“Mi ritrovo la Regione Sicilia parte civile in questo processo quando fino al 2018 il presidente Musumeci veniva a Confindustria, e aspettava anche ore, perché gli impegni erano tanti per chiedermi esattamente che cosa doveva fare, quali erano le attività di sviluppo che doveva portare avanti”. Così parla Antonello Montante nell’aula bunker del carcere Malaspina di Caltanissetta, lo scorso 11 giugno nel processo d’Appello in cui è stato condannato a 14 anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Il secondo grado si svolge a porte chiuse, ma l’exploit dell’ex paladino antimafia di fronte alla corte è adesso nero su bianco nel verbale reso pubblico da La Sicilia. Parole che adesso ricadono come un macigno sul presidente della Regione siciliana, soprattutto perché nel 2018 l’indagine per concorso in associazione mafiosa a carico di Montante era già nota. Per questo il presidente della commissione Antimafia siciliana, Claudio Fava, chiede le dimissioni del presidente: “Se Montante dice il vero, Musumeci non può restare un minuto di più alla guida della Regione”. Ma Montante dice il vero? I particolari sono tanti: “Voleva giocare a bocce – racconta Montante mentre viene interrogato dai suoi legali, Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto – ci incontravamo a bocce, facevamo i pranzi in Confindustria, facevamo i pranzi a Palermo, ci vedevamo dappertutto, parlo di cose istituzionali, non parlo naturalmente di cose private”. Perfino, documentate: “Faccio nomi e cognomi – ha specificato – tanto non mi possono querelare perché sono tutti atti pubblici, richieste ufficiali, e-mail e tutto, e incontri ufficiali”. Per questo Fava insiste: “Dai verbali d’interrogatorio di Montante a Caltanisetta si apprende che le frequentazioni tra lui e il presidente Musumeci furono assidue fino alla vigilia dell’arresto di Montante, nel maggio del 2018, e che il presidente della Regione lo avrebbe utilizzato come suo “spin doctor” per le politiche industriali della Regione, nonostante Antonello Montante all’epoca fosse indagato da più di due anni per concorso in associazione mafiosa”.
La versione di Montante di fronte alla Corte nissena è però in netto contrasto con quanto riferito da Musumeci in commissione Antimafia: “Ciò che appare ancor più grave è che il presidente Musumeci, audito in commissione antimafia il 29 novembre 2018 – ha aggiunto Fava – ha più volte ripetuto che gli unici suoi incontri con Montante erano quei tre riportati nell’agenda dell’imprenditore, e dunque risalivano tutti al 2015. ‘Dal 2015 non ho più avuto, né telefonicamente né personalmente, rapporti con il dottor Montante ha fatto mettere a verbale”. Ma l’ex numero uno di Confindustria Sicilia, condannato a 14 anni per concorso in associazione mafiosa è un teste attendibile? “Se Montante s’è inventato tutto, comprese le molte partite a bocce e i molti pranzi insieme, Musumeci avrebbe dovuto denunciarlo – ha continuato il presidente della commissione Antimafia regionale – immediatamente per calunnia invece di tacere, come fa da quando s’è appreso sulla stampa di questa testimonianza”. Per questo Fava chiede dimissioni immediate: “Se Montante dice il vero, Musumeci non può restare un minuto di più alla guida della Regione: al di là dell’inopportunità di scegliersi, nei suoi primi mesi di governo, un indagato per mafia come consigliere economico, resterebbe il fatto gravissimo di aver ripetutamente e consapevolmente mentito ad una Commissione del Parlamento siciliano”.