Il ministero della Salute ha diramato la circolare che mette nero su bianco la possibilità, per gli under 60 che hanno ricevuto la prima dose di vaccino anti-Covid di AstraZeneca e rifiutano il richiamo con un prodotto diverso, di completare il ciclo vaccinale con lo stesso Vaxzevria di Astrazeneca, previo colloquio medico e dopo la firma di un modulo di consenso informato.
“Secondo quanto evidenziato dal Cts – si legge nella circolare firmata dal direttore generale Prevenzione del ministero, Giovanni Rezza – ferma restando la indicazione prioritaria di seconda dose con vaccino a mRna (Pfizer e Moderna, ndr), ispirata ad un principio di massima cautela rivolto a prevenire l’insorgenza di fenomeni Vitt (trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino, ndr) in soggetti a rischio basso di sviluppare patologia Covid-19 grave, e a un principio di equità che richiede di assicurare a tutti i soggetti pari condizioni nel bilanciamento benefici/rischi, qualora un soggetto di età inferiore ai 60 anni, dopo aver ricevuto la prima dose di vaccino Vaxzevria, pur a fronte di documentata e accurata informazione fornita dal medico vaccinatore o dagli operatori del centro vaccinale sui rischi di Vitt, rifiuti senza possibilità di convincimento il crossing a vaccino a mRna, allo stesso, dopo acquisizione di adeguato consenso informato, può essere somministrata la seconda dose di Vaxzevria”. “Tale opzione – si legge nel testo – risulta coerente e bilanciata dal beneficio derivante dall’annullamento del rischio connesso alla parziale protezione conferita dalla somministrazione di una singola dose di Vaxzevria”. Il pericolo, in sostanza, è che il vaccinato in prima dose non si sottoponga alla seconda per evitare lo schema eterologo e, “sulla base delle evidenze disponibili, la protezione conferita da una singola dose (priming) di vaccino Vaxzevria è parziale, venendo assai significativamente incrementata dalla somministrazione di una seconda dose (booster)”. A questo si aggiunge che “i rischi connessi alla parziale protezione possono assumere ulteriore pericolosità in contesti epidemiologici caratterizzati da elevata circolazione di varianti quali la variante Delta” o indiana, avverte il Cts.
Un’altra considerazione è che “i fenomeni tromboembolici sono meno frequentemente osservati dopo somministrazione della seconda dose”di AZ: “Secondo stime provenienti dal Regno Unito – si legge nel parere – sono pari a 1,3 casi per milione, valore che corrisponde a meno di un decimo dei già rari fenomeni osservati dopo la prima dose. Secondo quanto riferito dal direttore generale di Aifa – si ricorda – a oggi, in Italia, non sono stati registrati casi di Vitt dopo la seconda somministrazione di Vaxzevria. Il Cts – recita il parere allegato alla circolare ministeriale – confermando preliminarmente le valutazioni formulate nella seduta dello scorso 11 giugno, fondate sul rapporto benefici/potenziali rischi di trombosi in sedi inusuali associati a trombocitopenia (Vitt), nel contesto di diversi scenari di circolazione virale, condivide all’unanimità” diverse considerazioni. Su tutte, quella che “il vaccino Vaxzevria è approvato dalle agenzie regolatorie europea e italiana (Ema e Aifa) per i soggetti al di sopra dei 18 anni”.
Capitolo a parte per il vaccino monodose di Johnson&Johnson. Janssen resta raccomandato agli over 60, ma il rapporto benefici-rischi del suo impiego potrebbe risultare favorevole anche in under 60 nei quali la vaccinazione monodose sia preferibile. Ad esempio, secondo fonti governative, il farmaco verrà somministrato anche a senza fissa dimora e migranti under 60 proprio a causa della difficoltà di reperibilità di queste persone che, così, rischierebbero di non ricevere il richiamo con altri vaccini. Con parere trasmesso l’11 giugno scorso, si legge nella circolare firmata da Rezza, “il Cts ha raccomandato il vaccino Janssen per soggetti di età superiore ai 60 anni, anche alla luce di quanto definito dalla Commissione tecnico scientifica di Aifa“. Trattandosi infatti di un vaccino adenovirale come quello di AstraZeneca, anche per J&J vale lo stesso principio di precauzione volto a evitare il seppur raro rischio di Vitt nella popolazione più giovane. Tuttavia, prosegue il testo, “il Cts ha inoltre previsto la possibilità che si determinino specifiche situazioni in cui siano evidenti le condizioni di vantaggio della singola somministrazione, e che, in assenza di altre opzioni, il vaccino Janssen andrebbe preferenzialmente utilizzato, previo parere del Comitato etico territorialmente competente”. “In particolare – precisa la circolare – il vaccino di cui trattasi potrebbe essere somministrato in determinate circostanze, come ad esempio nel caso di campagne vaccinali specifiche per popolazioni non stanziali e/o caratterizzate da elevata mobilità lavorativa e, più in generale, per i cosiddetti gruppi di popolazione hard to reach. Infatti, in tali circostanze, peraltro già indicate dal Cts, considerate le criticità relative alla logistica e alle tempistiche della somministrazione di un ciclo vaccinale a due dosi, il rapporto benefico/rischio della somministrazione del vaccino Janssen in soggetti al di sotto dei 60 anni potrebbe risultare favorevole”.