“Al Billionaire abbiamo sempre rispettato le regole“. Il 28 agosto dell’anno scorso, parlando alla Stampa dal suo ricovero dorato al San Raffaele, Flavio Briatore si infervorava in difesa del suo gioiello di Porto Cervo chiuso da dieci giorni e funestato da 58 contagi tra i membri dello staff, di cui uno – un barman – finito in terapia intensiva. E lui stesso, peraltro, ne aveva fatto le spese, costretto a passare due settimane in ospedale con una brutta polmonite da Covid. “Non ci si può fare nulla se fai entrare cento persone in mille metri quadri e loro stanno tutte appiccicate. Per non parlare di ragazzi che a gruppi di cinquanta o sessanta ordinavano le casse di champagne e se le andavano a bere sulla spiaggia“. E ancora a Libero, il 28 dicembre: “Com’è che il Billionaire è chiuso da più di quattro mesi ma i contagi in Italia non smettono di crescere? Resto convinto che, se anziché Billionaire, si fosse chiamato Discoteca Bingo Bongo e fosse stato un locale qualsiasi, nessuno se ne sarebbe occupato. Invece così tanti si sono riempiti la bocca“.

Una gestione responsabile, insomma, quella del suo locale, nonostante l’immaturo libertinaggio dei clienti. E le polemiche sui contagi nel locale del tutto strumentali e frutto dell’invidia. Una ricostruzione che però stride con la ricostruzione dei pm di Tempio Pausania, che nell’avviso di conclusione indagini notificato al gestore del locale – e ai suoi colleghi del Phi Beach e del Country Club – descrivono un quadro di spregio assoluto delle norme sanitarie, anche e soprattutto nei confronti del personale: che era fatto alloggiare in condizioni del tutto promiscue, quando denunciava sintomi veniva ignorato e aveva addirittura il divieto – nel caso delle hostess – di indossare le mascherine per proteggersi dal virus.

Nel fascicolo aperto dalla Procura sarda, il 40enne gallurese Roberto Pretto (amministratore unico della Billionaire LifeStyle srl, la società lussemburghese a cui Briatore ha intestato la discoteca) è accusato di epidemia colposa “in qualità di datore di lavoro e titolare di posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori” e rischia fino a cinque anni di carcere. Il suo superiore di fatto, invece, non è indagato, per quanto sia difficile credere che non abbia condiviso le scelte aziendali in un’estate particolare come quella dell’anno scorso. Pretto – si legge nell’atto – “ometteva e ritardava di segnalare alla Asl le positività e le sospette positività tra i lavoratori”, alcune delle quali si erano scoperte già a inizio mese, fino a dopo il 18 agosto. Cioè il giorno in cui Briatore annuncia la chiusura anticipata del locale in polemica con il sindaco di Arzachena (il Comune di cui fa parte Porto Cervo), che il giorno prima, preoccupato dai casi in risalita, aveva imposto lo stop dei balli a mezzanotte e un limite di 65 decibel al volume della musica. In particolare, in un cliccatissimo video, il tycoon definiva il primo cittadino Roberto Ragnedda “un altro grillino contro il turismo e la sua ordinanza una “vendetta” studiata ad hoc contro il Billionaire.

“Viviamo in un Paese di matti. Tra tutti i matti c’è qualcuno ancora più matto, e quello è il sindaco di Arzachena. Piange il cuore a vedere un’economia trucidata così da gente che non ha mai fatto un cazzo nella vita. Voglio chiedere scusa da parte sua a tutti i miei dipendenti, che in gran parte sono sardi, per essere amministrati da un sindaco così”, si sfogava Briatore. Nel frattempo, però, quegli stessi dipendenti, allorché mostravano sintomi Covid, erano obbligati “a rimanere in servizio o a rientrarvi senza prima aver fatto il tampone, sminuendo la portata del problema”, sostengono i magistrati di Tempio. Alle ragazze immagine, secondo quanto riporta Repubblica, si ordinava di non indossare nemmeno la mascherina per non turbare la clientela. L’esclusivo club della Costa Smeralda, inoltre, “ometteva di adottare misure di vigilanza sui clienti per mascherine e distanziamento sociale” e “ometteva di fornire, o forniva in ritardo, le mascherine ai lavoratori”. Alla faccia di quanto assicurava Briatore a settembre in un’intervista al Fatto: “I nostri dipendenti avevano le mascherine”. Quando c’erano, peraltro – ricostruisce la Procura – erano di stoffa e griffate con lo stemma aziendale, non omologate come dispositivi di protezione individuale.

Nel frattempo il patron sul suo ricco profilo Instagram tuonava contro gli specialisti medici che “terrorizzano l’Italia“. Aveva iniziato già a maggio, commentando le famigerate dichiarazioni sul virus “clinicamente morto” del primario del San Raffaele Alberto Zangrillo: “Verificato #zangrillo primario ospedale #sanraffaele di Milano :sono 3 mesi che sciorinano una serie di numeri che hanno evidenza zero!! Il corona virus é L assicurazione per questo governo …stanno spaventando tutti e adesso visto che a giugno tutto é in calo iniziano a spaventare la gente per settembre !! Fateci lavorare !!”, scriveva su Instagram. Poi se l’era presa con la virologa del Sacco di Milano Maria Rita Gismondo: “Sei una di quelle che ha terrorizzato l’Italia, al Sacco eravate in due (l’altro è il primario Massimo Galli, ndr). A giugno, quando il Governo aveva rimandato di un mese l’apertura delle discoteche, si era scagliato contro “il cretino che ha scritto una roba del genere” e “sta ammazzando due o trecentomila persone che devono tornare a lavorare”.

Al Billionaire, d’altra parte, si faceva come se il virus non esistesse. Persino nel momento in cui una dipendente era risultata positiva al tampone – prosegue l’avviso di conclusione indagini – i gestori avevano “omesso di chiudere il locale e procedere alla sanificazione, come previsto dai protocolli sulla sicurezza”. I lavoratori, poi – sfilando in massa davanti ai magistrati – hanno rivelato che le tazzine da caffè usate nel bar del locale erano troppo poche, e quindi, al momento di essere riutilizzate, per fare più in fretta “venivano sciacquate solo con acqua” senza uso di sapone. E hanno raccontato le condizioni degli alloggi messi a loro disposizione dalla proprietà: “Usavamo stanze da letto e servizi igienici promiscui, e nulla cambiava anche quando uno di noi sviluppava i sintomi del Covid”. “Sindaco, ti rendi conto che tutti i ragazzi che lavorano con noi sono venuti qui e gli abbiamo pagato le case in affitto?”, era un passaggio dell’arringa del Briatore furioso. Col senno di poi, forse, sarebbero stati più al sicuro in un bed and breakfast.

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