L'ipotesi di rimodulare in corsa la certificazione era stata lanciata qualche giorno fa anche dal sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri. Il direttore scientifico dell'Humanitas: "I vaccini sono come la cintura di sicurezza in auto: non è che perché l’abbiamo allora passiamo col rosso o superiamo i limiti"
Rilasciare il green pass solo dopo la seconda dose. Soprattutto con l’arrivo della variante Delta. Ne sono convinti l’infettivologo Massimo Andreani e l’immunologo Alberto Mantovani, che hanno parlato rispettivamente ad Agorà Estate, su RaiTre, e alla Stampa. L’idea di rimodulare la certificazione vaccinale, era stata ipotizzata qualche giorno fa ai microfoni di Radio24, anche dal sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, ma per il momento non c’è evidenza di un cambiamento in corso.
“È insensato dare il green pass dopo la sola prima dose, non si è protetti abbastanza e può diventare un rischio”, ha sottolineato Andreoni, direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e primario di Infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma, ai microfoni di Agorà Estate. “Non è terrorismo ma solo buon senso di fronte ad una malattia che ha ucciso centinaia di migliaia di persone in Italia”, ha aggiunto.
Dello stesso avviso il direttore scientifico dell’Humanitas di Milano. “Se ha senso che il green pass venga dato dopo una dose? No se il problema è la variante Delta – ha detto Mantovani al quotidiano torinese – va dato dopo due dosi e ai guariti con una dose”. Per la variante, inoltre, non siamo preparati, secondo Mantovani: “Come Paese siamo in ritardo, perché manca un programma nazionale di sequenziamento delle varianti con studi di funzione per capire se e quanto siano pericolose. Abbiamo un nemico che cambia e non possiamo non conoscerlo“. Di certo non è l’unica variante a preoccupare, e non sarà l’ultima: “È la quarta che ci preoccupa – ha aggiunto quindi l’esperto – ma ce ne sono state tante e altre ne arriveranno. Bisogna prepararsi”. Anche per questo, ha specificato, non dobbiamo “cambiare i nostri doveri”. “Sequenziare, vaccinare tutti e proteggere i 400mila italiani vulnerabili malati di tumore, con insufficienza renale, immunodepressi e con malattie neurodegenerative”.
A prescindere dal green pass, ha specificato inoltre l’immunologo, la vaccinazione non è un “liberi tutti”: “I vaccini sono come la cintura di sicurezza in auto: non è che perché l’abbiamo allora passiamo col rosso o superiamo i limiti. Mascherina e distanza non vanno dimenticati, ma usati quando servono”. E ha continuato: “Due dosi proteggono molto dall’ospedalizzazione: 96% sul campo con i vaccini a Rna e 93% con AstraZeneca. E riducono la trasmissione, anche se non si sa di quanto. Resta un 20-25% di persone che risponde poco alla vaccinazione e può ammalarsi, quasi sempre senza finire in ospedale”.