Andrea Barilli ha deciso di lasciare l'Italia quattro anni fa e oggi vive in Tunisia insieme alla moglie e alla figlia. Lui ha aperto un'azienda che si occupa di cybersecurity mentre la compagna ha avviato un progetto di supporto per le famiglie. Il vantaggio più grande dal trasferimento? Un ritmo più “rispettoso” del tempo, meno frenetico
In Tunisia fa il manager nel settore della sicurezza. E pure l’attore. L’improvvisazione nel mio lavoro è fondamentale e mi aiuta nelle relazioni professionali quotidiane”. Andrea Barilli ha 41 ed è originario di Viadana, in provincia di Mantova. Da quattro anni vive nel Paese nordafricano e lasciata l’Italia ha portato con sé lavoro e passione: anche nel Belpaese si occupava di sistemi di sicurezza e recitava musical nell’ambito di un’associazione culturale. “Conoscere il linguaggio del corpo – racconta Andrea – è utile per capire le persone che ti stanno davanti”. Sua moglie Stephanie, 35enne italo-francese, l’ha conosciuta a Bologna, dove era andato a vivere per motivi di studio, facendo teatro. Dieci anni sul palco e tanti spettacoli nella città delle torri medievali.
Il motivo più importante della partenza dall’Italia il manager-attore lo riassume così, con un’apparente contraddizione: “Avevamo tutto, ma mancava qualcosa”. È proprio così: bel lavoro, ottimi colleghi, “l’ambiente bolognese ci piaceva. Ma sia per noi che – soprattutto – per nostra figlia volevamo un ambiente più multiculturale. Per la nostra piccola abitare qui, in un crocevia di lingue e culture diverse (francese, inglese, araba, canadese, ivoriana, asiatica) sarebbe stata un’opportunità da non lasciarsi sfuggire”. E infatti Sophie, oggi, parla quattro lingue. In un ambiente multiculturale come la Tunisia, Andrea e Stephanie vedono più occasioni di crescita, e non solo economica, rispetto all’Italia: “Il Paese in cui son nato, che amo tantissimo, eccelle in tanti settori ma si ritrova incastrato in meccanismi burocratici privi di una visione globale sul futuro”.
Poi c’è il tema del costo della vita, in Tunisia tendenzialmente basso: per alcuni generi alimentari da 1/3 a 1/6 rispetto all’Italia. “L’affitto di una villetta con giardino in una bella zona – racconta Andrea – equivale a quello di un appartamento di 90 metri quadri nella periferia di una città italiana”. Sul fronte retribuzioni, invece, “per i lavori manuali i tunisini vengono pagati 200-250 euro al mese e possono vivere senza problemi. Il lavoro non è un valore, l’assenteismo è la normalità in queste categorie. Nelle aziende medie un impiegato arriva a 300-400 euro, forse anche 500”. Ma il ‘salto economico’ lo si fa lavorando in realtà internazionali. “Così il guadagno raddoppia, in alcuni casi triplica. Se poi si ricoprono ruoli manageriali gli stipendi sono superiori a quelli italiani della stessa posizione lavorativa”.
Un “super vantaggio”, così lo definisce Andrea, è quello di potersi adattare ad un ritmo più “rispettoso” del tempo, meno frenetico: il basso costo della vita permette di gestire meglio il tempo lavorativo e dedicarsi di più alla famiglia. Inoltre si possono “avere migliori opportunità formative e ci si può togliere sfizi che in Italia avrebbero un costo proibitivo. Come mandare i figli ad una scuola internazionale privata e frequentare hotel a 5 Stelle che costano come un 3 Stelle in riviera in Italia“. E ancora: “I pensionati che abitano qui, pur percependo mille euro al mese, hanno un tenore di vita che in Italia potrebbero avere solo con il triplo di pensione”.
Vorrebbe tornare in Italia Andrea, ma allo stesso tempo non potrebbe fare a meno dei vantaggi che la Tunisia gli ha offerto. “Pensa che lo scorso ultimo dell’anno siamo andati a casa di amici e sul tavolo c’erano passaporti di 13 nazioni diverse”. Sui casi di Covid nel paese, Andrea dà questa lettura: “Siamo stati fortunati l’anno scorso. Sono state anticipate le chiusure dei confini. Forse però si è esagerato, mettendo in crisi l’economia”. Ma oggi, grazie a quelle scelte la situazione è sotto controllo. Andrea non si sente un ‘cervello in fuga’ ma certamente prova a frenare i giovani tunisini ad andarsene verso altri Paesi francofoni (Canada, Francia, Belgio) e del Golfo (Qatar, Emirati): “Vorrei incentivare i miei ragazzi a restare, magari offrendo benefit stimolanti. Vorrei poter farli lavorare da remoto il più possibile, affinché possano dedicarsi di più alla famiglia e alle loro passioni. Come ho la fortuna di poter fare io”.