“Niente calcio per i fascisti“. Se pensate ai calciatori e alla loro tendenza al politicamente corretto, dimenticatevi di Leon Goretzka. Centrocampista del Bayern Monaco e della nazionale tedesca, 26 anni compiuti a febbraio, non è abituato a nascondersi. Prima degli Europei, intervistato dal magazine tedesco Db Mobil, si è fatto fotografare con una bandiera nera con la scritta “Kein Fußball den Faschisten“. Un messaggio diretto chiaramente al partito tedesco di ultradestra, Alternative für Deutschland, che ha definito “una vergogna per la Germania”. Goretzka si schiera, lo ha fatto anche alla vigilia della partita con l’Ungheria, decisiva per il passaggio agli ottavi degli Europei: “L’Allianz Arena color arcobaleno la trovo una bella idea, sarei molto felice“. La Uefa alla fine ha negato a Monaco la possibilità di illuminare lo stadio in difesa dei diritti Lgbt e in protesta contro l’ultima legge approvata in Ungheria e voluta dal premier Viktor Orban. Goretzka però non se n’è dimenticato: prima ha segnato il decisivo gol del 2-2 che ha salvato la Germania dall’eliminazione, poi ha esultato mostrando un cuore. “Spread Love”, ha scritto su Facebook un’ora dopo la partita. A fianco una bandiera arcobaleno.
Leon Goretzka è nato il 6 febbraio 1995 a Bochum. Famiglia di origini polacche, padre dipendente della Opel. È cresciuto come uomo e calciatore nella Ruhr, una delle più grandi aree urbane d’Europa: le giovanili e l’esordio con il Bochum, poi gli anni allo Shalke 04 prima del passaggio al Bayern Monaco nel 2018. Ha già vinto tre Bundesliga, una Champions League, un Mondiale per club e una Confederations Cup con la Nazionale. In Germania è diventato ancora più famoso durante la pandemia, quando insieme al collega Joshua Kimmich sui social ha organizzato una raccolta fondi per associazioni di beneficenza e istituzioni sociali: dagli ospedali ai servizi di assistenza ai senzatetto. La piattaforma “We Kick Corona” ha raccolto oltre 5 milioni di euro: Goretzka da solo ha donato un milione per lanciare l’iniziativa.
Le prese di posizione non sono mai mancate: contro il populismo, contro il razzismo, contro il politicamente corretto nel calcio. A febbraio in un’intervista a Der Spiegel ha incoraggiato i suoi colleghi calciatori a schierarsi apertamente, mentre lui in prima persona si batteva “affinché si proceda contro le persone che fanno affermazioni razziste”. Questo inverno ha postato le foto della sua visita al campo di concentramento nazista di Dachau, mentre in altre interviste ha raccontato le emozioni provate parlando con Margot Friedländer, una delle sopravvissute all’olocausto. A Die Welt ha detto: “Dobbiamo essere la generazione che impedisce che questo genere di cose accada”.
“Vogliamo contrastare il razzismo e l’omofobia“, ha ripetuto Goretzka nella conferenza stampa che ha preceduto la sfida contro l’Ungheria. Davanti ai microfoni ha ricordato le squadre che si inginocchiano per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della lotta al razzismo. Poi ha ringraziato il suo capitano, Manuel Neuer, che a questi Europei porta la fascia arcobaleno al braccio. Ancora una volta, Goretzka si è schierato: sì all’Allianz Arena color arcobaleno, sì al calcio che prende posizione. “So che ci sono regole sia da parte della Dfb (la Federcalcio tedesca, ndr) che dell’Uefa, ma sarebbe davvero assurdo se noi dovessimo scusarci per questo. Io credo che non esistano nemmeno contro-argomentazioni”, ha detto il centrocampista.
Mercoledì sera all’Allianz Arena lo stadio non era illuminato con i colori arcobaleno, ma in tribuna si sono viste molte bandiere per i diritti Lgbt. In campo il gol di Goretzka a sei minuti dalla fine ha salvato la nazionale di Loew dalla figuraccia. L’Ungheria di Marco Rossi, passata in vantaggio per ben due volte, ha sfiorato l’impresa di raggiungere gli ottavi di finale nonostante fosse finita nel ‘girone della morte’ degli Europei, con Francia e Portogallo. All’84′ gli ungheresi erano qualificati: poi il destro Goretzka ha bucato anche l’ultima difesa di Gulacsi. 2 a 2, i tedeschi che scacciano la grande paura correndo verso il centrocampista. Goretzka esulta ma non dimentica l’altra battaglia e mostra il cuore verso la tribuna. Anche questa volta non si è voluto nascondere.
