Per Pietro Salini, l’amministratore delegato del gruppo Webuild, la nuova denominazione di Salini Impregilo dopo l’acquisizione di Astaldi, le cose vanno molto bene, nonostante l’annus horribilis della pandemia. Il colosso delle costruzioni ha appena vinto una maxi-commessa negli Usa da 16 miliardi di dollari per costruire una linea di alta velocità ferroviaria in Texas. Ma le cose vanno altrettanto bene sul piano del proprio portafoglio personale. Nel 2020 tra remunerazione fissa e variabile Pietro Salini ha incassato 6,14 milioni di euro, in crescita sui 5,4 milioni dell’anno precedente.

L’a.d. del gruppo delle costruzioni deve però ringraziare la disponibilità finanziaria concessa dalla Cassa depositi e prestiti e dalle banche (Intesa e UniCredit in testa) che gli hanno permesso di portare a casa l’aumento di capitale da 600 milioni con cui ha finalizzato l’operazione Progetto Italia, cioè l’incorporazione di Astaldi che era finita in concordato. La famiglia Salini ora controlla Webuild con il 45% del capitale e vede come soci importanti Cdp con il 18,6%, Intesa e Unicredit con il 5% cadauna.

Non è più un’azienda “familiare” ma un gruppo che ha ricevuto 250 milioni di euro dal braccio finanziario del Tesoro italiano e altri 150 milioni dalle banche. E proprio Cdp si è opposta, votando contro, alla relazione sulla remunerazione nella recente assemblea che ha votato il bilancio del 2020. Evidentemente in un clima di difficoltà economica per l’intero Paese, il socio pubblico ha ritenuto poco morigerate le politiche di remunerazione dell’a.d. e dei vertici del gruppo. Un’occasione per richiamare l’annoso tema dei maxi-stipendi di molti manager-imprenditori e il forte divario che li separa dal Paese reale. Un voto contro corrente che però non è servito. La maggioranza dei soci (Salini in testa) ha tirato dritto per la sua strada approvando i maxi-stipendi dei vertici del gruppo.

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

Spettabile Direttore,

ritenendo necessario che il lettore abbia una visione completa e trasparente in relazione a quanto pubblicato in data 28 giugno a firma Fabio Pavesi e contrariamente a quanto indicato erroneamente nell’articolo, specifichiamo che la relazione sulla remunerazione di Webuild -esaminata nella recente assemblea che ha votato il bilancio 2020 – è stata approvata il 25 Marzo dal Consiglio di Amministrazione del Gruppo all’unanimità, e anche dai consiglieri di Amministrazione espressione della Cassa Depositi e Prestiti, azionista della Società a seguito dell’operazione industriale Progetto Italia. In precedenza i consiglieri di Cdp avevono votato a favore anche nell‘apposito Comitato remunerazione. Infine anche l’Assemblea del gruppo ha confermato la politica di remunerazione 2020 dei vertici del Gruppo Webuild.

Ufficio Comunicazione Webuild

Replica l’autore

Non c’è, contrariamente a quanto scritto dalla società, nessuna affermazione erronea nell’articolo. Nell’assemblea, come correttamente riportato, Cdp ha votato contro la remunerazione dei vertici di Webuild e del suo presidente e ad Pietro Salini. Se poi in sede di cda precedente all’assemblea Cdp ha avuto voto favorevole, non cambia l’esito finale… Ricordo che per una società quotata l’assemblea degli azionisti è l’organo sovrano. E in quel contesto Cdp evidentemente ha cambiato opinione. Il risultato finale resta quello descritto. Cdp ha votato contro alla remunerazione.
F. P.

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