Dalle Canarie alla Francia fino a Londra. In questa quarta parte di lettere arrivate all’indirizzo della redazione de ilfattoquotidiano.it dopo gli articoli del Fatto e la videoinchiesta di Simone Bauducco emerge il motivo per cui qualcuno non solo rifiuta lavori sottopagati, in nero o con poche tutele, ma decide anche di cercare più diritti e più dignità altrove, all’estero. “Io non ho il coraggio di tornare a casa nel mio paese in queste condizioni” scrive Jona dalle Canarie. “Da un po’ di tempo provo a cercare qualche lavoro in Italia per poter tornare a vivere e lavorare in patria, la nostalgia è tanta – confessa Alessio – Purtroppo però quasi tutti i lavori sono sottopagati con contratti miseri pertanto il gioco non vale la candela”.
Se volete raccontare la vostra esperienza, scrivete all’indirizzo redazioneweb@ilfattoquotidiano.it, indicando “stagionali” nell’oggetto della mail.
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Ci tengo a ringraziare tutti coloro che finalmente stanno facendo sentire la loro voce riguardo alla terribile situazione che affetta da anni i lavoratori del turismo. Noi lavoratori del turismo, dalle cameriere, alla addette di pulizia, receptionist siamo grati che finalmente le nostre condizioni lavorative stiano piano piano venendo alla luce. Per troppo tempo in Italia e tanti altri Paesi si pretende più di quel che si offre e non solo a livello retributivo ma anche di condizioni di tutela per pensioni, vacanze, malattie e così via.
Sempre hanno richiesto da parte nostra il massimo sforzo ad ogni condizione, non importa se non si ha giorno di riposo. Dovremmo essere grati che ci abbiano anche solo assunto. Vivendo in una realtà differente da quella italiana, ho finalmente capito che nel resto del mondo non funziona così, e benché dovremmo sempre scendere a compromessi, esiste davvero la possibilità di poter trovare un lavoro dove lo stipendio basta per pagarti da vivere ed avere le tue retribuzioni come davvero ti spettano.
Lavoro come manager di reception da ormai due anni, sono dedicata al 100% al mio lavoro. Durante le mie ore in reception la felicità del cliente, i suoi desideri e la loro soddisfazione e per me la priorità più grande. Alle Isole Canarie insegnano che il turismo è la vera unica fonte di lavoro e qua abbiamo sofferto la crisi del Covid con più del 80% dei lavoratori in cassa integrazione e il conseguente declino del turismo canario.
Ma mai mi sono sentita sfruttata nel modo in cui i miei connazionali lo sono stati per tutti questi anni ed e spaventoso perché io non ho il coraggio di tornare a casa nel mio paese in queste condizioni.
Ho fatto la mia gavetta per anni, iniziando come segretaria, commessa, au-pair in America per un anno e mezzo. Ho persino lavorato in un ristorante e alla fine non mi hanno nemmeno pagata. Mi sono sforzata oltre ogni mio limite ricercando la perfezione per poter un giorno esibire un curriculum in Italia che non passasse inosservato. Ho imparato due lingue nel corso di due anni e sono una studentessa di lingue dell’Università Internazionale di Valencia.
Non mi capacito che esistano persone e imprenditori che sfruttino i loro lavoratori portandoli al limite. Questa realtà esiste da anni, ma a noi lavoratori del turismo nessuno ci ha mai ascoltato e nessuno ha mai fatto niente in merito. Perché? Perché se provi a far valere i tuoi diritti, ti ritrovi licenziato, senza soldi e magari con una famiglia da mantenere, bambini da sfamare e affitto da pagare. Si approfittano delle debolezze di coloro che hanno bisogno di un lavoro stabile per vivere e fanno leva su ciò a cui una persona preme di più, la tranquillità di avere almeno qualche soldo a fine mese.
