Temperature fuori norma anche in molte zone degli Stati Uniti. La scorsa settimana nella Russia artica si sono raggiunti i 40 gradi. Dati che sostengono i ripetuti allarmi degli esperti che sottolineano in particolare come l'umanità sia molto in ritardo nell'adattamento ad una situazione di cambiamento climatico ormai inevitabile.
49,5 gradi, a fronte di una temperatura media di giugno di 24. Che a Lytton, cittadina a 200 km da Vancouver, stia accadendo qualcosa di mai visto prima è evidente anche ai più scettici. La morsa del caldo sarebbe la causa oltre 200 morti improvvise registrate nella zona in questi giorni. Caso estremo di un’ondata di calore mai vista prima che sta investendo parte del Canada e del Nord Ovest degli Stati Uniti con massime da record anche a Portland o a Seattle, e che in soli due giorni – riferisce la polizia canadese – ha causato 34 vittime. A soffocare sono inoltre Utah, Arizona, Colorado, New Mexico e California dove pure le alte temperature fanno meno notizia. A Verkhoyansk, nella Russia artica, si sono toccati, lo scorso 21 giugno, i 40 gradi.
Mentre si fotografano orsi canadesi che cercano refrigerio nelle piscine delle abitazioni locali, a destare allarme non è tanto la temperatura in sé quanto il fatto che gli abituali parametri vengano sforati per più giorni consecutivi. L’ondata di calore è in corso da tre giorni e potrebbe durare per tutta la settimana. Sintomo che si tratta di qualcosa di più di una insolita e sporadica congiuntura di fattori climatici. Gli esperti parlano di una “cupola termica” di alta pressione. Il climatologo Cliff Mass, parla di una rara combinazione di pressione eccezionalmente alta nell’entroterra e bassa vicino alla costa che ha generato un forte flusso d’aria da est a ovest, contribuendo a spingere l’aria fresca dell’oceano lontano dalla costa. Inoltre, man mano che l’aria calda scorre sopra la catena delle Cascade, diventa ancora più calda mentre discende i pendii occidentali della catena.
Il meteorologo dell’università di Monaco di Baviera Federico Grazzini scrive in un post sulla sua pagina Facebook: “La cosa scioccante, per noi del ramo, è la figura di destra. Mostra che tutti i 50 membri del sistema probabilistico di previsione (curve colorate), pur partendo da stati leggermente diversi, prevedono valori di temperatura superiori a qualsiasi evento accaduto nel mondo virtuale del modello (curva nera). La climatologia del modello, tenendo conto degli eventi passati, copre un periodo equivalente a circa duemila simulazioni di questa settimana dell’anno. Cioè sta succedendo qualcosa neanche molto improbabile, ma del tutto impossibile secondo la climatologia passata. Un nuovo clima, fatto di onde di calore sempre più potenti e anomale.
“Invece di lamentarci per l’estate più calda degli ultimi 50 anni, rallegriamoci che sia la più fresca dei prossimi 50 anni“, scherza amaramente qualcuno. In effetti da tempo i rapporti di mettono in guardia sul fatto che fenomeni come quello che si sta verificando in Canada saranno sempre più frequenti, duraturi e di maggiore ampiezza. Simon Donner, climatologo dell’Università della British Columbia, ha affermato che questa ondata è esattamente ciò che gli scienziati hanno avvertito diventerà sempre più comune, a causa dell’attività umana e delle le emissioni di gas serra: “avremo più eventi come questo e meno estati fresche”. Pochi giorni fa la Nasa ha diffuso uno studio da cui emerge che l’atmosfera terrestre ha immagazzinato una quantità “senza precedenti” di calore, raddoppiata in quasi quindici anni. Questo fenomeno è alla base dell’aumento delle temperature degli oceani, con effetti catastrofici sulla natura. “L’andamento è allarmante”, ha commentato il ricercatore Norman Loeb, che ha diretto gli studi.
Ancora più preoccupante è la bozza del rapporto dell‘Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) che verrà pubblicato nella sua versione finale il prossimo agosto. “Il cambiamento climatico rimodellerà radicalmente la vita sulla Terra nei prossimi decenni, e questo accadrà anche se gli esseri umani riusciranno a domare le emissioni di gas serra” si legge nel documento dove si aggiunge che “le soglie di pericolo sono più vicine di quanto si pensasse e le terribili conseguenze derivanti da decenni di inquinamento sfrenato da carbonio sono inevitabili nel breve termine”. Amarissima la conclusione “Il peggio deve ancora venire, incidendo sulla vita dei nostri figli e dei nostri nipoti molto più della nostra”.
Simon Donner ricorda come “Il cambiamento climatico non sia intrinsecamente una cosa negativa. Il problema è che il clima sta cambiando più velocemente di quanto possiamo adattarci”. Il pianeta e il suo ecosistema sono in grado di adattarsi, noi no, avvisa anche il rapporto Ipcc: “La vita sulla Terra può riprendersi da un drastico cambiamento climatico evolvendosi in nuove specie e creando nuovi ecosistemi. Ma i nostri attuali livelli di adattamento sono inadeguati per rispondere ai futuri rischi climatici”. Le proiezioni di metà secolo – anche in uno scenario ottimistico di 2 gradi centigradi di riscaldamento – segnalano come decine di milioni di persone in più rischiano di dover affrontare la fame cronica e altri 130 milioni potrebbero sperimentare la povertà estrema. Nel 2050 le città costiere in “prima linea” vedranno centinaia di milioni di persone a rischio di alluvioni.