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Allevamenti intensivi, l’Italia dica un secco no alla produzione di pellicce

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Durante la riunione del Consiglio Agrifish di ieri, i governi dell’Austria e dell’Olanda hanno chiesto alla Commissione europea di porre fine all’allevamento di animali per la produzione di pelliccia nell’Unione. Molti ministri europei sono intervenuti per esprimere il loro sostegno all’iniziativa, che basa le sue motivazioni su questioni etiche, benessere degli animali e rischi per la salute degli esseri umani e degli animali.

L’ultimo punto è di grande rilevanza in questo momento, perché durante la pandemia di coronavirus si è assistito al proliferare di casi di focolai all’interno degli allevamenti intensivi di visoni, animali suscettibili al virus e di fatto serbatoi di coronavirus. Oltretutto, come hanno dimostrato le evidenze scientifiche, i visoni possono non solo essere infettati dagli esseri umani, ma anche infettarli a loro volta. La preoccupazione degli scienziati è che i visoni sviluppino una mutazione e che la trasmettano agli esseri umani, mettendo a rischio la salute pubblica e la possibilità di immunizzare la popolazione mondiale.

Il ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Stefano Patuanelli ha dichiarato: “L’allevamento di animali per le pellicce non è più giustificabile e l’Italia darà il massimo supporto alla proposta di Austria e Olanda per giungere al divieto europeo di questa forma di allevamento”.

La dichiarazione del ministro Patuanelli e del Consiglio europeo fanno ben sperare per la fine di un settore anacronistico e che provoca profonde sofferenze agli animali. Nel nostro Paese l’allevamento di questi animali è stato sospeso fino alla fine del 2021, ma questa è un’iniziativa temporanea e insufficiente. Mentre l’Italia rimane indietro, in tutta Europa i divieti verso questa produzione si moltiplicano. Regno Unito, Austria, Croazia, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Paesi Bassi, Slovenia, Repubblica di Macedonia, Repubblica Ceca, Lussemburgo, Belgio, Norvegia e Slovacchia, sono tutti Paesi in cui vige un divieto esplicito.

In Estonia, Lituania, Polonia, Ucraina, Montenegro, Bulgaria e da poco anche in Irlanda sono in atto discussioni per disegni di legge che introducano un divieto definitivo e una data di scadenza a questa crudele produzione. In Italia i casi di coronavirus all’interno degli allevamenti sono stati almeno due e, a Capralba, quello che era l’allevamento di visoni più grande del Paese ha abbattuto tutti gli animali perché infetti. In attesa di nuove indicazioni da parte del governo, i sei allevamenti ancora attivi in Italia hanno mantenuto in gabbia i riproduttori, senza far nascere nuovi animali: 7000 visoni sono quindi ancora in condizioni di cattività e potenzialmente ancora esposti al virus.

Vista la posizione del ministro Patuanelli e le raccomandazioni degli esperti per la tutela della salute pubblica, è ora che anche l’Italia dica un secco no all’allevamento di animali per la produzione di pelliccia.

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