Io e tanti altri italiani espatriati non torneremo in Italia se il nostro Paese non ci tutela. Lavoriamo per avere una sicurezza per la nostra vecchiaia, per pagarci un tetto sopra la testa e poter mangiare un pasto caldo e se ci siamo formati educati e abbiamo studiato per i nostri lavori e giusto che ci aspetti la ricompensa adatta in base alle ore lavorare, mansioni e formazione.
Sinceramente provo un disgusto così grande che mi fa sentire impotente e fa cadere ogni mia speranza di un rientro dignitoso in Italia. Ma se e questo ciò che il settore turistico italiano offre e se il governo sta lì a guardare, l’Italia si ritroverà a perdere anche il settore turistico che grazie ai SACRIFICI DEL LAVORATORI ha fatturato miliardi risparmiando così sui nostri stipendi, sulle nostre pensioni sul nostro futuro e magari anche evadendo e pagando in nero. Che furbi questi grandi imprenditori Italiani a giocare con le vite degli altri.
Lavorare nel turismo resterà per sempre una delle esperienze più belle che mi siano mai successe, specialmente in un contesto paradisiaco come le Canarie che ti permettono di poterti pagare l’affitto, le spese e risparmiare due soldi a fine mese. Il sacrificio più grande è dover stare lontano dall’Italia e dalla mia famiglia ma se questo significa avere la possibilità di lavorare e vivere dignitosamente non tornerò e così faranno tanti altri.
Ci meritiamo rispetto e condizioni migliori. Perché più dai, più ti chiedono. Ma più ti tolgono più ti arrabbi. E noi siamo arrabbiati. Spero si potrà fare qualcosa al riguardo. L’Italia non potrà per sempre andare avanti così, perdendo i suoi migliori lavoratori e riducendosi a un popolo di evasori fiscali e usurpando così di quelle oneste persone che vogliono fare bene il proprio lavoro. Diamo il giusto merito a chi se lo merita.
Il lavoratore del settore turistico sacrifica il suo tempo e la propria felicità in alcuni casi, per la felicità degli altri. Perché è giusto che quando si vada in vacanza ci si senta accolti protetti e tutelati. Si sa, un lavoratore felice sarà sempre più partecipe, attivo e produttivo. Il Governo dovrebbe tutelare ogni settore garantendo il minimo indispensabile per una vita vissuta con dignità.
Cordiali saluti a tutta la redazione
Jona Shuaipi
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Ho 43 anni e ho cominciato a lavorare in questo settore a 16, lavoravo la sera nel weekend in una pizzeria ovviamente in nero. Negli anni sono stata dipendente fissa e stagionale e l’unica volta in cui ho creduto di lavorare con un contratto regolare lavoravo 12 ore al giorno (pranzo e cena) per una busta paga di 900 euro fissi, nessuna domenica pagata e nessuna festività. Ho poi scoperto 10 anni dopo, facendo richiesta all’Inps del calcolo dei miei versamenti che quell’azienda mi aveva assunta part time e che evidentemente il contratto che avevo firmato e le buste paga erano falsi. Queste persone erano “amici”. Ho lavorato poi con altri “amici” per una stagione in spiaggia, ero ben pagata ma in nero, poi, alla fine della stagione mi è stata data una busta paga con un Tfr ma io non avevo mai firmato alcun contratto nè mai ricevuto altre buste paga nei mesi precedenti.
Gli ultimi anni passati nella mia carriera di ristoratrice sono stata titolare di una caffetteria nel centro della mia città. Ero stata una dipendente sfruttata e ho cercato di fare il massimo mettendo in regola i miei ragazzi, in 11 anni ne ho avuti più di 40 e nessuno di loro avanza un centesimo, nessuno di loro era sfruttato, i miei ragazzi hanno potuto farsi mutui e prestiti che io con il mio reddito non potevo permettermi e loro mi hanno ripagata con tutta la loro professionalità. Nonostante il mio impegno verso la correttezza devo ammettere che anche io sono dovuta ricorrere spesso a contratto di apprendistato (con il conseguente risultato che un dipendente insoddisfatto non si impegnava nel lavoro e poi andava in cerca di altro) e mi è successo anche di dover pagare gli straordinari fuori busta ma eravamo tutti consapevoli del fatto che almeno glieli pagavo, cosa che in questo settore succede raramente. Dopo tanti anni di duro lavoro e grandi rinunce alla fine ho gettato la spugna e ho deciso di lasciare l’Italia e lasciare la ristorazione.
