Il naturalista Alessandro De Maddalena commenta l'episodio avvenuto lo scorso 21 maggio al largo delle nostre coste. “Lo squalo bianco attacca gli esseri umani solo in casi rarissimi e il più delle volte lo fa di sorpresa, senza che la vittima lo veda avvicinarsi"
“Fa tristezza vedere costantemente notizie nelle quali questi animali, massacrati a milioni dagli esseri umani, vengono ancora dipinti come dei mostri assetati di sangue umano”. Alessandro De Maddalena, naturalista esperto di squali e docente dell’Università Milano-Bicocca, commenta così quanto accaduto a un pescatore romano che venerdì 21 maggio era uscito in barca per una tranquilla giornata di pesca nella zona di Fiumicino e si è ritrovato a fare i conti con uno squalo.
“Il più cattivo dei predatori” è il bollino attaccato a uno degli animali che in realtà ogni anno è vittima delle reti da pesca in cui muore soffocato, vittima delle frodi alimentari nelle quali è venduto come tonno o pesce spada e, ancora, vittima del finning, una pratica con la quale i bracconieri tagliano le sue pinne rigettandolo in mare agonizzante dove morirà con sofferenza. Le pinne diventeranno una costosissima zuppa molto richiesta nei Paesi orientali.
Secondo il pescatore naufrago si sarebbe trattato di uno squalo marrone-grigiastro, grande sui 4-5 metri, con una pinna dorsale alta e massiccia. Mentre un testimone del peschereccio, che ha preso parte al salvataggio, lo descrive sempre sui 4 metri con una pinna lunga almeno un metro e mezzo e di colore bianco sotto e grigiastro sopra, dichiarando che, quasi certamente, si tratterebbe di una verdesca.
“Non c’è alcuna possibilità che si sia trattato di una verdesca – precisa De Maddalena a Ilfattoquotidiano.it – . La verdesca è di colore blu intenso, normalmente misura tra 1,5 e 2 metri e solo in casi eccezionali arriva a 3 metri, l’esemplare più grande mai registrato misurava 3,8 metri”. Invece se le dimensioni riportate di 4-5 metri ed il colore descritto marrone e grigiastro sono accurati, “poteva trattarsi di uno squalo bianco (Carcharodon carcharias) o di un notidano grigio o capopiatto (Hexanchus griseus), entrambe specie da sempre presenti nelle acque italiane”, continua l’esperto.
C’è anche un’altra questione da dirimere. Proprio sulla base dei racconti sia del diretto interessato sia dei testimoni non sembrerebbe affatto che si possa parlare di attacco. “Nessuno squalo utilizza la pinna caudale per capovolgere le imbarcazioni, non lo fa nemmeno lo squalo bianco, la sola specie di squalo che in casi rarissimi può attaccare piccole barche. Se lo squalo in questione ha effettivamente urtato la barca con la pinna caudale non l’ha fatto certamente con l’intento di capovolgerla”.
Il pescatore stava abbandonando la barca prima dell’arrivo dello squalo perché, come ha raccontato, si è dimenticato di chiudere il tappo e l’imbarcazione stava incamerando acqua e affondando, poi una volta salito sul peschereccio giunto in soccorso, lo squalo avrebbe colpito la sua barca. “Qualunque sia la specie di squalo coinvolta in questo strano episodio non vi è alcun elemento che desti preoccupazione. Il testimone principale ha narrato l’episodio come se lo squalo fosse in attesa di mangiarlo. Se così fosse, costui non sarebbe in vita o comunque non sarebbe del tutto illeso, per poterlo raccontare”, ragiona il professore.
“Sebbene lo squalo bianco sia da considerarsi la specie di squalo più pericolosa, in realtà attacca gli esseri umani solo in casi rarissimi e il più delle volte lo fa di sorpresa, senza che la vittima lo veda avvicinarsi. Ma nella stragrande maggioranza dei casi gli squali bianchi non mostrano il minimo interesse per gli esseri umani. Tra l’altro come già detto non si può nemmeno escludere l’ipotesi che l’animale in questione fosse un innocuo capopiatto o notidano grigio”.
Servirebbe un cambio di paradigma quando si raccontano dei fatti sullo squalo: “Ogni avvistamento di squalo è in realtà un evento positivo, poiché tali animali sono in drammatico declino nei mari di tutto il mondo, Mediterraneo incluso”, conclude De Maddalena.
È normale vedere gli squali al largo delle coste italiane, come lo squalo bianco o lo squalo mako. Anzi è anormale vederli così raramente, dovrebbe essere più frequente. Come ricorda la Società Italiana di Biologia Marina (Sibm) in Mediterraneo tra squali e razze si registrano 86 specie, il 50% di esse è a rischio estinzione. Ogni anno nell’Unione Europea si pescano circa 42mila tonnellate di squalo, di cui 25mila sono verdesche, la cui pesca è ancor oggi consentita, mentre il restante si divide tra altri squali come lo squalo smeriglio e lo squalo mako, catturati illegalmente.
Gli squali sono innocui, provare per credere: De Maddalena da anni organizza spedizioni scientifiche in Sudafrica e in Australia, aperte a tutti coloro che amano questi animali, dove potersi immergere in totale sicurezza con lo squalo bianco, collaborare alla raccolta dati e diffondere l’importante messaggio che lo squalo non è pericoloso ma in serio pericolo.