di Stella Saccà

Se a marzo 2020 il travel ban imposto da Donald Trump aveva poco senso, ora è completamente assurdo.

L’Europa ha aperto i suoi confini agli Usa, permettendo così ai turisti americani di godere dell’estate del bel paese: tramonti interrotti dal Colosseo, passeggiate sulle spiagge del sud, gite in barca in Sardegna, baite in Trentino, musei, gelati e Spritz. Niente di tutto questo verrà negato a quegli americani che da oltreoceano agognano una vacanza in Italia e negli altri paese dell’Area Schengen.

Di contro, moltissimi cittadini europei con regolare visto di lavoro, che hanno bambini iscritti a scuole americane, affitti, proprietà, attività commerciali e pagano le tasse negli Usa, dovranno passare per il secondo anno consecutivo un’estate americana.

Il problema per queste persone non è la ‘vacanza americana’ che lascia oggettivamente affamati di stupore occhi italiani ed europei, ma la separazione forzata dalle proprie famiglie.

Secondo questo travel ban, infatti, non si può fare ingresso negli Stati Uniti D’America se nei 15 giorni precedenti si è soggiornato in alcuni determinati paesi. Tra questi c’è tutta l’area Schengen. Da marzo 2020 la lista non è stata praticamente mai aggiornata. Questo vuol dire che turisti e residenti in America possessori di visti non immigranti, prima di poter entrare in territorio americano, devono passare almeno 15 giorni in un paese ‘accettato’.

Naturalmente non tutti hanno le risorse economiche per farlo né se la sentono, visto che molti di questi paesi ‘aperti’ (quali Messico, Aruba, Croazia, Turchia ecc) al momento hanno molti più casi di Covid-19 dei paesi europei che ormai di poco distano dagli Stati Uniti in quanto a vaccinazioni.

Perché dunque l’amministrazione Biden non elimina questa insensata restrizione? Chi può fare qualcosa a riguardo?

Molti cittadini italiani bloccati sia negli Usa che in Italia (persone che erano partite durante la prima ondata e ancora non possono rientrare nelle varie città statunitensi in cui vivono) si sono mobilitati scrivendo a testate giornalistiche internazionali, hanno creato petizioni su piattaforme digitali, scritto al ministro Di Maio, alla Casa Bianca, ai consolati, alle ambasciate. Nulla si è smosso né si hanno notizie certe su probabili date per una riapertura.

Se da una parte si può giustificare, nonostante la grandissima risposta della popolazione americana alla campagna vaccinale, la prudenza del governo americano nei confronti di una riapertura al turismo, dall’altra resta inconcepibile il trattamento riservato ai residenti non immigranti (quindi possessori di visti ma non di Green Card o cittadinanza, che hanno invece sempre consentito libertà di andata e ritorno).

Per aggiungere precarietà a questa situazione ormai insostenibile, a molti di questi cittadini sono nel frattempo scaduti i visti. Le varie ambasciate non rilasciano nuovi appuntamenti quindi anche volendo ricorrere a tutte le proprie forze, economiche e morali, e passare 15 giorni altrove prima di poter tornare a casa in America, non sarebbe abbastanza. Perché per poter rientrare si ha bisogno di un visto valido sul passaporto che al momento è quasi impossibile ottenere.

Ci sono delle eccezioni che riguardano pochissimi visti (ad esempio quello studentesco e quello diplomatico) e poi c’è il NIE, National Interest Exception, che può essere richiesto in ambasciata del proprio paese di origine e viene rilasciato solo nel caso quest’ultima ritenga che la presenza su territorio Usa del cittadino richiedente sia fondamentale. Questo lascia fuori la maggior parte dei residenti e non aiuta nemmeno chi è considerato eligible. Per richiederlo, infatti, bisogna essere su territorio italiano e i tempi di accettazione eventuale e rilascio arrivano fino a due mesi. Non tutti hanno così tante ferie e non tutti possono permettersi di rimanere bloccati in Europa qualora il Nie venisse negato.

Famiglie separate da marzo 2020, nipoti che non hanno mai incontrato i loro nonni, persone che hanno perso famigliari e che non hanno potuto partecipare ai loro funerali, future mamme le cui bumps non verranno mai viste da amici e parenti, neo genitori alle prese con problemi di salute dei loro neonati che non possono farsi raggiungere dai famigliari.

Chi si ricorderà di queste persone, che sono considerate cittadini di serie B sia dal proprio paese di origine che da quello di adozione? No, per questa gente la normalità non è nemmeno ancora all’orizzonte, nonostante i vaccini.

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