Il 30 giugno sarà l’ultimo giorno utile per accumulare pagamenti elettronici validi per ottenere il cashback di Stato. Quella che si avvia alla conclusione sarà infatti l’ultima sessione di rimborsi che premiano coloro che effettuano acquisti con carte elettroniche: è quanto deciso dalla cabina di regia che si è tenuta a Palazzo Chigi e ha così deciso di cancellare anche la sessione già prevista per il secondo semestre dell’anno.
Stop quindi alla restituzione di un massimo di 150 euro semestrali e di 1.500 euro per i 100mila maggiori utilizzatori di carte che saranno premiati con il “SuperCashback”. Un sistema che in questi ultimi sei mesi ha permesso a circa 5,89 milioni di persone di accumulare rimborsi che saranno emessi da luglio in poi. Dal vertice a Palazzo Chigi è poi emersa la volontà di estendere di due mesi, fino al 31 agosto, il blocco delle cartelle esattoriali.
A fare maggiormente rumore, però, è la decisione di cancellare il cashback, che il governo di Giuseppe Conte aveva finanziato fino al giugno del 2022 con circa cinque miliardi. Mario Draghi, dunque, ha deciso di eliminarlo con un anno di anticipo. In base ai numeri dell’app IO utilizzata per il monitoraggio, sono circa 720 milioni le transazioni elaborate e più di 7,85 milioni gli utenti che hanno effettuato pagamenti validi ai fini di ottenere il rimborso. Lo scontrino medio di chi acquista partecipando al Cashback è di 35,6 euro. La maggior parte delle operazioni hanno riguardato acquisti tra i 25 e i 50 euro (il 21,4%). Ma si sono usate carte e app anche per somme molto inferiori, magari per un semplice caffè, nonostante le preoccupazioni dei commercianti sul costo delle commissioni. Il 16,2% delle transazioni è infatti stato effettuato per importi inferiori ai 5 euro. Al contrario, la più bassa percentuale di transazioni (lo 0,84%) è quella per importi alti, sopra i 300 euro.
A chiedere di cancellare il cashback era stato esplicitamente nelle scorse settimane Fratelli d’Italia, con una mozione presentata al Senato ma respinta da Palazzo Madama. In quell’occasione era stata approvata, invece, una mozione della maggioranza che punta il dito contro le “criticità” emerse chiedendo un “monitoraggio” del programma per adottare “provvedimenti correttivi”. Ora invece è arrivato lo stop totale, esattamente come chiedeva il partito di Giorgia Meloni, l’unico all’opposizione.