Non bastavano la precarietà, i compensi ridotti al minimo e il tempo determinato rinnovato di anno in anno con selezioni ad hoc. Arriva anche la responsabilità per i contributi non versati dal datore di lavoro. Dura vita quella dei co.co.co, lavoratori precari che hanno appena subito una nuova batosta da parte della Corte di Cassazione in tema di indennità di disoccupazione e contributi pensionistici. Di che cosa si tratta esattamente? Nella sentenza 11430/2021, il tribunale supremo ha stabilito che il lavoratore resta responsabile per i contributi non versati all’Inps da parte del datore di lavoro. E che quindi non ha diritto agli ammortizzatori sociali nel caso in cui la sua posizione risulti irregolare nei registri dell’ente previdenziale. Ma deve pagare i contributi di tasca propria e poi eventualmente rivalersi con un’azione di risarcimento sul datore di lavoro. Una vera mazzata se si considera che quando un’azienda va in crisi i primi ritardi nei pagamenti sono per fornitori e oneri previdenziali e assistenziali. Per non parlare del fatto che, a causa della pandemia, solo nel 2020, Confcommercio stima siano scomparse oltre 300mila imprese. Con buon pace dei contributi dovuti ma non tutti versati per i dipendenti.
Tante sono inoltre le perplessità sul profilo giuridico della decisione della Corte. “La sentenza della Cassazione è abbastanza assurda. Inquadra il co.co.co come un lavoratore autonomo, mentre è evidente che non lo è. Seguendo questo filo logico, bisognerebbe accusare il datore di lavoro di appropriazione indebita con tanto di conseguenze penali. – spiega l’avvocato Alessandro Brunetti, esperto di materia del lavoro – Così si arriva quindi al paradosso che la vittima del reato non solo deve anche pagare per le condotte penalmente rilevanti e poi procede ad un’azione per recuperare il maltolto”. Una situazione complicata che diviene ancora più preoccupante anche per le casse pubbliche dal momento che, post-Covid. I fallimenti si moltiplicano. “E il 90% delle procedure è incapiente. Per non parlare dei tempi biblici (fra i sette e gli otto anni, ndr) per arrivare alla chiusura dei fallimenti” conclude l’esperto. Uno scenario che che vede intere generazioni diventare sempre più precarie senza peraltro garantire la tenuta del sistema previdenziale. Con le casse dell’Inps (e non solo visto che esistono anche le casse private e privatizzate) sempre più vuote.
La questione è particolarmente spinosa perché i precari sono un’ ampia fetta del mercato del lavoro italiano. Secondo il report dell’Osservatorio Inps dei lavoratori parasubordinati dell’aprile scorso, nel 2019 questa categoria di lavoratori ha superato quota 1,35 milioni. Quasi un milione sono collaboratori che operano sia nel pubblico che nel privato. Il resto sono liberi professionisti. Il dato è peraltro conservativo visto che non tiene conto di chi ha versato i contributi alle casse privatizzate. E pensare che con il Jobs act i cococo sarebbero dovuti scomparire per essere integrati a tempo indeterminato. O almeno così sostenne il governo di Matteo Renzi, su suggerimento dell’economista Filippo Taddei, che nel settembre 2020 è entrato a far parte della squadra della banca d’affari statunitense Goldman Sachs. Ma come già evidenziò la Flc Cigl nel 2015, la loro eliminazione dal panorama della contrattualistica del mercato del lavoro italiano era semplicemente una bufala della politica.
La vicenda di Anpal Servizi – E così oggi, in assenza di cambiamenti, questa bomba socio-economica sta deflagrando. Lo testimoniano casi come quello dell’Anpal Servizi, società in house dell’Agenzia nazionale delle politiche attive e del lavoro e del ministero del lavoro: i precari, che rappresentano il 90% degli addetti (circa un migliaio in totale), hanno condotto una lunga battaglia sindacale che ha coinvolto circa i due terzi del personale. Nel 2019 i precari Anpal Servizi sono riusciti ad ottenere il riconoscimento alla stabilizzazione, un precedente importante per tutti i cococo. Non prima però dell’ennesima selezione e di aver firmato la rinuncia a qualsiasi pretesa sul passato. Fatto che, in alcuni casi ventennali, ha determinato consistenti risparmi per le casse pubbliche.
