È dal 2013, anno in cui fu affossato il Rapporto Estrela - anche con i voti di di 5 parlamentari Pd - che la questione non viene affrontata in modo significativo. Le recenti vicende polacche hanno riproposto il tema all’ordine del giorno. Oggi il voto alla Relazione che avrebbe innanzitutto un valore simbolico. Nelle ultime settimane tante le pressioni dal fronte no gender per far fallire il voto: "Scrivono molte mail, mandano feti di plastica, fanno campagne e petizioni"
È disposta l’Europa a riconoscere che la salute sessuale e riproduttiva fa parte dei diritti umani, e che deve essere messa, almeno idealmente, fra le priorità politiche delle istituzioni europee e degli stati membri? Oggi giovedì 24 giugno il Parlamento europeo sarà chiamato a votare la Relazione sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’Ue, nel quadro della salute delle donne. È dal 2013, anno in cui fu affossato il Rapporto Estrela – anche con i voti di di 5 parlamentari Pd – che la questione non viene affrontata in modo significativo. Le recenti vicende polacche hanno riproposto il tema all’ordine del giorno: il 26 novembre scorso il Parlamento europeo votò una risoluzione di condanna della sentenza del Tribunale costituzionale polacco che avrebbe messo al bando l’aborto in Polonia, denunciando il venir meno dello Stato di diritto e il crinale repressivo intrapreso dal governo. Il terreno della prossima votazione è stato minato da un emendamento del PPE, che in parlamento porta il gruppo più numeroso. Il rischio è che il testo della Relazione sia silurato ancora prima della discussione.
Un passaggio cruciale, quello di giovedì, nello scontro sempre più acceso sul terreno del “gender”. Per quanto le decisioni prese dal Parlamento europeo non siano vincolanti per gli Stati membri, le ricadute di un voto positivo sarebbero comunque significative sul piano politico, sia in termini simbolici che in termini di attivazione di risorse finanziarie e di cooperazione tra paesi dell’Unione. “È prima di tutta una questione questione simbolica nello scontro tra il fronte ‘anti gender’ e quello pro-choice e pro eguaglianza di genere. Sarebbe una grande vittoria l’affermazione, da parte del Parlamento europeo, che i diritti sessuali e riproduttivi sono diritti umani, che questi diritti sono strumentali per l’uguaglianza di genere, che gli Stati si devono impegnare per la salute delle donne e l’accesso ai servizi, che la loro negazione è violenza di genere”, afferma Chiara Cosentino, esperta di advocacy per End FGM European Network e del direttivo di Laiga (Libera associazione italiana ginecologi non obiettori). “Un voto positivo impegnerebbe la Commissione europea nel considerare diritto alla salute sessuale come tema che rientra nelle competenze europee sulla salute, favorendo buone pratiche tra stati membri, in cui la Commissione possa fare da coordinamento”. Un’altra ricaduta importante si avrebbe sui finanziamenti: le questioni legate alla salute sessuale dovrebbero essere finanziate dalla Commissione ed incluse in quadri politici europei.
COSA C’È NELLA RELAZIONE – Il documento è frutto di lunghe trattative all’interno della Commissione per i diritti delle donne e l’uguaglianza di genere e propone una visione olistica su molti aspetti della salute sessuale e riproduttiva. L’elenco è lungo ed esaustivo: educazione sessuale, contraccezione, interruzione volontaria di gravidanza, fecondazione artificiale, assistenza alla maternità, violenza in ostetricia, mutilazioni genitali femminili, diritti delle persone transessuali e intersessuali, prostituzione e tratta, accesso universale a prodotti mestruali sicuri, equi e circolari, salute nelle diverse fasi della vita, endometriosi (non si parla però di vulvodinia). Riconosce che la crisi sanitaria, economica e sociale correlata alla pandemia ha determinato, e sta determinando, conseguenze negative per l’accesso ai servizi, che “è in atto un tentativo costante di strumentalizzare la crisi sanitaria dovuta al Covid-19, utilizzandola come pretesto per adottare ulteriori misure restrittive riguardanti la salute sessuale e riproduttiva e i relativi diritti”. Mette chiaramente a fuoco che l’obiezione di coscienza “non può interferire con il diritto del/la paziente di avere pieno accesso all’assistenza e ai servizi sanitari” e che può “mettere a repentaglio la vita e la salute delle donne”.
