Devo dire che ci sono rimasto male. Molto. Perché stimo e, anche se non l’ho mai conosciuto di persona, ammiro Beppe Grillo. Scrivo queste righe dopo la magistrale e intelligentissima conferenza-stampa di Giuseppe Conte: ma esprimo sentimenti (sì, sentimenti umani) del tutto precedenti.
Ha scritto Danilo Toninelli che Grillo e Conte sono in assoluto le due perle più preziose del forziere politico italiano (le due ‘perle’ sono enormi, eclatanti, di valore mondiale: il resto del forziere è troppo spesso paccottiglia, questo va detto…). Sono del tutto d’accordo.
Personalmente credo che Grillo si sia rinchiuso in un cul-de-sac da cui si esce o chinando il testone o distruggendo quel che resta del M5S: brutto esito. Ma, a mio umilissimo parere, questa è una vecchia e ripetitiva realtà di tante pretese di uomini vecchi, anche validissimi, che non si accorgono del mondo che cambia: finisce che abbaiano alla luna.
Perché il mondo cambia. “Todo cambia” canta Mercedes Sosa celebrando una spesso disconosciuta verità: proviamo a fare un esempio terzo, che nulla abbia a che vedere con questo pericoloso inghippo grillesco.
Parliamo di Giuseppe Verdi (sempre Giuseppe): il grande di Busseto, morto a Milano nel gennaio 1901. Verdi appartiene alla schiera dei ‘grandi visionari’ quelli che vedono ciò che tanti non riescono e vedere, specie se con largo anticipo rispetto ai tempi. Scrisse musiche che toccarono il cuore di milioni di persone: furono accettate e ricantate e rifischiettate e rigustate non milioni bensì miliardi di volte. Un Genio. Bene. Immaginiamo ora che Verdi risusciti ai tempi nostri: che potrebbe fare? Perbacco, altra splendida musica: in quella botte c’è solo quel vino sublime, e lui lo offre all’umanità. Bene: quanti oggi canterebbero le sue straordinarie melodie? Quanti le fischietterebbero? Quanti avrebbero invece l’orecchio teso verso i Beatles o verso i Maneskin? E perché? Todo cambia….
Io penso che Grillo e Conte siano due geni, dello stampo di Verdi. Non lo dico per ossequiare nessuno, ma non c’è dubbio che si tratta di due assi. Anzi, sia ben chiaro, “genio” è qualcosa di molto ma molto più grande e forte di “asso”: è sinonimo di grande rarità: nel nostro caso, ci sarebbe quasi da dire: troppa grazia Sant’Antonio!
Se mi metto un poco da lontano mi sembrerebbe di poter dire che il M5S è un movimento che, a furia di muoversi, si trova sperduto da qualche parte e non sa più dov’è. O meglio, non capisce più dove si trova. E dei due geni della politica attuale italiane, solo Conte è giovane e politicamente vergine quanto basta per cogliere il mondo novo, le nuove auree i nuovi sentimenti. Grillo è invece alla stadio dell’omonimo Verdi: suonerebbe la stessa musica, convinto che la si ascolti ancora con la freschezza di dieci anni fa. No, todo cambia…
Qualsiasi impresa è generata da idee che sono un esclusivo prodotto dell’uomo. I capitali sono degli utili accessori, talvolta indispensabili e talvolta no. Ogni uomo è portatore di idee, a diversi livelli: perché l’uomo è un essere pensante. Ma c’è un problema: anzi due. Il primo riguarda il fatto per il quale ogni uomo pensante si innamora della propria idea: il secondo è legato ad un atteggiamento assolutamente normale del cervello che, sempre curando la propria idea, alla fine tende a spegnersi. (Con qualche anno di collaborazione di lavoro nei miei tempi giovani con una enorme società tecnologica svedese, ho colto questa sorta di mantra che gira da quelle parti: mantra molto meno scemo di quel che sembra).
Ora, se applicassimo questo mantra, vedremmo che Conte non ha alle spalle una esperienza purchessia di gestione e men che meno resurrezione di un forte movimento politico: quindi è vergine e il suo cervello verrebbe chiamato ad una sfida nuova, stimolante, necessitante intelligenza e fresca fantasia senza niente alle spalle.
Non così Grillo: che, per quanto bravo, non potrebbe fatalmente che riciclare idee di sempre, inconsapevolmente stanche e certamente senza più la fresca fantasia dei giovani.
Ma non è di questo che il M5S o, meglio, il nostro Paese ha bisogno.