I membri dell'alleanza contro lo Stato islamico hanno ribadito il loro impegno nel contrasto al gruppo jihadista che negli ultimi mesi è tornato a sferrare attacchi di portata elevata in Siria e, soprattutto, Iraq, con uno sguardo anche all'area del Sahel che desta preoccupazione tra i leader della coalizione che, così, hanno invitato i governi africani alla collaborazione
La pandemia globale ha concentrato su di sé le attenzioni delle potenze mondiali, ma le sfide alla sicurezza interna e, in special modo, nell’area mediorientale rimangono al centro dell’agenda delle cancellerie mondiali. Una su tutte, la guerra contro lo Stato Islamico. Così la ministeriale della coalizione anti-Daesh a Roma, co-presieduta da Luigi Di Maio e dal Segretario di Stato americano, Antony Blinken, ha ribadito la necessità di portare avanti la lotta a Isis in Iraq e Siria ed espanderla anche nell’area del Sahel. E l’Italia, oltre a confermare la propria presenza militare nell’area, ha annunciato anche uno stanziamento ad hoc da 24 milioni di euro per il 2021 per combattere le Bandiere Nere.
“La pandemia ha confermato che solo facendo leva su multilateralismo e la collaborazione internazionale possiamo affrontare le sfide del nostro tempo. Questa coalizione ne è un esempio, riunisce continenti diversi, valorizza l’apporto di ciascun membro, è flessibile per conciliare i diversi punti di vista. Abbiamo ottenuto importanti successi, ma molto resta da fare”, ha dichiarato il ministro degli Esteri aprendo l’incontro. Il capo della Farnesina ha spiegato che “Daesh è stato sconfitto nella sua dimensione territoriale, ma non è stato sradicato. Per questo l’Italia, con oltre 800 unità dislocate tra Iraq e Kuwait, continuerà a mantenere in Iraq, nel rispetto della sovranità irachena e in pieno accordo con Baghdad, un significativo contingente militare con l’obiettivo di rendere il Paese capace di affrontare la minaccia in autonomia. Ci stiamo preparando anche a incrementare la nostra partecipazione alla missione Nato in Iraq e ad assumerne il comando dopo il turno assicurato dalla Danimarca“.
Una presenza, quella delle truppe della coalizione, necessaria visti gli attacchi registrati negli ultimi mesi, ha spiegato il ministro. L’ultimo solo questa mattina, quando Isis ha rivendicato nelle ultime ore un attacco contro una centrale elettrica a nord di Baghdad compiuto con il lancio di razzi contro la struttura di Samarra, città a nord della capitale che ha visto crescere l’ex autoproclamato Califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Per questo Roma ha anche deciso, “pur in un contesto finanziario gravato dall’impatto della pandemia, un incremento delle risorse destinate a tali attività, per un totale di oltre 13 milioni di euro per iniziative in Iraq e 11 milioni e mezzo di euro per interventi nel Nord-Est della Siria nel 2021 – ha aggiunto Di Maio – Per consolidare i risultati ottenuti, restringere gli spazi di reclutamento di Daesh e prevenirne la ripresa occorre affiancare agli interventi di natura militare iniziative di carattere civile per la de-radicalizzazione e la stabilizzazione delle aree liberate, offrendo alle popolazioni locali adeguate condizioni socio-economiche per superare le loro vulnerabilità. Portiamo avanti queste iniziative tenendo a mente i principi essenziali della nostra condotta internazionale, a cominciare dalla tutela dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto”. Questo significa anche maggiore attenzione allo sviluppo e al recupero dei minori che rappresentano le future generazioni dell’area, come quelli che si trovano adesso nel campo di al-Hol per le famiglie di Isis: “E a questo fine siamo in contatto con attori già presenti sul terreno. Date le dimensioni e la complessità del problema, credo che su questo occorra una riflessione congiunta”.
