I giovanissimi venuti per la prima volta hanno fatto il successo dei Pride 2021 e delle altre manifestazioni precedenti per il ddl Zan. Le tre amiche 14-15 enni che si dichiarano “pansessuali”. I due micro-filippini 16enni che mi rispondono impettiti “facciamo parte della comunità Lgbt“. Il ragazzo nero che “veniamo da Bergamo”. Le tre coppiette etero che “siamo venuti a sostegno”. Le tre 17enni venute con la ragazza del pasticcere ermafrodita.
Sono ancora contento di aver avuto l’idea di interpellare molti gruppetti di ragazzi (nell’ordine: di ragazze, di ragazzi, di ragazz*) al Pride di Milano. Sarà anche una moda, l’arcobaleno, ma profondamente sentita, come lo sono state le manifestazioni dei Fridays For Future e ovviamente con più sentimentalismo, trattandosi di lotta per la dignità di tutti gli amori. Ma giovanissimi in genere sono anche i protagonisti delle aggressioni fisiche e/o verbali omotransfobiche, tanto da farmi persino pensare che sì, certo, c’è differenza tra i giovani – che perlopiù accettano le presenze Lgbt – e i vecchi – che per lo più non le accettano – ma c’è anche o soprattutto una guerra aperta tra i giovanissimi, dove una mascolinità in difficoltà sfocia in maschilismo aggressivo. E’ proprio per questo che occorre la legge Zan. Solo di recente mi sono reso conto di quanto sia necessaria, perché altrimenti la maggior parte delle aggressioni rimane sotto la soglia di punibilità, e comunque non si può procedere d’ufficio.
Esemplare la vicenda del 15enne che sul lungomare di Crotone è stato aggredito da un ragazzo maggiorenne a calci e pugni. Solo una coppia di passanti si è intromessa per difenderlo. La vittima è stata portata in ospedale dove la tac non ha riscontrato gravi traumi fisici. Restano le ferite psicologiche: “Solo ora ho più chiara la situazione – ha raccontato a il Crotonese il padre del ragazzino – Mio figlio da questo ragazzo più grande di lui subiva vessazioni da mesi. Ieri ha trovato il coraggio di farmi sentire dei messaggi vocali in cui dalla stessa persona veniva minacciato, gli ha anche detto che gli avrebbe tagliato la testa con un’ascia. Mi fa soffrire – ha aggiunto l’uomo – la consapevolezza di essere solo con mio figlio. Non mi crea problemi il suo orientamento sessuale, voglio che sia felice, lo rispetto comunque esso sia, ma mi fa paura il contesto culturale in cui viviamo. Non c’è legge che tuteli contro queste mortificazioni e mio figlio ne ha subìte tante. Abbiamo cambiato tre scuole, sempre perché veniva etichettato come una femminuccia, veniva escluso. Questa è la vera sofferenza per un genitore, non il fatto che sia gay. L’ipocrisia fa più male dei pugni che ha preso in faccia. Oltre ai suoi insegnanti non lo difende nessuno!”.
L’aggressore è stato identificato dalla polizia, ma il padre non ha fiducia nella giustizia: “Al momento – ha detto – non ha senso nemmeno denunciarlo perché non esiste una legge che persegua le ingiurie legate all’orientamento sessuale, tutti possono farle e restare impuniti. Chi non vuole la legge Zan forse è perché ritiene giusto che si continui a legittimare simili cose. Bisogna essere toccati da vicino per capire il dolore che generano. Cosa resta da fare ad un padre come me allora? Farsi giustizia da soli?” (dall’Ansa).
L’altra cosa di cui mi sono reso conto fino in fondo solo di recente è la questione della identità di genere. Probabilmente vale anche per chi non si definisce, non si sente “transgender”, ma viene attaccato e offeso perché effeminato se maschio o mascolino se femmina. Come accade nella maggior parte dei casi. Se passasse una legge che considera di difendere l’orientamento sessuale e non l’identità di genere, già mi immagino l’avvocato difensore degli aggressori che si aggrappa alla distinzione. Ma soprattutto il dibattito sta facendo emergere la più o meno inconscia transfobia, molto più diffusa dell’omofobia, e la irriducibile e radicale necessità di autodeterminazione da parte di chi si sente in vario modo trans. Prima o poi arriverà anche in Italia il momento in cui si discuterà di una legge che avvicini la autodeterminazione di genere come in Spagna. La legge Zan non è questo. Per ora si tratta di garantire alla parte più esposta (e aggredita) dei mondi Lgbt la necessaria difesa.
Per questo lascio la parola al video in cui parlo con Rachele (all’anagrafe Lorenzo), una 17enne che parla come una promotrice nata e che ho avuto la fortuna di conoscere al Pride di Milano.