E' dal 2016 che le grandi navi dovrebbero smettere di passare davanti a San Marco ma di deroga e in deroga lo stop non è mai diventato realtà. Ora l'Unesco ha perso la pazienza e si accinge a richiamare la città e l'Italia alle sue responsabilità nella tutela di un patrimonio mondiale
Sono cinque anni che l’Unesco attende da Venezia e dall’Italia che le grandi navi escano dalla laguna. Era il luglio 2016 quando una risoluzione adottata a Istanbul chiedeva al nostro governo di correre ai ripari, dando almeno attuazione al decreto Clini-Passera del 2012 che vietava (salvo poi ammettere una colossale deroga in attesa di una soluzione definitiva) il transito dei natanti con più di 40mila tonnellate davanti a San Marco. In quella occasione l’organismo culturale delle Nazioni Unite con sede a Parigi dava anche un termine che appariva perentorio. Entro l’1 febbraio 2017 l’Italia avrebbe dovuto presentare un rapporto dettagliato sullo stato di conservazione del sito. E dettava anche alcuni passaggi operativi del compito che avremmo dovuto svolgere, per non finire dietro la lavagna, ovvero nella blacklist dei siti a rischio.
Innanzitutto fermare ogni nuovo progetto infrastrutturale. Poi un documento “legale” per introdurre la proibizione alla grandi navi passeggeri e commerciali di entrare in Laguna. Quindi, limiti stringenti al traffico acqueo (velocità e tipo di scafi) per ridurre il moto ondoso. Infine una politica per assicurare un turismo sostenibile e per lo meno l’interruzione dello spopolamento del centro storico. Che cosa è stato fatto da allora? Non abbastanza, visto che l’Unesco ripropone la stessa minaccia. I soggetti istituzionali coinvolti sono sia il governo italiano che l’amministrazione comunale di Venezia.
Il “libro dei sogni ” del sindaco Brugnaro – Pochi giorni prima del fatidico 1 febbraio 2017, il sindaco Luigi Brugnaro si era recato in missione a Parigi, con un dossier in cui illustrava al direttore generale dell’istituzione, Irina Bokova, le misure che sarebbero state adottate. Era l’epoca del premier Matteo Renzi, che aveva sottoscritto con Venezia un patto da 457 milioni di euro. C’era un capitolo dedicato al vincolo culturale che la Sovrintendenza avrebbe apposto sul Canal Grande, il Bacino di San Marco e il Canale della Giudecca. Almeno quella fu una promessa mantenuta. Ma si trattava anche della revisione del Piano morfologico della Laguna, mai approvato. Si spiegavano le politiche che si volevano attuare per controllare il turismo e renderlo più snello e diffuso, oppure per incentivare l’acquisizione di case da parte di giovani famiglie. Sul tema delle Grandi Navi, il sindaco Brugnaro rispolverava l’idea di un terminal a Marghera, che da allora è rimasta intatta, ma irrealizzata.
Più che un piano di lavoro, sembrava un libro dei sogni e delle promesse. E’ per questo che il Comitato No Grandi Navi, commentando l’ultimatum dell’Unesco, ha detto: “Fanno bene a mettere Venezia nella lista nera, da anni il sindaco, la Regione Veneto e il governo italiano prendono in giro l’Unesco”. Infatti, due anni dopo, riunita nel 2019 a Baku in Azerbaijan, la Commissione di verifica aveva dato un altro ultimatum a Venezia. Allora il sindaco Brugnaro aveva letto la decisione con un giudizio a favore della soluzione dell’approdo delle Grandi Navi a Marghera, che sarebbe stata accolta con un “welcome” di gradimento. Ma il ministro Danilo Toninelli, aveva letto la situazione in modo diverso: “L’Unesco ha approfondito soprattutto il punto di vista dell’amministrazione comunale su Marghera, ma noi siamo convinti che esistano ipotesi meno impattanti”.
Altri due anni sono passati invano – Nell’autunno 2019 le devastanti acque alte hanno colpito Venezia, nel 2020 il Mose ha cominciato a funzionare sperimentalmente, facendo arrivare a Parigi un segnale che qualcosa di positivo si fosse fatto. Ma adesso il cronoprogramma è stato spostato nuovamente in avanti, rispetto alla conclusione dei lavori prevista nel dicembre 2021. Se la 44ma sessione del Comitato per il Patrimonio Mondiale dell’Unesco (16-31 luglio, a Fuhzu, in Cina) ha rimesso il tema all’ordine del giorno, con una prognosi non favorevole, significa che le risposte non sono arrivate.
Il tema delle Grandi Navi è solo il più eclatante. Bisogna aggiungere il turismo di massa, lo spopolamento, il Mose, le fabbriche inquinanti di Porto Marghera, i progetti edilizi in terraferma. Secondo l’Unesco serve con urgenza una soluzione di lungo periodo, che dia massima priorità all’ipotesi di impedire totalmente l’accesso in Laguna di navi passeggeri e porta container, preferibilmente “reindirizzandole verso porti più adatti nell’area”. A Parigi, dopo una così lunga attesa, hanno capito che il divieto alle Grandi Navi è solo teorico, ma privo di effetti pratici. Il Comune di Venezia si difende scaricando le colpe sui governi del passato: “Abbiamo presentato già da 6 anni una proposta di soluzione, ma da Roma non è arrivata mai una fumata bianca” dice l’assessore al turismo Simone Venturini. Da Roma ha replicato il ministro Dario Franceschini, che chiede di fare “un ulteriore passo, vietando da subito il passaggio delle grandi navi nel Canale della Giudecca”.