Nelle 1500 pagine del decreto di fermo emesso dai pm di Agrigento si descrive il sistema di potere che ruotava attorno a Marco Campione, patron della società concessionaria del servizio idrico ad Agrigento. Il rapporto privilegiato con due Carabinieri di cui aveva assunto le mogli, le pressioni sul Prefetto del padre dell'ex ministro Alfano per sottoscrivere con l'azienda un "protocollo di legalità". E il presunto finanziamento illecito al presidente dell'Ars col pagamento di voli e stanze d'albergo
“Lei ha dato vita a mia moglie, che era da psicologo”. Così Leonardo Di Mauro, maresciallo dei Carabinieri di Aragona, ringraziava Marco Campione per l’assunzione della propria moglie in Girgenti Acque. È un fotogramma delle intercettazioni ambientali attaccate nel 2014 nella sede della società, concessionaria del servizio idrico della città di Agrigento: quel servizio idrico per cui, nonostante la mancata depurazione, i cittadini troveranno un aumento in bolletta. La brutta sorpresa si deve a Eugenio D’Orsi, commissario straordinario e liquidatore dell’Ato (Ambito territoriale ottimale) di Agrigento, che nel 2013 rimodula il calcolo tariffario ritoccandolo al rialzo, mentre il figlio Giuseppe veniva assunto in varie società controllate da Marco Campione, 60 anni, ex presidente del cda di Girgenti Acque, dominus di un sistema di potere e favori che ruotava proprio intorno alla gestione del servizio idrico. È la ricostruzione a cui è arrivata la procura di Agrigento al termine di un’indagine monstre (il decreto di fermo conta 1500 pagine) che non a caso è stata chiamata “Waterloo”, la battaglia che mise sotto scacco Napoleone e segnò la fine di un’era.
Un nome che sembra un auspicio per l’inchiesta, iniziata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo e trasmessa nel 2017 ad Agrigento. Da allora, le indagini di Carabinieri e Guardia di finanza sono state coordinate dalla procura guidata da Luigi Patronaggio che mercoledì ha disposto il fermo per otto persone, facendo emergere un sistema di potere che ha coinvolto Carabinieri, prefetti e politici. Tutti risucchiati in un’attività di lobbying “spregiudicata”, come la definiscono i magistrati, a capo della quale c’era Marco Campione. Portata avanti in un “territorio caratterizzato da decenni di forte recessione economica, con un reddito pro capite medio molto basso e un livello di qualità dei servizi pubblici tra i peggiori in Italia”, una realtà in cui “l’offerta o anche soltanto la promessa di un posto di lavoro può diventare un potente strumento per condizionare il tessuto sociale”.
Le mogli dei marescialli assunte da Campione – In questo contesto si inserisce la frase del maresciallo Di Mauro. Che non è l’unico militare ad ottenere da Campione l’assunzione della moglie: a fargli compagnia c’è infatti – stando all’esito delle indagini – anche Roberto Violante, comandante della stazione del Comune di Realmonte dal 2008 al 2018. Sua moglie è assunta da Girgenti Acque con contratto a progetto nel 2013, poi dalla controllata Hydortecne con contratto a tempo indeterminato. Ed è proprio Violante che, delegato “per le indagini sui danneggiamenti accaduti in via Marche a Realmonte, a causa di perdite nelle condotte idriche di Girgenti Acque Spa, suggeriva a Calogero Patti (il braccio destro del suo amico Campione, ndr)” le mosse da tenere “per evitare problemi giudiziari per Girgenti o per i suoi vertici, dato che vi era un procedimento penale aperto della Procura della Repubblica di Agrigento per omissione di atti d’ufficio”.
L’interdittiva non firmata dal Prefetto – A riprova dell’intensa attività di cooptazione, avviata su più livelli, c’è poi l’episodio del prefetto Nicola Diomede che rilascia la certificazione antimafia a Girgenti Acque ignorando il parere unanime di tutte le forze di polizia che avevano invece ritenuto di adottare un’interdittiva, emessa solo nel 2018 con l’arrivo del nuovo prefetto. Diomede, invece, redige l’atto di suo pugno, ben sapendo che la sua vicaria, Maria Luisa Battaglia, non lo avrebbe mai sottoscritto. Proprio Battaglia, sentita dai magistrati, riferirà “che da quando Diomede era stato nominato Prefetto di Agrigento dal Consiglio dei ministri, in cui il ministro degli Interni era Angelino Alfano, il padre di quest’ultimo sovente cominciò a presentarsi in Prefettura ad Agrigento, sia per parlare con lui che per parlare con me”. E che il padre dell’allora ministro, “in un’occasione, probabilmente nei primi mesi del 2014, aveva sollecitato il prefetto Diomede a sottoscrivere un protocollo di legalità con Girgenti Acque Spa”, presentandosi nel suo ufficio, ma lui si era rifiutato di farlo. Diomede, però, fu anche l’unico a ritenere che dovesse essere rilasciata un’informativa liberatoria a Girgenti Acque, concedendo di fatto il lasciapassare antimafia alla società nell’agosto del 2015. Il prefetto risulta tra gli indagati, ma nella richiesta è chiarito che “non vi sono elementi probatori negli atti del presente procedimento”: solo una serie di indizi “che rimangono tali, che fanno ritenere che le assunzioni effettuate da Campione, su indicazioni di Alfano, prevedevano come controprestazione una qualche pressione che Alfano doveva esercitare sulle Istituzioni pubbliche agrigentine e, in particolare, sulla prefettura di Agrigento, organo periferico del ministero dell’Interno, guidato proprio dal figlio del professore Alfano”.