Mi sono trasferita in Francia, qui in media un caffè costa 1.70, una pizza margherita 12 euro e una bufala 20, un piatto di pasta dai 14 ai 30, andare a mangiare la pizza in tre, ci costa tra i 65 e gli 80. Qui durante la pandemia i ristoranti sono rimasti chiusi da ottobre a fine maggio e alcuni ristoratori con cui ho parlato mi hanno detto di aver ricevuto 10 euro al mese per tutto il periodo di chiusura da parte dello stato. Qui i ragazzi stagionali vengono assunti sempre regolarmente e gli stipendi sono adeguati allo sforzo richiesto.
Facendo un paragone con la mia esperienza in Italia mi sono resa conto che il problema del settore in Italia sono anche e forse soprattutto i prezzi. In Italia quando il caffè è passato da 1 euro a 1,10 c’è stata una “rivolta”. Dopo 11 anni sentivo ancora gente lamentarsi che era un prezzo “inaccettabile” . Per l’italiano il caffè al bar e la pizza il sabato sera a prezzo basso sono un diritto più importante del diritto di avere un regolare contratto di lavoro. Nel mio locale nel pieno centro della città avevamo impostato un servizio “all’americana” modello starbucks e il caffè costava 1,10 anche seduto al tavolo ma alcune persone non si accontentavano, gli studenti volevano venire a studiare seduti ai nostri tavoli anche nell’ora di punta consumando 2 caffè in 5 tenendo occupati i tavoli per ore senza darci la possibilità di far sedere altre persone che dovevano consumare e soprattutto permetterci di incassare il necessario per mantenere la baracca in piedi, era davvero frustrante ricevere recensioni negative perché non riuscivano a sfruttare in nostri tavoli e in nostro Wi-Fi gratuito consumando per 2,20€ in 5… sono arrivati a chiamare dei giornalisti della Repubblica che sono venuti a chiederci perché non lasciassimo studiare questi ragazzi… una follia!
Dove vivo adesso invece il bar e il ristorante sono concepiti come un “di più” un vizio, uno sfizio e se puoi permettertelo vai altrimenti non ti metti a fare recensioni assurde o a lamentarti col gestore per i prezzi! I ristoratori italiani hanno paura di aumentare i prezzi perché la concorrenza è spietata, il tuo vicino ha tutti i dipendenti in nero e spesso neanche lì paga, quindi ha meno costi di te e vende un piatto di pasta a 4,50 e tu non te lo puoi permettere e allora che fai? Prendi ragazzi di 29 anni con un contratto di apprendistato, prendi gli extra del sabato e domenica in nero e così il cliente è contento, può stare seduto al tavolo al calduccio d’inverno, al fresco d’estate usando il tuo bagno, il tuo Wi-Fi per non consumarsi i giga e magari ti lascia pure 4 stelle… ma tutto questo non ha alcun senso! Lavorare nella ristorazione è faticoso, logorante e ormai non è neanche più redditizio. In questo settore nessuno è soddisfatto, i dipendenti sono sfruttati e gli imprenditori sono “strozzati” dalle spese abbattuti dalla fatica fisica che comporta questo lavoro… le uniche persone appagate sono i clienti che mangiano bene e pagano poco perché quello che manca a coprire il costo di quel piatto di pasta a 4,50 e di quel caffè al tavolo a 1,10 lo pagano il lavoratori del settore.
