“Il ddl Zan viola l’accordo di revisione del Concordato”. A sostenerlo è il Vaticano che, attraverso i canali diplomatici della Segreteria di Stato, è intervenuto per chiedere al governo italiano di modificare il disegno di legge contro l’omotransfobia, attualmente all’esame della Commissione giustizia del Senato dopo una prima approvazione alla Camera. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, lo scorso 17 giugno monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i rapporti con gli Stati, il ministro degli Esteri del Papa, ha consegnato all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede una nota verbale di protesta. Una mossa che ricorda le aspre polemiche tra le due sponde del Tevere in particolare in occasione del referendum sul divorzio, nel 1974, con la ferma condanna di San Paolo VI, ma anche per quello sull’aborto, nel 1981, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II. Senza dimenticare, in anni più recenti, l’impegno dell’allora presidente della Cei, il cardinale Camillo Ruini, per il fallimento dei referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita e la ricerca scientifica sulle cellule staminali.
Sul ddl Zan, il Vaticano sostiene che “alcuni contenuti attuali della proposta legislativa in esame presso il Senato riducono la libertà garantita alla Chiesa cattolica dall’articolo 2, commi 1 e 3 dell’accordo di revisione del Concordato”. Si tratta del trattato firmato, nel 1984, da Bettino Craxi, all’epoca capo del governo italiano, e dall’allora cardinale segretario di Stato, Agostino Casaroli. Il primo dei due punti dell’accordo richiamati dalla Segreteria di Stato afferma che “la Repubblica italiana riconosce alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione pastorale, educativa e caritativa, di evangelizzazione e di santificazione. In particolare è assicurata alla Chiesa la libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica”. Nel secondo, invece, si legge che “è garantita ai cattolici e alle loro associazioni e organizzazioni la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Per la Santa Sede, infatti, il ddl Zan mette in discussione la libertà di organizzazione, in particolare all’articolo 7 che non esenta le scuole private dall’organizzare attività in occasione della costituenda Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia. Ma non solo. Il disegno di legge, sempre secondo il Vaticano, attenta alla libertà di pensiero dei cattolici. Per questo motivo, la Segreteria di Stato ha espresso la sua preoccupazione per le condotte discriminatorie, con il timore che l’approvazione della legge possa arrivare persino a comportare rischi di natura giudiziaria.
La scelta di un intervento diplomatico per evitare l’approvazione del ddl Zan è stata ovviamente autorizzata da Francesco. Nei sacri palazzi non si esclude che questo possa essere solo il primo passo e che in futuro il Papa possa intervenire direttamente sul premier Mario Draghi. Del resto, sono ben noti gli ottimi rapporti tra le due sponde del Tevere all’epoca di Giuseppe Conte che non di rado sentiva telefonicamente sia il Pontefice che il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin. Quando era ancora arcivescovo di Buenos Aires, Bergoglio era solito attaccare pubblicamente il governo argentino per le politiche che riteneva contrarie al magistero della Chiesa cattolica. Lo scontro più aspro avvenne, nel 2010, in occasione del dibattito sulla legge, sostenuta dall’esecutivo, sull’equivalenza tra il matrimonio e le unioni omosessuali.
La mossa della Segreteria di Stato, che in questo modo è tornata a gestire in prima persona i rapporti con la politica italiana, come al tempo in cui era guidata dal cardinale Tarcisio Bertone, sottolinea anche la debolezza della Cei. Nel 2013, infatti, pochi mesi dopo la sua elezione al pontificato, Francesco aveva ribadito che il dialogo con la politica è un compito della Chiesa italiana. E sul ddl Zan la presidenza della Cei si è espressa con due dichiarazioni abbastanza nette. L’ultima, datata 28 aprile 2021, sottolinea che “una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna”. E aggiunge: “In questi mesi sono affiorati diversi dubbi sul testo del ddl Zan in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, condivisi da persone di diversi orizzonti politici e culturali. È necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative”. Ma d’ora in poi sarà direttamente il Vaticano a gestire la partita col governo.