione e di raccolta di informazioni riguardanti le prestazioni di carattere professionale svolte dal ricorrente in favore di soggetti pubblici, confluite nell’elaborazione del contenuto del servizio di inchiesta giornalistica mandato in onda, nello specifico avente ad oggetto la rete di rapporti di consulenza professionale instaurati su incarico di enti territoriali e locali”. In altre parole l’avvocato Mascetti deve ottenere le richieste fatte da Report in merito alle sue consulenze.
Stilata dalla terza sezione del tribunale amministrativo, presieduta dal Giuseppe Daniele la sentenza accoglie la richiesta presentata lo scorso ottobre dallo studio legale dell’avvocato di Varese. Amministrativista, entrato agli inizi degli anni ’90 nella Lega senza mai avere incarichi ufficiali, negli anni Mascetti ha collezionato numerose consulenze da parte di enti pubblici, spesso guidati da esponenti del partito di Matteo Salvini: nell’inchiesta di Report viene definito una delle figure “più misteriose” del mondo leghista. Il legale aveva già chiesto l’accesso agli atti lamentando “un quadro fuorviante della realtà” e sottolineando di non aver avuto “alcuna consulenza con il presidente Fontana”.A quella richiesta la Rai aveva opposto “un diniego integrale” per diverse ragioni fra le quali l’esclusione del diritto di accesso “rappresentata dal segreto professionale ex art. 2, comma 3, L. n. 69/1963, connesso alla libertà di stampa” e “l’esclusione della Rai dall’applicazione della disciplina in tema di accesso civico in quanto società emittente, alla data del 31 dicembre 2015, strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati”. Un diniego integrale che ora la sentenza del Tar del Lazio ha fatto a pezzi.
Viale Mazzini annuncia comunque di aver conferito “mandato per impugnare innanzi al Consiglio di Stato la decisione con la quale l’attività giornalistica, ove svolta dal Servizio Pubblico, è stata inopinatamente assimilata ad un procedimento amministrativo. Rai si attiverà in ogni sede per garantire ai propri giornalisti il pieno esercizio della libertà d’informazione e la tutela delle fonti”. La sentenza del Tar, però, rappresenta un pericoloso precedente. “La sentenza del Tar del Lazio è gravissima. Viola la Costituzione, viola la libertà di stampa. Una sentenza miope che paragona il lavoro giornalistico a degli atti amministrativi. E’ come se Ilaria Alpi fosse morta per degli atti amministrativi”, dice Sigfrido Ranucci, conduttore del programma televisivo. “Questa sentenza – continua – crea di fatto giornalisti di serie A e di serie B: quelli che lavorano nel servizio pubblico non possono tutelare le proprie fonti, gli altri sì. E’ un attacco senza precedenti, dovuto alla debolezza delle Istituzioni in generale e alla delegittimazione della politica nei confronti del giornalismo di inchiesta. Report non svelerà le proprie fonti, non darà gli atti a Mascetti, non lo faremo neppure da morti. Devono venire a prenderli con l’esercito”. Ranucci, inoltre, fa notare come in caso di sentenza avversa anche al Consiglio di Stato, la Rai potrà rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell’uomo, che di recente ha ribadito il diritto dei giornalisti a tutelare le proprie fonti.
Al fianco di Report si schierano la Federazione nazionale della stampa e l’Usigrai, il sindacato dei giornalisti di viale Mazzini. “La sentenza del Tar del Lazio che autorizza l’accesso agli atti di Report apre un precedente pericolosissimo. Rispettare le sentenze, non vuol dire non poterle criticare. E anzi sono l’occasione per chiedere nuovamente a governo e parlamento la necessità di un chiarimento urgente sulla natura giuridica della Rai”, si legge in una nota. “I giornalisti – continuano le due sigle sindacali – che fanno informazione in Rai non possono essere paragonati a funzionari della Pubblica Amministrazione. Pertanto le norme sull’accesso agli atti devono soccombere di fronte al diritto- dovere del giornalista di tutelare le proprie fonti. Altrimenti nei fatti si azzererebbe qualunque possibilità per i giornalisti Rai di fare il proprio lavoro, e ancor di più di fare giornalismo investigativo, così come nei doveri del Contratto di Servizio”.
Sul fronte politico si schierano con Report esponenti del Movimento 5 stelle e del Pd, come Vittoria Casa, Primo Di Nicola, Filippo Sensi e Valeria Fedeli. Anche il segretario dei dem, Enrico Letta, interviene per dire che “le sentenze si rispettano sempre. Ma questa del Tar sulle fonti di Report lascia davvero perplessi. Non vedo come possa resistere agli ulteriori gradi di giudizio”. I renziani, invece, attaccano la trasmissione con Luciano Nobili che attacca la decisione di Ranucci di consegnare gli atti a Mascetti: “Che Report non abbia più nulla a che fare col giornalismo lo sappiamo, che le loro ricostruzioni siano costruite con materiali di dubbia provenienza anche, ma che una trasmissione Rai si faccia vanto di non rispettare una sentenza è oggettivamente incredibile”. A Nobili replica lo stesso Ranucci: “Per me la legge è sopra a tutto. E la legge mi permette di tutelare le fonti. E lo farò fino alla morte. Nobili, piuttosto, deve informarsi meglio. Non è il giudice ad aver chiesto l’accesso agli atti, ma un privato il quale ha chiesto l’accesso alle fonti giornalistiche. Fonti e attività giornalistiche che, se Nobili non lo sa – e questo mi stupisce visto che è un parlamentare e dovrebbe saperlo- sono tutelate dalla Costituzione“.