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Luca Loutenbach, il tifoso della Svizzera più famoso del mondo e la sua epopea: “Non so cosa mi stia succedendo”

Sugli spalti, i tifosi svizzeri vivono i tornanti emozionali delle montagne russe. Sgomento, felicità E nessuno meglio del 28enne del Canton Giura, ha saputo rappresentare la girandola emotiva. Tanto che le sue immagini sono diventati virali (e Nick Horby ci spiega perché)

di F. Q.

Riassunto. Lunedì 28 giugno la Svizzera ha battuto la Francia agli Europei 2021, eliminandola dal torneo. Una partita infinita. Sofferta. Tempi regolamentati finiti 3-3. Supplementari e rigori. Chi lo sbaglia? Kylian Mbappé. Non proprio il primo che passa per strada, anzi, il fuoriclasse francese. Sugli spalti, i tifosi svizzeri vivono i tornanti emozionali delle montagne russe. Sgomento, felicità E nessuno meglio di Luca Loutenbach, 28enne del Canton Giura, ha saputo rappresentare la girandola emotiva. Tanto che le sue immagini sono diventati virali. “Non so cosa mi stia succedendo – ha detto al quotidiano svizzero Blick – Penso che tutte le persone che conosco mi abbiano scritto. Durante la partita non c’era abbastanza segnale ma ho capito cosa stava accadendo grazie ad alcuni tifosi che erano intorno a me”. Luca non ha dubbi, è stato “il giorno più bello della storia del calcio svizzero”. I video che rimbalzano sui social di tutto il mondo mostrano la sua epopea.

Facciamoci spiegare da Nick Horby “cos’è il tifo“: “Una cosa è certa sul tifo: non è un piacere parassita, anche se tutto farebbe pensare il contrario, e chi dice che preferirebbe fare piuttosto che guardare non capisce il concetto fondamentale. Il calcio è un contesto in cui guardare diventa fare – non in senso aerobico, perché guardare una partita con il fumo che esce dalle orecchie, e poi bere e mangiare patatine per tutta la strada del ritorno è assai improbabile che ti faccia del gran bene, nel senso in cui te ne fa la ginnastica di Jane Fonda o lo sbuffare su e giù per il campo. Ma nel momento del trionfo il piacere non si irradia dai giocatori verso l’esterno fino ad arrivare ormai smorzato e fiacco a quelli come noi in cima alle gradinate; il nostro divertimento non è una versione annacquata del divertimento della squadra, anche se sono loro che segnano i gol e che salgono i gradini per incontrare la principessa Diana. La gioia che proviamo in queste occasioni non nasce dalla celebrazione delle fortune altrui, ma dalla celebrazione delle nostre; e quando veniamo disastrosamente sconfitti il dolore che ci inabissa, in realtà, è autocommiserazione, e chiunque desideri capire come si consuma il calcio deve rendersi conto prima di tutto di questo. I giocatori sono semplicemente i nostri rappresentanti, e certe volte, se guardi bene, riesci a vedere anche le barre metalliche su cui sono fissati, e le manopole alle estremità delle barre che ti permettono di muoverli. Io sono parte del club, come il club è parte di me…“. In questo caso non è il club, ma la Nazionale.

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