“La verità è che da anni lo Stato utilizza lavoratori precari per sopperire alle carenze di organico – spiega Cristian Sica, sindacalista delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) in prima linea nella battaglia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori Anpal Servizi – Da quando c’è stato il blocco nelle assunzioni nella pubblica amministrazione, gli organici sono cresciuti nelle società in house dove sono applicate regole del settore privato”. In questo modo, lo Stato ha potuto svolgere le loro funzioni sfruttando un crescente numero di co.co.co. Ha ridotto i costi tagliando diritti come la tredicesima e gli oneri contributivi. Lo stesso hanno fatto anche le imprese private.
Per comprendere la dimensione economica del fenomeno viene in aiuto il caso Anpal Servizi: “Il costo complessivo annuale dei collaboratori nel 2017 è stato pari a 16,2 milioni di euro (ripartito su 520 addetti), mentre quello dei dipendenti (ripartito su 583 addetti) risulta più alto e pari a 31,7 milioni” precisa Sica. In pratica, il datore di lavoro dimezza il costo. “Questo dato conferma che la condizione di precarietà nelle aziende pubbliche è usata in maniera strutturale come riflesso delle politiche di contenimento della spesa” aggiunge il sindacalista. Con in più il paradosso tutto italiano che coloro che devono ricollocare sul mercato i disoccupati sono i primi ad essere precari.
E la cosa più incredibile è che nella sfera pubblica il fenomeno non riguarda solo piccole partecipate che dipendono dagli enti locali, ma anche realtà importanti che fanno riferimento ai ministeri come l’ Anpal Servizi, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e la Sogesid, tutte imprese pubbliche che peraltro operano in settori strategici (rispettivamente politiche del lavoro, sanità e progettazione ingegneristica). “La pubblica amministrazione è piena di casi come quello di Anpal Servizi che ha come paradosso quello di essere l’agenzia per in house dell’Anpal alle dipendenze del ministero del Lavoro” conclude il sindacalista.
Con quest’ultima sentenza della Cassazione, poi, per il popolo dei co.co.co oltre al danno è arrivata anche la beffa. Per capirne la portata basta entrare nel merito di una vicenda che parte dalla causa intentata da una collaboratrice a progetto per percepire l’indennità di disoccupazione stabilita per i co.co.pro dal Dl 185/2008 (articolo 19, comma 2), poi abrogata dalla riforma Fornero e definitivamente soppiantata dalla Dis-coll introdotta dal Jobs act. La ragione? L’Inps le aveva negato l’ammortizzatore sociale per vai del fatto che l’azienda non aveva versato i contributi dovuti. Per la Corte d’appello di Torino, l’istituto previdenziale aveva torto marcio dal momento che il co.co.co è assimilabile ad una lavoratore subordinato. Ma la Cassazione ha invece ribaltato la sentenza, ritenendo che il co.co.co sia un lavoratore autonomo e che il datore di lavoro sia solo delegato al versamento dei contributi. Anche a dispetto del fatto che nel contratto di collaborazione si prevede una trattenuta dal compenso che è considerata retribuzione futura.
“E’ una faccenda ignobile. Non solo il co.co.co subisce la precarietà, ma deve anche pagare per l’inadempienza del datore di lavoro – spiega Francesco Raparelli, sindacalista Clap – La verità è che il mercato del lavoro italiano è pieno di finte collaborazioni che celano rapporti di lavoro subordinato, soprattutto nella pubblica amministrazione”. Una verità scomoda che ha creato non pochi problemi alla Clap, mai riconosciuta da Anpal Servizi, nonostante l’associazione sia la prima organizzazione sindacale per numero di iscritti. Il che ha costretto Clap ad intraprendere un’iniziativa parlamentare e una battaglia al tribunale di Roma per reiterata condotta antisindacale con giudizio il prossimo 5 luglio.
