Dalla suite dell’Hotel Cala di Volpe a Porto Cervo la vista è su un mare da sogno. Pubblicizzata dall’influencer Chiara Ferragni lo scorso agosto, il costo per soggiornarvi una sola notte è 35mila euro. In cambio dell’utilizzo dell’iconica spiaggia in esclusivo favore dei propri clienti, la società Smeralda Holding, di proprietà dell’emiro del Qatar, paga allo Stato italiano un canone di 520 euro all’anno. Legambiente, nel rapporto “Spiagge 2020”, rivela come complessivamente, per le 59 concessioni del Comune di Arzachena lo Stato l’anno scorso abbia incamerato canoni per 19mila euro. Tra i beneficiari di questi canoni irrisori proprio Smeralda Holding proprietaria, tra l’altro, di altri tre hotel tra cui il Romazzino, uno dei più cari stabilimenti d’Italia: 400 euro al giorno per ombrellone e due lettini ad agosto.
Una ricchezza naturale, quella della Costa Smeralda, che ha alimentato la costante crescita dei bilanci della società dell’emiro che possiede 2.300 ettari di terreni sul litorale e nel 2019 con i suoi quattro hotel esclusivi ha fatturato 106 milioni di euro. Al contrario, in assenza di gare per la loro assegnazione, i canoni per le concessioni balneari rimangono sostanzialmente fermi da anni. Mentre chi, come il sindaco di Arzachena, si è rifiutato (come imposto da diverse sentenze di Tar e Consiglio di Stato) di prorogare per 15 anni le concessioni su demanio marittimo, ha subito attacchi prima da Federbalneari e poi dalla stessa regione Sardegna, che ha di fatto commissariato i Comuni togliendo loro la competenza sulle concessioni, come racconta l’inchiesta di FQ Millennium di giugno Spiagge Regalate. E i sindaci si ribellano.
A livello nazionale gli ultimi dati disponibili sono del 2016: le 23mila concessioni demaniali marittime, delle quali la stragrande maggioranza sono le spiagge attrezzate dove passiamo l’estate, producono un gettito annuo da 103 milioni di euro, una cifra che è stabile dal 2011. Il decreto agosto ha introdotto da quest’anno un canone minimo di 2500 euro per tutti i balneari che però non affronta il tema delle concessioni d’oro. Il posto in spiaggia più costoso d’Italia è al Twiga Club Beach, lo stabilimento con discoteca e ristorante di Flavio Briatore a Marina di Pietrasanta, in Versilia: qui, per 1000 euro al giorno si ammira il mare dal Presidential Gazebo (2 letti marocchini, tavolo centrale, 4 lettini con possibilità di avere tv e musica). La società che lo gestisce, Mammamia Srl, appartiene per metà al Billionaire, con sede in Lussemburgo. A fronte di un fatturato da quattro milioni di euro l’anno, il Twiga restituisce allo Stato un canone annuale di 17.619 euro, considerati pochi dallo stesso Briatore che in un’intervista al Corriere si è detto contrario alla proroga di 15 anni e ha affermato “dovrei pagare almeno 100mila euro”. Però, spulciando i bilanci si legge che proprio la proroga della concessione al 2034 (votata dal governo giallo-verde) è stata considerata elemento fondamentale per ammortizzare l’acquisto dello stabilimento avvenuto nell’aprile 2018 per oltre 2 milioni e mezzo di euro: “Tenendo conto che la vita utile di questo cespite sia ragionevolmente stimabile nel termine di proroga di quindici anni a decorrere dal 31 dicembre 2020, concesso dalla legge di bilancio 2019”.
A Capalbio lo storico stabilimento Ultima Spiaggia, nato oltre 30 anni fa su iniziativa di un gruppo di ragazzi e oggi considerato, con il suo elegante ristorante, il salotto estivo della sinistra, nel 2019 ha fatturato oltre 120mila euro. Per l’utilizzo della spiaggia ha pagato 6.098 euro l’anno.
Discorso a parte per il Papeete Beach di Milano Marittima che nel corso del 2019 – grazie all’”effetto Salvini” – ha aumentato i suoi ricavi di 700mila euro, da 2,5 a 3,2 milioni, mentre il canone pagato allo Stato è rimasto fisso: 10mila euro all’anno. La procura di Ravenna lo scorso autunno ha aperto un’indagine sulle società che lo gestiscono, per presunto profitto illecito derivante da fatture considerate false per un ammontare complessivo, tra il 2013 e il 2017, stimato in 5,6 milioni di euro distribuiti su 122 contratti.