di Gianluca Pinto
L’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (colui che, ricordiamolo, è riuscito a portare a casa 209 miliardi per l’attuale Pnrr ed ha affrontato in modo egregio, con tutti i limiti imposti dalla situazione, la prima fase della pandemia) è intervenuto, ora in veste di nuova guida del Movimento 5 Stelle, per comunicare le sue idee a proposito di alcuni argomenti “strutturali” per il M5s. Conte asserisce l’importanza della competenza rispetto alle tesi del Movimento prima maniera e stabilisce come orizzonte politico, in quanto conseguenza del non essere né di destra né di sinistra, il dialogo con il centro moderato o il dialogo moderato con il centro (non ho ben capito quale tra le due possibilità).
Da uomo che trova riferimento nella sinistra anticapitalista, ho comunque sempre osservato con estrema attenzione il M5s (non con condivisione, sia chiaro, ma con interesse). Sono stato da subito colpito per la sua capacità quasi innovativa (nel deserto di diversità di opinioni rappresentate) di unire individui dalle culture politiche più disparate in un unico movimento e di essere riuscito a indirizzare la radicalità di alcune idee che tenevano unito il Movimento in un percorso interno alla democrazia rappresentativa.
Questo è avvenuto anche opponendo, al circuito chiuso dei competenti e dei professionisti della politica senza troppa anima, uomini nuovi ed inesperti: i cosiddetti “incompetenti”, che in teoria avrebbero portato novità in Parlamento proprio per la loro “non esperienza” tecnica e l’estraneità ad alcune logiche insite nella gestione del potere politico. L’ho trovato da subito un movimento oggettivamente interessante, con buona pace di quei commentatori e politologi che si sono sprecati a denigrare il Movimento proprio riguardo a queste sue caratteristiche. Ricordo a costoro, tra l’altro, che la Costituzione non pone limiti di conoscenza e/o cultura per l’elezione in Parlamento.
Parte del successo del M5s nasce quindi anche dalla famosa tesi “né di destra né di sinistra” (per me personalmente tale slogan non ha alcun senso detto così senza specifiche, e andrebbe analizzato nella sua declinazione materiale reale). Sembra di poter affermare che Conte traduca lo slogan in modo letterale, ossia un’esclusione del posizionamento a destra o sinistra, e quindi un posizionamento al “centro”. Credo che, se così fosse, si stia commettendo un errore.
Se riflettiamo sulla composizione del Movimento stesso, infatti, lo slogan “né di destra né di sinistra” sembrerebbe in realtà più traducibile – vista la grande diversità dei militanti e una certa “disomogeneità” di progetti e programmi – con la frase: “sia di destra sia di sinistra”. Tradotto così lo slogan avrebbe molto più senso, sarebbe più comprensibile e descriverebbe molto meglio quella che è la realtà originaria del M5s. Questo escluderebbe, però, il riferimento ad una posizione di centro ma sarebbe coerente con le azioni del M5s, sia dal punto di vista delle iniziative parlamentari, che da quello dei comportamenti.
Anche riguardo all’aggettivo “moderato”, presente purtroppo nel discorso di Conte, temo ci sia molto da perdere, se pensiamo che il Movimento nasce con contenuti ed un linguaggio radicali e ha ottenuto così il 32% alle elezioni del 2018. A questo sarebbe bene aggiungere come oggi ci sarebbe bisogno di forze politiche che parlino a quel 35% di persone che non sta esprimendo intenzioni di voto (che non credo stiano tutte cercando un’altra forza di centro) e alla quantità enorme di persone arrabbiate, impaurite per il proprio futuro, che non hanno alcun interesse nelle discussioni sul bon ton politico o sulla moderazione del linguaggio, ma vorrebbero vedersi rappresentate.
La ricerca di un dialogo, in aggiunta a quelli già presenti con questo “centro” moderato sovraffollato e stracolmo di conversazioni tutte simili, non la trovo una soluzione particolarmente brillante, soprattutto in questo momento di pressante esigenza di soluzioni ed enorme bisogno di speranza.