Ps. Per la cronaca… Qui mi è tornata la voglia di investire e di ricominciare a fare il mio lavoro perché so che lo stato c’è e che il lavoro, e lo ripeto, il duro lavoro di chi si sveglia presto, va a dormire tardi, di chi mangia in piedi al volo tra un cliente e l’altro, di chi non ha il sabato e la domenica, Natale o Capodanno da passare con la famiglia viene riconosciuto e pagato.
Giorgia
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Gentile Fatto Quotidiano,
ho letto la parola emigrato ed ho pensato di scrivervi una breve storia vecchia di 16 anni. Nel 2003 ho conseguito un diploma di laurea di primo livello in economia, inizio a mandare curriculum senza ricevere nessun riscontro positivo. Per cui nel 2004 decido di fare un Master nel settore del turismo in quanto all’epoca pensavo che fosse il futuro dell’Italia, inizio a cercare lavoro e delle centinaia di CV inviati mi vengono offerti solo un paio di lavori da portinaio da 800 euro al mese con orari assurdi e senza nessuna possibilità di progressione professionale.
Senza considerare che le spese di commuting e del vitto erano a carico mio, per cui rifiutai. Dopo qualche mese capisco che la situazione non sarebbe cambiata, anzi sarebbe peggiorata perché il tempo passava e non accumulavo nessuna esperienza da rivendere sul mercato del lavoro.
Vado a Londra a trovare un collega di studio con l’obiettivo di migliorare l’inglese e non sono più tornato. Qualche anno dopo avevo riprovato a rientrare, ma senza successo.
È facile sentir parlare italiano per le strade di Londra, quando sento i ragazzini mi fanno tenerezza in quanto mi rivedo in loro quando arrivati alla loro età. Ricordo che all’epoca ci chiamavano “bamboccioni“, adesso invece dicono che è colpa del reddito di cittadinanza…
In questi anni quando pensavo ai miei amici e colleghi di studio che un lavoro al tempo lo trovarono mi sentivo un po’ bischero, loro però lavorano tuttora chissà quante ore al giorno, le ferie le prendono quando gli viene concesso e non quando lo decidono loro, il salario incomparabile col mio, etc……..Io non mi sono mai piegato, probabilmente è per questo che sono qui.
In Italia il lavoro è come la politica, quelli buoni li danno a chi vogliono “loro”. Ho avuto tanta speranza sui governi Conte, adesso sono completamente rassegnato ed ho raggiunto la conclusione che è inutile votare, il paese è irriformabile. Guardo dei programmi italiani in streaming e da 20 anni si sentono dire le stesse cose, non è che non si sappia cosa si deve fare.
Detto questo, prima o poi rientrerò, lo so che ci riuscirò, e lo farò con gli orecchi e la bocca tappati. Ammiro quei pochi politici e giornalisti che ancora continuano nelle loro battaglie, io ho preso la medicina della rassegnazione. È brutto da dirsi ma è l’unica cosa per sentirsi sani nei confronti di un paese malato.
Andrea Lunardi
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Vivo e lavoro in Inghilterra dal 2013. Sono partito che avevo 22 anni, prima di tutto ciò e dopo aver finito gli studi non sono mai riuscito a trovare un lavoro stabile assicurato in Italia, tutti che cercavano giovani con anni e anni di esperienza pregressa e i pochi i quali non menzionavano ciò non hanno mai risposto alle mie candidature, comunque su più di 1000 curriculum inviati , ricevetti soltanto un riscontro. Non avendo altra scelta accettai di fare la stagione estiva in un ristorante pizzeria come lavapiatti in nero a 25 euro al giorno e se mi andava bene e il titolare non aveva la giornata storta mi dava 30 euro il fine settimana con un solo giorno libero a settimana.