Lavoro & Precari
Corte di Cassazione, bastonata sui precari: “Lavoratori cococo responsabili se il datore non paga i contributi all’Inps”
Vengono equiparati ai lavoratori autonomi. Dovranno quindi versare di tasca propria i mancati pagamenti salvo poi rifarsi sul datore di lavoro con tutte le incertezze del caso. Se i versamenti non sono regolari si perde il diritto agli ammortizzatori sociali. Il giuslavorista: "Sentenza assurda". Il problema riguarda anche i precari degli enti pubblici
Non bastavano la precarietà, i compensi ridotti al minimo e il tempo determinato rinnovato di anno in anno con selezioni ad hoc. Arriva anche la responsabilità per i contributi non versati dal datore di lavoro. Dura vita quella dei co.co.co, lavoratori precari che hanno appena subito una nuova batosta da parte della Corte di Cassazione in tema di indennità di disoccupazione e contributi pensionistici. Di che cosa si tratta esattamente? Nella sentenza 11430/2021, il tribunale supremo ha stabilito che il lavoratore resta responsabile per i contributi non versati all’Inps da parte del datore di lavoro. E che quindi non ha diritto agli ammortizzatori sociali nel caso in cui la sua posizione risulti irregolare nei registri dell’ente previdenziale. Ma deve pagare i contributi di tasca propria e poi eventualmente rivalersi con un’azione di risarcimento sul datore di lavoro. Una vera mazzata se si considera che quando un’azienda va in crisi i primi ritardi nei pagamenti sono per fornitori e oneri previdenziali e assistenziali. Per non parlare del fatto che, a causa della pandemia, solo nel 2020, Confcommercio stima siano scomparse oltre 300mila imprese. Con buon pace dei contributi dovuti ma non tutti versati per i dipendenti.
Tante sono inoltre le perplessità sul profilo giuridico della decisione della Corte. “La sentenza della Cassazione è abbastanza assurda. Inquadra il co.co.co come un lavoratore autonomo, mentre è evidente che non lo è. Seguendo questo filo logico, bisognerebbe accusare il datore di lavoro di appropriazione indebita con tanto di conseguenze penali. – spiega l’avvocato Alessandro Brunetti, esperto di materia del lavoro – Così si arriva quindi al paradosso che la vittima del reato non solo deve anche pagare per le condotte penalmente rilevanti e poi procede ad un’azione per recuperare il maltolto”. Una situazione complicata che diviene ancora più preoccupante anche per le casse pubbliche dal momento che, post-Covid. I fallimenti si moltiplicano. “E il 90% delle procedure è incapiente. Per non parlare dei tempi biblici (fra i sette e gli otto anni, ndr) per arrivare alla chiusura dei fallimenti” conclude l’esperto. Uno scenario che che vede intere generazioni diventare sempre più precarie senza peraltro garantire la tenuta del sistema previdenziale. Con le casse dell’Inps (e non solo visto che esistono anche le casse private e privatizzate) sempre più vuote.
La questione è particolarmente spinosa perché i precari sono un’ ampia fetta del mercato del lavoro italiano. Secondo il report dell’Osservatorio Inps dei lavoratori parasubordinati dell’aprile scorso, nel 2019 questa categoria di lavoratori ha superato quota 1,35 milioni. Quasi un milione sono collaboratori che operano sia nel pubblico che nel privato. Il resto sono liberi professionisti. Il dato è peraltro conservativo visto che non tiene conto di chi ha versato i contributi alle casse privatizzate. E pensare che con il Jobs act i cococo sarebbero dovuti scomparire per essere integrati a tempo indeterminato. O almeno così sostenne il governo di Matteo Renzi, su suggerimento dell’economista Filippo Taddei, che nel settembre 2020 è entrato a far parte della squadra della banca d’affari statunitense Goldman Sachs. Ma come già evidenziò la Flc Cigl nel 2015, la loro eliminazione dal panorama della contrattualistica del mercato del lavoro italiano era semplicemente una bufala della politica.
La vicenda di Anpal Servizi – E così oggi, in assenza di cambiamenti, questa bomba socio-economica sta deflagrando. Lo testimoniano casi come quello dell’Anpal Servizi, società in house dell’Agenzia nazionale delle politiche attive e del lavoro e del ministero del lavoro: i precari, che rappresentano il 90% degli addetti (circa un migliaio in totale), hanno condotto una lunga battaglia sindacale che ha coinvolto circa i due terzi del personale. Nel 2019 i precari Anpal Servizi sono riusciti ad ottenere il riconoscimento alla stabilizzazione, un precedente importante per tutti i cococo. Non prima però dell’ennesima selezione e di aver firmato la rinuncia a qualsiasi pretesa sul passato. Fatto che, in alcuni casi ventennali, ha determinato consistenti risparmi per le casse pubbliche.
