Lo studio, coordinato dall'Università di Torino, ha esaminato gli effetti a lungo termine del flupyradifurone, pesticida di nuova generazione che si trova in commercio. L'esperimento, condotto in sette laboratori in Europa e Nord America, ha rivelato che una lunga esposizione può alterare il comportamento delle api e portare ad una morte precoce
Uno studio internazionale coordinato dall’Università di Torino ha valutato gli effetti del flupyradifurone, un pesticida di nuova generazione, considerato “sicuro per le api“. Questo fitofarmaco comprometterebbe non solo la sopravvivenza, ma il comportamento delle api, anche a bassi livelli di contaminazione. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista del gruppo Nature, chiamata Communications Biology, condotto da un team di ricercatori coordinato da Simone Tosi ricercatore del dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, che ha svolto un ampio esperimento internazionale su più sottospecie di api per approfondire gli effetti a breve termine del prodotto e ma anche a lungo termine del flupyradifurone. Ne è emerso che l’incremento dell’uso dei pesticidi ha prodotto il peggioramento dello stato di salute delle api e della biodiversità degli insetti in generale, minacciando l’impollinazione degli ecosistemi naturali e agricoli. “E’ un passo particolarmente importante perché, attualmente, i processi di approvazione dei pesticidi variano da Paese a Paese” ha commentato Simone Tosi.
Nello specifico, i ricercatori internazionali hanno valutato gli effetti del pesticida in questione in sette laboratori sparsi tra l’Europa e il Nord America. Tutti hanno utilizzato lo stesso protocollo: hanno esposto diverse sottospecie di api da miele a diversi livelli di contaminazione. L’effetto evidenziato è che una prolungata esposizione aumenta la mortalità delle api. Ma non solo, secondo lo studio bassi livelli di fitofarmaco sono sufficienti a far crescere il numero di api con comportamenti anomali, come perdita di coordinazione e iperattività. Il flupyradifurone, infatti, è un insetticida neurotossico sistemico, registrato nel 2014 e utilizzato per controllare una varietà di parassiti su più colture, anche quelle in fiore visitate dalle api. Tutti gli studi effettuati prima della messa in commercio del prodotto si sono – però – concentrati sugli effetti potenzialmente letali a breve termine, tralasciando quelli riscontrabili sul lungo periodo.
Gli effetti ambientali di molti dei pesticidi più comunemente impiegati possono dunque essere gravemente sottovalutati. Anche se gli impollinatori non muoiono immediatamente, le conseguenze dell’esposizione possono comunque causare alterazioni che conducono ad una morte precoce. E’ il momento, dunque, di rivedere da questo punto di vista la valutazione delle nuove generazioni di insetticidi che stanno entrando nel mercato, per non ripetere gli errori del passato. Come con i neonicotinoidi, tra i prodotti più utilizzati a livello globale negli anni Novanta, che hanno ricevuto maggiore attenzione soltanto recentemente e che adesso affrontano sfide normative perché dannosi per le api. “Per salvaguardare le api e il nostro ambiente, gli effetti letali e comportamentali a lungo termine dovrebbero essere regolarmente valutati, proprio perché i nostri risultati sollevano preoccupazioni sull’impatto cronico dei pesticidi sulla salute degli impollinatori su scala globale” ha concluso Tosi.