GLI ATTACCHI DAL FRONTE NO-GENDER – “Sappiamo che molti parlamentari hanno ricevuto pressione, come era già accaduto per il Rapporto Estrela. Li hanno contattati più volte, anche quelli del centrodestra, e stanno mettendo sotto assedio il Partito popolare (PPE). Scrivono molte mail, mandano feti di plastica, fanno campagne e petizioni, webinar, lobbying serrata insomma” – spiega Camille Butin, di IPPF European Network, che ha seguito l’iter del Rapporto in Commissione. Uno dei più colpiti dall’odio spammato via mail è stato Predrag Fred Matić, relatore della Relazione sulla situazione della salute sessuale e riproduttiva e relativi diritti nell’UE. Lo ha raccontato durante la presentazione alla stampa di Tip of The Iceberg, un rapporto di EPF (The European Parliamentary Forum for Sexual and Reproductive Rights) che presenta un affresco dei rapporti finanziari tra oltre 50 attori anti-gender che operano in Europa, a partire da dati che coprono un periodo di dieci anni. Il rapporto spiega in che modo gli estremisti religiosi usino questi finanziamenti per ridurre i diritti umani nella sessualità e nella riproduzione e riferisce di un flusso di denaro enorme: 707,2 milioni di dollari di finanziamenti anti-gender nel periodo 2009-2018 provenienti da Stati Uniti, Federazione Russa ed Europa. Secondo il rapporto, la spesa annuale anti-gender in Europa è aumentata di quattro volte a partire da 22,2 milioni di dollari nel 2009 per raggiungere 96 milioni di dollari nel 2018. I maggiori finanziatori anti-gender con sede in Europa includono attori in Francia, Italia, Germania, Spagna e Polonia e provvedono a foraggiare iniziative anti-abortiste e movimenti omofobi in Francia, Italia, Polonia, Slovenia, Spagnia, e istituzioni europee.
GLI EMENDAMENTI CHE METTONO A RISCHIO LA RELAZIONE – Sono due gli emendamenti presentati a 48 ore dal voto e presentano proposte di risoluzione alternative. Se uno l’altro ottenesse la maggioranza, la Relazione verrebbe automaticamente cestinata.
Quello del gruppo ECR (European Conservatives and Reformists) ha come argomento principale lo stesso con cui si affossò la Relazione Estela: le politiche sulla salute sessuale e l’educazione alla sessualità spettano agli Stati membri e l’Unione europea non ha competenze in materia. Argomento che il Rapporto prende in considerazione, specificando le azioni possibili nel quadro normativo internazionale ed europeo.
Quello del PPE (Gruppo del Partito popolare europeo) è privo di ogni riferimento ad aborto, contraccezione, obiezione di coscienza, diritti lgbtq+, educazione sessuale. Amaro il commento di Camille Butin: “Il testo uscito dai lavori della Commissione era già frutto di mediazioni a cui ha partecipato anche il centrodestra. Mediazioni che hanno indebolito il testo con l’obiettivo però di garantirgli la maggioranza. Presentare un testo diverso a pochi giorni dal voto è una pratica sleale”.
Nel 2013 il rapporto redatto dalla deputata portoghese Edite Estrela (gruppo dei Socialisti e Democratici) fu messo da parte per una manciata di voti, tra cui anche quelli del Partito democratico. Questa volta è molto più chiaro, rispetto ad allora, il peso e il ruolo che i reazionari vogliono avere nella partita. All’indomani dell’ennesima battaglia che si gioca sul corpo delle donne e delle persone considerate minoranze sessuali, ai parlamentari spetta la responsabilità di mostrare se l’Europa sia politicamente e culturalmente attrezzata per frenare le forze che lavorano assiduamente per la realizzazione del sogno dei fautori di Agenda Europa, quello di “riportare l’Europa al Medioevo”.