La macchina dei depistaggi egiziani sul caso Regeni torna in funzione. E sono due, scrive il Corriere della Sera, le strategie messe in campo dalla Procura del Cairo per delegittimare le indagini dei colleghi romani: contestare le dichiarazioni del testimone Gamma, che ha raccontato al Procuratore capo Michele Prestipino e al sostituto procuratore Sergio Colaiocco di aver ascoltato nell’agosto del 2017, in un ristorante di Nairobi, un egiziano poi qualificatosi come il maggiore Magdi Sharif (uno dei quattro imputati per il sequestro, la tortura e l’omicidio del ricercatore friulano) confessare a un collega keniano di avere fermato e anche picchiato Giulio la sera del 25 gennaio 2016, e stendere un memorandum che contestasse in toto le accuse mosse dai pm italiani agli imputati.

L’equivoco sul teste Gamma
La prima contestazione dei pm del Cairo, che la scorsa settimana hanno consegnato per mano del procuratore generale Hamada Al Sawi due documenti, un memorandum contro la ricostruzione della Procura di Roma e la risposta del Kenya a una rogatoria dell’Egitto, all’ambasciatore italiano Giampaolo Cantini, è sulle dichiarazioni del teste Gamma. Secondo l’Egitto, la risposta di Nairobi “riporta la smentita di quanto era stato sostenuto circa un agente di polizia keniano che avrebbe sentito un ufficiale di polizia egiziano, durante una riunione nella capitale del Kenya, che asseriva di aver avuto un ruolo nel rapimento e nell’aggressione di Regeni in Egitto”.

Ma leggendo la risposta del governo kenyota, si nota che non vi è alcuna smentita, bensì la risposta naturale a una richiesta inesatta da parte del Cairo. I pm hanno infatti chiesto al Kenya notizie sul poliziotto interrogato dai magistrati italiani (riferendosi al teste Gamma). Il problema è che la Procura di Roma non ha mai riportato che il testimone in questione fosse un poliziotto, ruolo ricoperto invece dall’interlocutore di Sharif, così il Kenya non ha potuto che replicare che a loro non risultava nulla, quindi erano necessari ulteriori dati che solo l’Italia poteva fornire: “Risulta impossibile provvedere all’esecuzione della richiesta di assistenza, in quanto gli elementi riportati non sono sufficienti per identificare l’ufficiale di polizia keniano oggetto della richiesta”. Proprio perché di ufficiale non si trattava.

Il memorandum per scagionare i quattro imputati
Insieme al tentativo di delegittimare il teste Gamma, i pm egiziani hanno anche inviato un lungo memorandum nel quale, scrive il Corriere, “si contraddicono quasi punto per punto gli elementi d’accusa raccolti contro i quattro imputati” per concludere che “la Procura generale egiziana ritiene i sospetti delle autorità investigative italiane il risultato di conclusioni scorrette, esagerate e logicamente inaccettabili, contrarie alle regole penali internazionali compresa la presunzione d’innocenza e la necessità di fornire prove inconfutabili contro gli indagati per processarli”. Gettando così un’ombra sulla legittimità del processo nei confronti dei quattro imputati. Una difesa d’ufficio che arriva direttamente dal governo di Abdel Fattah al-Sisi.

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