I giornali odierni danno enorme risalto alla visita di Ursula Von der Leyen in Italia e al discorso pronunciato teatralmente, a Cinecittà, da Mario Draghi. Si tratta di un discorso di parata, che mira a porre l’Italia, sia pur in termini indimostrati, alla pari con le altre nazioni europee.
Un discorso nel quale appare chiaro che Draghi si proponga come condottiero, o quantomeno compartecipe, degli operatori istituzionali dell’Europa, senza tener conto realmente delle condizioni difficilissime nelle quali si trovano i Paesi membri dell’Europa e la stessa organizzazione istituzionale dell’Unione europea. Un discorso di programmazione, di promesse, di auspici, di un futuro che solo Dio sa se ci sarà.
Quello che è grave, nel discorso di Draghi, è l’automatismo che egli pone tra crescita economica e sicurezza del lavoro, con conseguente distribuzione della ricchezza a tutte le fasce sociali.
Sfugge al nostro presidente del Consiglio che, sia in Europa, che in Italia, si segue un sistema economico predatorio, patologico e incostituzionale neoliberista, che non presenta come primo obiettivo la riduzione della divaricazione della forbice tra ricchi e poveri.
L’attuale sistema viene dato per scontato, come l’unico esistente, senza tener conto che esso è frutto del pensiero errato di Friedrich von Hayek e degli altri autori della scuola di Vienna e della scuola di Chicago.
Si tratta di un discorso nel quale John Maynard Keynes non viene neppure nominato e che di conseguenza non pone come fondamento essenziale il perseguimento della giustizia economica e sociale tra tutti i cittadini italiani ed europei.
Un discorso ben architettato, che nasconde abilmente il suo tallone d’Achille: il suo favore per le multinazionali e la finanza internazionale, dalle quali non c’è nulla di buono da attendersi per il benessere dei popoli e delle nazioni.
Al discorso di Draghi fa riscontro la sentenza del Consiglio di Stato, che ha rigettato la sentenza del Tar di Lecce sull’obbligo di chiudere l’Ilva per salvare le vite umane. Si tratta di una sentenza che dà ragione a ArcelorMittal e al ministero della Transizione ecologica, il quale, come è noto, pone come obiettivo lo sviluppo economico molto prima della salute dell’uomo e del Pianeta.
Il mio invito resta fermo nel ribadire la necessità assoluta di attuare gli articoli 1, 3, 9, 11, 41, 42 e 43 della nostra Costituzione repubblicana e democratica.