HomeSport Calcio
Leon Goretzka, un calciatore che si schiera: chi è il centrocampista che ha salvato la Germania e mostrato il cuore per i diritti Lgbt
Il 26enne calciatore del Bayern Monaco contro l'Ungheria ha segnato il gol che ha portato la nazionale tedesca agli ottavi degli Europei, poi ha esultato facendo il segno del cuore con le mani e postando la bandiera arcobaleno. L'ennesima presa di posizione: dalla raccolta fondi durante la pandemia alle critiche al razzismo e al partito di ultradestra AfD. "Dobbiamo essere la generazione che impedisce che questo genere di cose accada"
“Niente calcio per i fascisti“. Se pensate ai calciatori e alla loro tendenza al politicamente corretto, dimenticatevi di Leon Goretzka. Centrocampista del Bayern Monaco e della nazionale tedesca, 26 anni compiuti a febbraio, non è abituato a nascondersi. Prima degli Europei, intervistato dal magazine tedesco Db Mobil, si è fatto fotografare con una bandiera nera con la scritta “Kein Fußball den Faschisten“. Un messaggio diretto chiaramente al partito tedesco di ultradestra, Alternative für Deutschland, che ha definito “una vergogna per la Germania”. Goretzka si schiera, lo ha fatto anche alla vigilia della partita con l’Ungheria, decisiva per il passaggio agli ottavi degli Europei: “L’Allianz Arena color arcobaleno la trovo una bella idea, sarei molto felice“. La Uefa alla fine ha negato a Monaco la possibilità di illuminare lo stadio in difesa dei diritti Lgbt e in protesta contro l’ultima legge approvata in Ungheria e voluta dal premier Viktor Orban. Goretzka però non se n’è dimenticato: prima ha segnato il decisivo gol del 2-2 che ha salvato la Germania dall’eliminazione, poi ha esultato mostrando un cuore. “Spread Love”, ha scritto su Facebook un’ora dopo la partita. A fianco una bandiera arcobaleno.
Leon Goretzka è nato il 6 febbraio 1995 a Bochum. Famiglia di origini polacche, padre dipendente della Opel. È cresciuto come uomo e calciatore nella Ruhr, una delle più grandi aree urbane d’Europa: le giovanili e l’esordio con il Bochum, poi gli anni allo Shalke 04 prima del passaggio al Bayern Monaco nel 2018. Ha già vinto tre Bundesliga, una Champions League, un Mondiale per club e una Confederations Cup con la Nazionale. In Germania è diventato ancora più famoso durante la pandemia, quando insieme al collega Joshua Kimmich sui social ha organizzato una raccolta fondi per associazioni di beneficenza e istituzioni sociali: dagli ospedali ai servizi di assistenza ai senzatetto. La piattaforma “We Kick Corona” ha raccolto oltre 5 milioni di euro: Goretzka da solo ha donato un milione per lanciare l’iniziativa.
Le prese di posizione non sono mai mancate: contro il populismo, contro il razzismo, contro il politicamente corretto nel calcio. A febbraio in un’intervista a Der Spiegel ha incoraggiato i suoi colleghi calciatori a schierarsi apertamente, mentre lui in prima persona si batteva “affinché si proceda contro le persone che fanno affermazioni razziste”. Questo inverno ha postato le foto della sua visita al campo di concentramento nazista di Dachau, mentre in altre interviste ha raccontato le emozioni provate parlando con Margot Friedländer, una delle sopravvissute all’olocausto. A Die Welt ha detto: “Dobbiamo essere la generazione che impedisce che questo genere di cose accada”.
“Vogliamo contrastare il razzismo e l’omofobia“, ha ripetuto Goretzka nella conferenza stampa che ha preceduto la sfida contro l’Ungheria. Davanti ai microfoni ha ricordato le squadre che si inginocchiano per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza della lotta al razzismo. Poi ha ringraziato il suo capitano, Manuel Neuer, che a questi Europei porta la fascia arcobaleno al braccio. Ancora una volta, Goretzka si è schierato: sì all’Allianz Arena color arcobaleno, sì al calcio che prende posizione. “So che ci sono regole sia da parte della Dfb (la Federcalcio tedesca, ndr) che dell’Uefa, ma sarebbe davvero assurdo se noi dovessimo scusarci per questo. Io credo che non esistano nemmeno contro-argomentazioni”, ha detto il centrocampista.