Istituzioni pubbliche silenti – Nel sistema di potere garantito dall’attività massiccia di lobbying non mancano le istituzioni che mantengono una “condotta silente e conciliante” nell’attività “di controllo e sanzione” che “non ha fatto che agevolare l’attività illecita dell’associazione a delinquere”. Tra queste, l’Ato idrico Ag 9 di Agrigento che opera in assoluta “assenza di qualsivoglia affidabile attività di vigilanza“: organo composto dall’assemblea dei sindaci, in rappresentanza degli enti locali, e dal presidente, carica ricoperta dal presidente di turno della Provincia. E non fa di meglio l’Arpa (l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente), cui la Procura contesta “un’attività di controllo caratterizzata da pressappochismo e compiacenza, nonché l’atteggiamento di collaborazione e di vera e propria convergenza istituzionale tenuto dagli appartenenti all’ex Provincia”.
Micciché e la finale di Champions League – “Come stai? Buongiorno”, è il saluto di Campione al coordinatore siciliano di Forza Italia, l’attuale presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè. “Bene, tu?”, risponde Miccichè. E Campione: “Gioia bene grazie, senti mi confermi la finale della Juventus, sì? Siete in due?”. “Sì, se riesci a trovarlo”. Si tratta della finale di Champions League tra Juventus e Real Madrid che si sarebbe disputata il 3 giugno del 2017 a Cardiff, in Galles. Nelle 1500 pagine che ripercorrono i risultati delle indagini c’è spazio anche per questo scambio. Micciché è indagato per finanziamento illecito assieme al deputato di Italia Viva Francesco Scoma, all’epoca ancora in Forza Italia, suo mandatario nella campagna elettorale per le regionali del 2017. Entrambi si dicono sorpresi che i documenti in proposito non siano stati richiesti dalla Procura: “Abbiamo le carte, perché non ce le hanno chieste prima? È tutto certificato“. La procura di Agrigento però ha fatto richiesta dei documenti all’Ars nel 2018. E scrive: “Risulta difficilmente comprensibile il motivo per il quale una società concessionaria di un servizio pubblico, come la Girgenti Acque spa, abbia pagato a Micciché Gianfranco voli aerei e pernottamenti alberghieri dal 21 dicembre 2016 al 23 agosto 2017 e due biglietti per la finale della Coppa campioni di calcio del 3 giugno 2017, nei mesi antecedenti le elezioni regionali del 5 novembre 2017 nelle quali era candidato Gianfranco Micciché, somme che quest’ultimo non ha dichiarato di aver ricevuto dalla Girgenti Acque spa né dalla sua consociata Hydortecne srl”.
Nei documenti acquisiti è infatti dichiarato un importo di 5mila euro, ma secondo i pm ce ne sono altri 3mila e più non dichiarati: “Le acquisizioni documentali eseguite dalla polizia giudiziaria presso la Girgenti Acque spa hanno permesso di accertare ulteriori contributi dati da Campione Marco, nella qualità di presidente, all’onorevole Micciché Gianfranco, oltre la dazione di € 5.000″. Sono state acquisite, infatti, “una serie di fatture emesse sul conto della società Girgenti Acque Spa, i cui pagamenti sono stati effettuati con carta di credito (intestata alla predetta azienda) per un totale di euro 3.167, relative a prestazioni alberghiere o biglietti aerei in favore dell’onorevole”. A questo si aggiungono altri 25mila euro elargiti dalla società Hydortecne, rionducibile sempre a Campione, che secondo i magistrati sono da considerare finanziamenti illeciti perché superiori a 5mila euro e non “regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa”. Nel frattempo Campione diventa un papabile candidato alle elezioni politiche nelle file di Forza Italia, nonostante sia già indagato. Il presidente dell’Ars cerca allora di spiegargli che “gli alleati iniziarono a fare come i pazzi, a dirmi “no, per carità… cominciamo, minchia in Sicilia, al solito ci facciamo dire da tutti che poi dobbiamo fare tutta la campagna elettorale sugli impresentabili di Micciché””, come scoltano gli inquirenti in una conversazione captata il 23 gennaio del 2018. Alla fine sarà Campione stesso a tirarsi indietro: “Ho ringraziato il presidente Silvio Berlusconi – scriveva in una nota – e il Coordinatore regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché per la proposta, ma non potendo assicurare l’impegno che la carica imporrebbe, il mio senso di responsabilità e di rispetto mi obbliga a rinunciare”.