Ma l’attenzione alla diffusione del fenomeno Daesh non può limitarsi solo all’area siro-irachena, dove i miliziani erano riusciti a creare un vero e proprio Stato jihadista. La preoccupazione della coalizione esplicitata proprio da Di Maio riguarda anche il Sahel e l’Africa in generale: “Proprio per il rilievo acquisito dalla minaccia di Daesh in Africa oggi, propongo ai partner della Coalizione di esaminare la possibilità di istituire un gruppo di lavoro dedicato all’Africa che affronti la problematica nel suo insieme, al di là dei gruppi di lavoro tematici già esistenti. Un gruppo che valorizzi al meglio la partecipazione dei Paesi africani interessati a fornire il loro contributo”. Questo, ha aggiunto, vale soprattutto per il “Sahel, la cui stabilità è cruciale anche per l’Europa e il Mediterraneo allargato. Ringrazio quindi i rappresentanti di Burkina Faso, Ghana e Mozambico che hanno accolto il nostro invito a essere presenti come osservatori” alla interministeriale. Questa battaglia deve essere combattuta, ha concluso il capo della diplomazia italiana, non solo militarmente, ma anche economicamente, tagliando il maggior numero possibile di fonti di finanziamento al terrorismo: “Per sradicare definitivamente Daesh è necessaria anche un’azione coerente e complessiva di contrasto alle fonti di finanziamento dell’organizzazione, nelle sue aree di tradizionale operatività e in ogni altra parte del globo. Questo è l’obiettivo del Counter-ISIS Finance Group che l’Italia co-presiede con Stati Uniti e Arabia Saudita“.
Il segretario di Stato americano ha voluto ricordare che la coalizione globale per la lotta all’Isis ha raggiunto “risultati significativi” che “riflettono quanto si può conseguire insieme. Abbiamo fatto progressi perché abbiamo lavorato insieme”, ha dichiarato nel suo intervento ricordando che “milioni di civili sono stati in grado di ritornare nelle loro case”. Questo nonostante gli Stati Uniti, durante l’amministrazione Trump, abbiano deciso di avviare un processo di disimpegno militare dall’area, lasciando sul campo alcune forze della coalizione, compresa l’Italia, oltre alla Turchia che ha occupato ampie aree del nord-est siriano e la Russia che combatte invece al fianco del governo di Damasco.
Blinken ha poi sottolineato che le priorità degli Stati Uniti nella lotta all’Isis “sono in linea” con quelle dell’Italia, sintetizzandole in quattro punti: riaffermare l’impegno nella lotta verso gli elementi dell’Isis che persistono in Iraq e Siria, l’assistenza alla stabilizzazione (anche grazie a un finanziamento degli Usa da 436 milioni di dollari “in assistenza umanitaria a siriani e alle comunità che li ospitano, portando il totale a quasi 13,5 miliardi), l’urgenza di contrastare il fenomeno dei foreign fighters, sottolineando che in Siria “ci sono ancora 10mila combattenti Isis” e, infine, il contrasto alla minaccia di Daesh anche oltre l’Iraq e la Siria.
Anche gli altri partner presenti hanno confermato il proprio impegno sulla linea tracciata da Italia e Usa. L’Alto rappresentante per la Politica Estera dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato che “l’Ue rimane fermamente impegnata a favore della Coalizione anti-Daesh, contribuendo come partner non militare ai suoi sforzi in Iraq e Siria. La nostra azione collettiva rimane cruciale per garantire progressi sostenibili sulla stabilizzazione, per prevenirne il ritorno”. Il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, su Twitter ha invece scritto che “la Nato è fortemente impegnata nella durevole sconfitta di Daesh. Ciò include piani per intensificare i nostri sforzi di formazione e rafforzamento delle capacità attraverso la missione della Nato in Iraq, su richiesta del governo iracheno”. Infine, il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, ha chiesto attenzione per gli sviluppi in Africa, garantendo il coinvolgimento della Germania “alla stabilizzazione dei territori liberati dal controllo dell’organizzazione terroristica, per evitare che torni a espandersi”.