Cosa accadrebbe se si potessero applicare le misure di prevenzione patrimoniali a chi commette crimini contro l’umanità e contro la Terra?
Facciamo un passo indietro: cosa sono le misure di prevenzione patrimoniali? Bisogna tornare ancora una volta a Pio La Torre e alla sua lotta contro la mafia. Siamo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, la mafia per il nostro Codice Penale non esiste, i mafiosi quando vengono portati a processo se la cavano quasi sempre con assoluzioni o pene irrisorie. Ma Pio La Torre comprende la forza dell’organizzazione mafiosa, quella forza fondata sulla capacità di fare paura e quindi di ammutolire e piegare persone e istituzioni, sa che quella forza si alimenta di ricchezze accumulate attraverso l’attività criminale, ricchezze che successivamente, adeguatamente ripulite, costituiscono la chiave per entrare nell’economia legale, costruire posizioni sociali di successo, avvicinare imprenditori e politici, persino entrare in Borsa e nella finanza che conta davvero.
Così riflettendo, nacque l’intuizione: colpire i patrimoni frutto della attività illecita a prescindere dalla condanna penale dei mafiosi. Inventarsi un modo per individuare il capitale criminale e confiscarlo (mettendolo a disposizione della collettività, ma questa è un’altra storia), senza che questo provvedimento fosse la conseguenza di una condanna penale definitiva contro Tizio o Caio. E come costruire un’arma del genere?
Seconda intuizione: sulla base della sproporzione manifesta tra attività economica dichiarata dal soggetto e valore del patrimonio a disposizione. La sproporzione manifesta, unita ad un quadro indiziario che faccia ritenere il soggetto legato ad un sodalizio mafioso, giustifica il sequestro e l’inversione dell’onere della prova, che significa che a quel punto è il soggetto che ha subito il sequestro che deve dimostrare la legittima provenienza del patrimonio, per evitare che il sequestro si trasformi in confisca definitiva. Una rivoluzione che ha contribuito a contenere le organizzazioni mafiose e non soltanto quelle. La morale sottostante è chiara: la ricchezza accumulata in maniera criminale è in se stessa male ed un rischio permanente per la democrazia e per la libertà di ciascuno, bisogna toglierla di mezzo.
Ma se, fantasticando, questo ragionamento lo spingessimo a livello globale e lo applicassimo in una prospettiva storica, se ci fosse insomma una specie di Tribunale Mondiale della Misure di Prevenzione patrimoniali, cosa accadrebbe?
Se questo fantomatico Tribunale indagasse sulle fortune accumulate dalle più “sviluppate” economie del mondo e risalisse alle origini di quei capitali che poi hanno costituito il massetto fondamentale per moltiplicare il loro vantaggio competitivo. Cosa scoprirebbe? Quanti genocidi, quante deportazioni, quante guerre, quante rapine, quanta devastazione ambientale… Se esistesse un Tribunale del genere e questo potesse ordinare il sequestro anche soltanto di una parte delle ricchezze frutto di quei crimini collettivi per poi utilizzarli a beneficio dei “sommersi”, scriveremmo un’altra storia.
Invece questo fantomatico tribunale non esiste. L’eredità-massetto ce la teniamo ben stretta, indisponibili anche soltanto ad una tassa di successione un poco più equa. A volte restiamo abbagliati da certa filantropia a sei zeri che però non ha nulla a che fare con la giustizia. L’ultimo frutto di questa eredità-non-confiscabile è il vaccino anti-Covid: altro che diritti umani universali, ci si affida ancora una volta all’antico “si salvi chi può!” ed è facile indovinare chi può e chi no.
Nessuna vera battaglia per la sospensione dei brevetti, soltanto il sedativo balletto delle dichiarazioni dei leader politici che non va oltre lo schema della filantropia, che però nulla a che fare con la giustizia. Nessuna forma di obiezione di coscienza: diventerà difficile d’ora innanzi sentir parlare delle tragedie provocate dall’antico colonialismo senza avvertire con certezza di essere parte attiva della sua più recente evoluzione.
E così nella canicola estiva, senza troppi sobbalzi, l’umanità sarà sempre più divisa tra chi vive di “green pass” e chi muore sotto un Tir manifestando per il lavoro.