Ho fatto questo lavoro fino ai 21 anni, dopodiché – stanco della situazione e scoraggiato – decisi di partire in Inghilterra con la mia ragazza (lei addirittura non ha mai ricevuto offerte di lavoro, nemmeno in nero), lasciando tutti gli affetti in Italia. Arrivato a Londra nel 2013 ho trovato subito lavoro in ospedale, come portantino, non avevo mai fatto il lavoro ma sono stato formato e messo subito sotto contratto indeterminato. Ricordo ancora il mio primo vero lavoro, venivo pagato 9.39 sterline all’ora per 8 ore al giorno per 5 giorni alla settimana e 2 giorni liberi. Dopo qualche anno decisi di cambiare città e spostarmi più al nord dove la vita è meno caotica.
Non ho avuto nessun problema a trovare altri lavori, sempre a contratto a tempo indeterminato e mai ricevuto offerte di lavorare in nero o contratti farlocchi stage. Ho lavorato come guarda di sicurezza, addetto antincendio, receptionist e Office administrator, tutti lavori per i quali non avevo esperienza e sono stato formato dalle aziende. Inoltre ho fatto tanti corsi di specializzazione e preso varie qualifiche e attestati. Ora ho 29 anni e tanta esperienza alle spalle, tante qualifiche e parlo fluentemente l’inglese.
Da un po’ di tempo provo a cercare qualche lavoro in Italia per poter tornare a vivere e lavorare in patria, la nostalgia è tanta… Purtroppo però quasi tutti i lavori sono sottopagati con contratti miseri pertanto il gioco non vale la candela. In questo momento la mia busta paga netta senza straordinari è di 1766 netti per 42 ore a settimana, una settimana da 4 turni da 12 ore e 3 giorni liberi e l’altra settimana 3 turni da 12 ore e 4 giorni liberi e così via, che corrisponderebbero più o meno ai nostri 5 giorni di lavoro e 2 liberi se avessi scelto i turni da 8 ore. (La pausa pranzo è pagata). Quando ho inviato il mio curriculum sapevo già la paga e le ore lavorate compresi tutti i benefits. Inoltre quando mi hanno assunto per fare questo lavoro mi hanno formato e dopo i primi 3 mesi di prova mi hanno dato subito il contratto a tempo indeterminato, non hanno mica rinnovato a 3 mesi a 3 mesi ogni volta oppure offerto stipendio stage da 500 euro, e magari dopo questi 3 mesi anche la beffa e ti lasciano pure a casa, proprio all’italiana. Per fortuna niente di tutto ciò!
Prendevo già lo stipendio pieno come i miei colleghi perché alla fine anche se vieni formato il lavoro lo devi fare comunque e le ore le devi lavorare in ogni caso, il cibo, le bollette e l’affitto o il mortgage devono essere pagati sennò chi le paga?! In Italia per la stessa mansione mi hanno offerto non più di 900 euro netti con un solo giorno libero. Non chiedo la stessa paga di quella inglese, per carità, ma almeno arrivare a 1300, 1400 ci può stare e sarei disposto anche a lavorare notturni, sabati, domeniche e festivi. Ma se la paga è bassa e mi vengono offerti solo contratti stagionali, stage oppure mezzo part time e mezzo in nero senza una minima sicurezza, per me tornare a vivere in Italia è un’utopia. Un esperienza simile l’ha avuta anche la mia ragazza, diplomata all’alberghiero nel settore ricevimento, dopo vari stage fatti in hotel a 5, 4 stelle a Porto Cervo in Sardegna, mai avuto una vera e propria offerta di lavoro. In Inghilterra fanno la fila per assumerla e ha lavorato per tanti anni per hotel a 4, 5 stelle. Beh anche lei da un po’ di tempo prova a cercare lavoro in Italia ma non trova niente di concreto, solo contratti stagionali oppure 1,2 turni a settimana in nero con paghe misere. Oltre a questi tanti altri amici e conoscenti nella stessa situazione. Oss, infermieri, laureati, receptionists, addetti alla sicurezza, manager, magazzinieri e camerieri. Tutti giovani e meno giovani emigrati all’estero per lo stesso motivo e che provano a cercare lavoro in Italia ma con scarsi risultati.
Alessio Ghironi