Nella riunione degli eletti a Montecitorio fioccano i richiami all'unità e ci sono pochi interventi espliciti. L'ex ministra dell'Istruzione: "Conte lo abbiamo scelto noi, due volte". Buffagni agita lo spauracchio: "La nostra nemesi non può finire con Berlusconi al Quirinale perché divisi". C'è chi dà la colpa a entrambi i leader, ma il più duro con l'ex premier è il suo vecchio ministro dello Sport, di solito vicino a Di Maio: "Un conto è guidare un governo, un altro guidare una forza particolare come la nostra"
“Che facciamo ora? Rottamiamo le persone come fa Renzi?”. La parolaccia, il paragone indicibile, alla fine esce dalla bocca dell’ex ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che da Giuseppe Conte fu scelta dopo l’addio di Lorenzo Fioramonti. Nell’assemblea dei deputati del M5s è lei a rappresentare il fronte più avanzato dello schieramento a testuggine dei parlamentari che stanno con l’ex presidente del Consiglio, nel doloroso duello tra il garante e fondatore e il professore che da Palazzo Chigi ha dato nuova linfa al movimento. A Montecitorio il gruppo è spaccato quasi a metà e gli interventi confermano le previsioni. Non è un caso che mentre sulla votazione su Rousseau i vertici del gruppo del Senato abbiano dato il proprio sostegno a Vito Crimi – schierandosi quindi contro Beppe Grillo -, la stessa cosa non sia successa anche con gli stessi organismi della Camera. Davide Crippa, il capogruppo, ci prova: “Ho auspicato fino all’ultimo si trovasse un punto d’incontro – dice – Inoltrerò le richieste emerse in assemblea per essere coinvolti in un processo informativo. Non porterò mai un gruppo parlamentare in una logica di tifoseria”.
Durante la discussione nel gruppo c’è chi, come Azzolina, è apertamente dalla parte dell’ex capo del governo: “Dobbiamo essere coerenti con il lavoro fatto. Conte lo abbiamo scelto noi, due volte. Lo stimavamo e lo stimiamo. Lui ha portato i 209 miliardi in Italia. Nel Conte 2 abbiamo lavorato tutti moltissimo. Penso a Luigi Di Maio e penso tutti gli altri. Che facciamo ora? Rottamiamo le persone come fa Renzi?”. L’ex ministra chiede, come altri, di tirare fuori questa bozza di statuto “per avere consapevolezza e poi decidere”. C’è chi la pensa in modo simile. Riccardo Ricciardi, diventato noto perché in Aula alla Camera fece arrabbiare molto i leghisti quando criticò il sistema sanitario lombardo, fa notare che è difficile andare avanti in un movimento in cui il garante “ha dato del cretino a un presidente del Consiglio che era sostenuto dal suo partito”. Gilda Sportiello, che era al fianco di Conte quando alcune settimane fa veniva presentato il “Patto per Napoli” a sostegno del candidato sindaco Gaetano Manfredi, si lamenta: “Beppe sta sbagliando tutto”, anche perché “ha fatto il suo show in assemblea ma non ci ha ascoltato”.
Ma il fronte dei contiani “espliciti” alla Camera finisce qui. Il trauma è tale che c’è un’ampia fetta di onorevoli che non vorrebbero scegliere nemmeno con una pistola puntata alla testa. Si ripetono i richiami all’unità (Francesco D’Uva, questore della Camera), al rimettere insieme le parti (Federico D’Incà, ministro), al no alle tifoserie (Giovanni Vianello, deputato semplice). La tensione è tale che per quanto possa sembrare sbalorditivo diverse fonti parlamentari all’agenzia LaPresse parlano della speranza di riattivare in qualche modo la trattativa tra garante ed ex premier, sulla scia di un video dai toni più urbani rispetto al post di martedì. Nel frattempo Stefano Buffagni agita lo spauracchio, il totem di tutti gli incubi: “Per una volta chiediamo noi a Beppe e Giuseppe responsabilità. Vediamoci e capiamo come difendere un sogno comune. Qualsiasi cosa si deciderà, dobbiamo garantire che ci sarà agibilità coordinata in vista del Quirinale. La nostra nemesi non può finire con Berlusconi al Quirinale perché divisi”.
Ma è già iniziata la partita a poker, il gioco di sguardi per capire chi bluffa, chi ha già deciso, chi davvero è combattuto, chi ha già scelto da che parte stare e chi vuole già cominciare a convincere gli altri. Per questo Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura e Istruzione, si chiede ad alta voce: “C’era qualcuno che già lavorava a questa scissione da tempo?”.
Buffagni stesso, racconta la cronaca dell’AdnKronos, ricorda alla platea di colleghi che è “stato Beppe a portarci qui dentro”. Alberto Zolezzi – al secondo mandato – alimenta la riflessione: nell’organizzazione del movimento servono pesi e contrappesi, dice, non si può dare tutto il potere in mano a una sola persona. L’ex sottosegretario alla Difesa Angelo Tofalo la prende un po’ più larga, chiede di salvare i valori del M5s e parla del vincolo dei due mandati. Davide Zanichelli dice sia che “Beppe ha fatto la cosa giusta per il motivo sbagliato” sia che “Conte ha fatto un errore dicendo che siamo nel centrosinistra mentre noi siamo post ideologici”.
Ma è l’ex ministro Vincenzo Spadafora – di solito molto vicino alle posizioni di Di Maio – a far risuonare lo spartito di Grillo, tutto intero, quasi nota per nota. E’, in questa riunione, l’anti-Azzolina: il lavoro di Conte, sottolinea, “è stato apprezzato in Italia e all’estero da tutti, in maniera inequivocabile. E penso anche che non sia vero che Conte non abbia visione politica, perché nella sua azione di governo, nel governare, ha dimostrato di averla. Questo è ciò che penso di Conte come uomo di governo. Allo stesso tempo, a differenza di molti colleghi, non vedo sinceramente tutta quella attitudine alla leadership di un movimento anche complesso, come il nostro, nella stessa persona. Sono due mestieri completamente diversi: un conto è fare il presidente di un governo, un altro è fare il leader politico. E soprattutto di una forza particolare come la nostra”. Anche Spadafora, come Grillo, dice che i Cinquestelle si sono rivolti a Conte per la sua popolarità e che i parlamentari a lui vicini lo hanno “mal consigliato” perché “pensano di sostituire lo ‘scudo’ di Conte a quello di Grillo, ma anche sopravvivere loro stessi”. Anche Spadafora, come Grillo, dice che Conte non si è mai visto in 4 mesi, con i parlamentari ha parlato “2 volte in 4 mesi su Zoom”. Anche Spadafora, come Grillo, pensa che la conferenza stampa di Conte sia stato uno sbaglio: “Se è vero che Grillo ha sbagliato nei toni e nei modi ad attaccare Conte, io credo che quella conferenza stampa sia stato un errore ancora peggiore. Poteva venire da noi a spiegare cosa aveva in mente di fare”. “La strada da qui al 2023 è lunga, complicata e non è che la popolarità si trasforma in consensi – conclude l’ex ministro – È mai possibile che l’esperienza del passato, dei vari Monti o Renzi, non abbia insegnato nulla?”. Tradotto: davvero credete che Conte sarà la vostra zattera? La campagna elettorale tra colleghi di partito è cominciata.