E’ tornato sulla scena politica della Capitale per sostenere Giovanni Caudo, sfidante di Roberto Gualtieri. Ora contesta l’attendibilità del risultato delle primarie del centrosinistra che hanno sancito la vittoria dell’ex ministro dell’Economia. A guidare la protesta, neanche 24 ore dopo lo spoglio, e a riaprire una partita dal risultato scontato è l’ex sindaco Ignazio Marino. “I risultati online danno Gualtieri e Caudo testa a testa; quelli cartacei danno risultati diversi”, ha scritto su Twitter. “Per le schede chi parla di 30.000 e chi di 48.000 votanti. Perché non rifare lo spoglio con i candidati presenti così si potrà confermare trasparenza del voto?”. La consultazione ha portato alla urne, stando ai risultati ufficiali, 48mila persone: 5mila in meno rispetto al 2016 e meno della metà rispetto ai 100mila del 2013 che incoronarono proprio Marino. Al momento però i dati scorporati (voto online e non) non sono stati diffusi e, fino all’intervento dell’ex primo cittadino, nessun altro aveva posto la questione. Resta il fatto che Gualtieri ha vinto con 28561 preferenze (il 60,6% dei voti) e Caudo è arrivato secondo con 7388 voti (15,7%) ed è difficile ipotizzare un testa a testa.
Chi ha cavalcato la protesta di Marino è Carlo Calenda, eurodeputato eletto nelle fila Pd ma che ha deciso di candidarsi alle amministrative a Roma, ma senza passare dalle primarie. “Su ogni atto pubblico che determina una scelta politicamente rilevante occorrerebbe avere il massimo della trasparenza”, ha scritto su Twitter. “Per rispetto della buona fede di chi partecipa”. Marino aveva già parlato su Facebook in mattinata: “I numeri dei partecipanti non sono chiari”, ha scritto su Facebook. “Secondo alcuni riscontri siamo sotto i 37.000 c’è chi dice 45.000, e parla di successo. In realtà, siamo ben lontani dai 110.000 Romani che votarono alle Primarie nel 2013 ed è un peccato perché è evidente che limitando il dibattito e usando espressioni come ‘candidato unico’ si è anche limitata la motivazione ad esprimersi dei cittadini”. La giunta Marino cadde nel 2015 dopo che Matteo Renzi orchestrò la sua sfiducia per il “caso scontrini”: vicenda per la quale Marino è stato poi assolto in Cassazione nel 2019.