Mercoledì sera all’Allianz Arena lo stadio non era illuminato con i colori arcobaleno, ma in tribuna si sono viste molte bandiere per i diritti Lgbt. In campo il gol di Goretzka a sei minuti dalla fine ha salvato la nazionale di Loew dalla figuraccia. L’Ungheria di Marco Rossi, passata in vantaggio per ben due volte, ha sfiorato l’impresa di raggiungere gli ottavi di finale nonostante fosse finita nel ‘girone della morte’ degli Europei, con Francia e Portogallo. All’84′ gli ungheresi erano qualificati: poi il destro Goretzka ha bucato anche l’ultima difesa di Gulacsi. 2 a 2, i tedeschi che scacciano la grande paura correndo verso il centrocampista. Goretzka esulta ma non dimentica l’altra battaglia e mostra il cuore verso la tribuna. Anche questa volta non si è voluto nascondere.
Articolo Precedente
Italia-Austria, la storia nel calcio – 15 gennaio 1922: a Milano applausi agli avversari che fino a tre anni prima erano nemici in guerra
Articolo Successivo
Referendum eutanasia, presentata la campagna a Milano: “Partiti immobili, ma i malati non possono aspettare. Servono 500mila firme”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Ultimi articoli di FQ Sport
Sport News
Pietro Moratto morto a 90 anni: l’ex gregario di Fausto Coppi scomparso nel giorno delle celebrazioni del Campionissimo
Calcio
Niente minuto di silenzio per Aldo Agroppi in Supercoppa Italiana: il motivo
Sport News
“Sono gay, ma avevo paura di dirlo”: la rivelazione del polacco Stekala, campione del salto con gli sci
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "È quello che abbiamo chiesto. Ma capire è una parola inutile. Io non capisco niente e chi ci capisce è bravo. Si chiede, si fa e si combatte per ottenere rispetto. Capire no, mi spiace. Magari, capire qualcosa mi piacerebbe". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono se la giornalista potrà avere altre visite da parte dell'ambasciata.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - Nella telefonata di ieri "avrei preferito notizie più rassicuranti da parte sua e invece le domande che ho fatto... glielo ho chiesto io, non me lo stava dicendo, le ho chiesto se ha un cuscino pulito su cui appoggiare la testa e mi ha detto 'mamma, non ho un cuscino, né un materasso'". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "No, dopo ieri nessun'altra telefonata". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, ai cronisti dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni. "Le telefonate non sono frequenti. E' stata la seconda dopo la prima in cui mi ha detto che era stata arrestata, poi c'è stato l'incontro con l'ambasciatrice, ieri è stato proprio un regalo inaspettato. Arrivano così inaspettate" le telefonate "quando vogliono loro. Quindi io sono lì solo ad aspettare".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Questo incontro mi ha fatto bene, mi ha aiutato, avevo bisogno di guardarsi negli occhi, anche tra mamme, su cose di questo genere...". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, lasciando palazzo Chigi dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Cerca di essere un soldato Cecilia, cerco di esserlo io. Però le condizioni carcerarie per una ragazza di 29 anni, che non ha compiuto nulla, devono essere quelle che non la possano segnare per tutta la vita". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi.
"Poi se pensiamo a giorni o altro... io rispetto i tempi che mi diranno, ma le condizioni devono essere quelle di non segnare una ragazza che è solo un'eccellenza italiana, non lo sono solo il vino e i cotechini". Le hanno detto qualcosa sui tempi? "Qualche cosa - ha risposto -, ma cose molto generiche, su cui adesso certo attendo notizie più precise".
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "La prima cosa sono condizioni più dignitose di vita carceraria e poi decisioni importanti e di forza del nostro Paese per ragionare sul rientro in Italia, di cui io non piango, non frigno e non chiedo tempi, perché sono realtà molto particolari". Lo ha detto Elisabetta Vernoni, mamma di Cecilia Sala, dopo l'incontro a palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni.
Roma, 2 gen. (Adnkronos) - "Adesso, assolutamente, le condizioni carcerarie di mia figlia". Lo dice Elisabetta Vernoni, madre di Cecilia Sala, dopo l'incontro con la premier Giorgia Meloni a palazzo Chigi ai cronisti che le chiedono quali siano le sua maggiori preoccupazioni. "Lì non esistono le celle singole, esistono le celle di detenzione per i detenuti comuni e poi le celle di punizione, diciamo, e lei è in una di queste evidentemente: se uno dorme per terra, fa pensare che sia così...".