Addio alla libertà di scelta spacciata come linea da seguire dal presidente Figc Gravina appena cinque giorni fa: durante la riunione in hotel, i calciatori della Nazionale hanno deciso di non seguire il gesto di protesta di Black Lives Matter con deroga in caso di inginocchiamento degli avversari.
Se si inginocchierà l’Austria, allora lo farà anche l’Italia. Altrimenti tutti in piedi, compatti. Perché la maggioranza degli azzurri non condivide la forma di protesta del “Black Lives Matter“. E soprattutto non succederà come l’altra volta, quando cinque calciatori su undici hanno seguito l’esempio del Galles e hanno creato un caso che continua a tener banco in Italia anche più della sfida degli ottavi di finale di Euro 2020 contro l’Austria. È questo il senso della decisione presa dai giocatori della nazionale italiana dopo la riunione notturna annunciata dal vicecapitano Leonardo Bonucci durante la conferenza stampa della vigilia. Per la verità sarebbe più corretto usare il condizionale, visto che non c’è uno straccio di comunicazione ufficiale ma solo veline fatte filtrare ai giornali. Con un effetto che rende la vicenda ancora più grottesca: la non decisione ha allungato la polemica, fissando il termine finale del caso agli istanti che precedono il calcio d’avvio della sfida di stasera a Wembley. Un pasticcio comunicativo. Una non-scelta che affida agli avversari la responsabilità di eseguire o meno un gesto simbolico contro quel razzismo di cui tutti a parole si dicono strenui oppositori.
A distanza di cinque giorni è cambiato tutto. La politica ci ha messo del suo, con Letta e Salvini che hanno litigato anche su questo, condizionando non si quanto involontariamente il dibattito nel Paese e le scelte dei calciatori della nazionale. Con un effetto kafkiano: se ora i giocatori hanno deciso di essere compatti (quindi hanno deciso di avere una posizione unica, altro che libertà individuale), se ora hanno fatto filtrare di non condividere il gesto di protesta del “Black Lives Matter”, allora Belotti, Pessina, Bernardeschi, Toloi ed Emerson Palmieri hanno sbagliato a inginocchiarsi contro il Galles? Non hanno rappresentato il sentire comune della nazionale, esponendo chi è rimasto in piedi alla gogna socialmediatica? E se si inginocchiassero di nuovo? Non accadrà, perché nessuno dei cinque sarà titolare contro l’Austria. Altri dubbi, dunque. E un fatto, sempre in tema di lotta al razzismo. La Uefa ha aperto un’inchiesta sulle presunte discriminazioni che si sarebbero verificate nella partita tra Germania e Ungheria, terminata 2-2. L’organo di governo del calcio europeo ha confermato, in una nota, che “in conformità con l’articolo 31 regolamento disciplinare”, è stato nominato un ispettore “per condurre un’indagine disciplinare su possibili incidenti discriminatori verificatisi alla Football Arena di Monaco” in occasione della partita del 23 giugno. Non sono stati rivelati ulteriori dettagli. E in vista della partita dell’Olanda contro la Repubblica Ceca a Budapest, il capitano orange Wijnaldum ha annunciato ieri che scenderà in campo con una fascia arcobaleno e che lascerà il campo in caso di insulti razzisti da parte del pubblico. Succede anche questo nel campionato europeo più politicizzato di sempre, dove l’attenzione ai diritti civili vale più di un bel gesto tecnico.