“La verità è che da anni lo Stato utilizza lavoratori precari per sopperire alle carenze di organico – spiega Cristian Sica, sindacalista delle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap) in prima linea nella battaglia per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori Anpal Servizi – Da quando c’è stato il blocco nelle assunzioni nella pubblica amministrazione, gli organici sono cresciuti nelle società in house dove sono applicate regole del settore privato”. In questo modo, lo Stato ha potuto svolgere le loro funzioni sfruttando un crescente numero di co.co.co. Ha ridotto i costi tagliando diritti come la tredicesima e gli oneri contributivi. Lo stesso hanno fatto anche le imprese private.
Per comprendere la dimensione economica del fenomeno viene in aiuto il caso Anpal Servizi: “Il costo complessivo annuale dei collaboratori nel 2017 è stato pari a 16,2 milioni di euro (ripartito su 520 addetti), mentre quello dei dipendenti (ripartito su 583 addetti) risulta più alto e pari a 31,7 milioni” precisa Sica. In pratica, il datore di lavoro dimezza il costo. “Questo dato conferma che la condizione di precarietà nelle aziende pubbliche è usata in maniera strutturale come riflesso delle politiche di contenimento della spesa” aggiunge il sindacalista. Con in più il paradosso tutto italiano che coloro che devono ricollocare sul mercato i disoccupati sono i primi ad essere precari.
E la cosa più incredibile è che nella sfera pubblica il fenomeno non riguarda solo piccole partecipate che dipendono dagli enti locali, ma anche realtà importanti che fanno riferimento ai ministeri come l’ Anpal Servizi, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) e la Sogesid, tutte imprese pubbliche che peraltro operano in settori strategici (rispettivamente politiche del lavoro, sanità e progettazione ingegneristica). “La pubblica amministrazione è piena di casi come quello di Anpal Servizi che ha come paradosso quello di essere l’agenzia per in house dell’Anpal alle dipendenze del ministero del Lavoro” conclude il sindacalista.
Con quest’ultima sentenza della Cassazione, poi, per il popolo dei co.co.co oltre al danno è arrivata anche la beffa. Per capirne la portata basta entrare nel merito di una vicenda che parte dalla causa intentata da una collaboratrice a progetto per percepire l’indennità di disoccupazione stabilita per i co.co.pro dal Dl 185/2008 (articolo 19, comma 2), poi abrogata dalla riforma Fornero e definitivamente soppiantata dalla Dis-coll introdotta dal Jobs act. La ragione? L’Inps le aveva negato l’ammortizzatore sociale per vai del fatto che l’azienda non aveva versato i contributi dovuti. Per la Corte d’appello di Torino, l’istituto previdenziale aveva torto marcio dal momento che il co.co.co è assimilabile ad una lavoratore subordinato. Ma la Cassazione ha invece ribaltato la sentenza, ritenendo che il co.co.co sia un lavoratore autonomo e che il datore di lavoro sia solo delegato al versamento dei contributi. Anche a dispetto del fatto che nel contratto di collaborazione si prevede una trattenuta dal compenso che è considerata retribuzione futura.
“E’ una faccenda ignobile. Non solo il co.co.co subisce la precarietà, ma deve anche pagare per l’inadempienza del datore di lavoro – spiega Francesco Raparelli, sindacalista Clap – La verità è che il mercato del lavoro italiano è pieno di finte collaborazioni che celano rapporti di lavoro subordinato, soprattutto nella pubblica amministrazione”. Una verità scomoda che ha creato non pochi problemi alla Clap, mai riconosciuta da Anpal Servizi, nonostante l’associazione sia la prima organizzazione sindacale per numero di iscritti. Il che ha costretto Clap ad intraprendere un’iniziativa parlamentare e una battaglia al tribunale di Roma per reiterata condotta antisindacale con giudizio il prossimo 5 luglio.
Articolo Precedente
Whirlpool conferma procedura licenziamenti a Napoli dal 1 luglio: a rischio 350 lavoratori. Sindacati: “Dialogo costruttivo, basta minacce”
Articolo Successivo
Partite Iva danneggiate dal Covid, l’esonero dai contributi è solo sulla carta: manca il decreto. Mentre l’aumento dell’aliquota è già scattato
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Papa Francesco, dopo tre settimane un audio per i fedeli: “Grazie per le vostre preghiere”. Il bollettino: “È stabile”. Il prossimo sarà sabato
Politica
Vertice Ue, veto di Orban su sostegno a Kiev. Zelensky: martedì summit tra i “volenterosi”. Meloni: “Riarmo? Termine non chiaro. No all’uso dei fondi di coesione”
Mondo
‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.