La predominanza del trasporto merci su strada ha una storia lunga nel nostro paese, e con il Covid lo squilibrio tra l’uso della ferrovia e dei Tir a favore di questi ultimi si è ulteriormente accentuato.
I consumi sono stati assicurati, i servizi essenziali anche, ma sullo sfondo rimane il problema di sempre. È così che su una rete autostradale e stradale già di per se stessa insicura (ponti, viadotti, gallerie, manto stradale e segnaletica) e sotto gli standard di sicurezza, a un elevato traffico automobilistico si aggiunge quello, crescente, delle merci.
Inoltre, la quasi totalità dei trasporti eccezionali e pericolosi (gas, benzina ecc.) avviene anch’esso su strada: dopo il disastro di Viareggio le FS hanno di fatto abbandonato il trasporto pericoloso sui treni, inondando ancora di più le strade di autocisterne che sono delle e proprie bombe viaggianti.
Il gravissimo incidente di Piacenza della scorsa settimana dove ha perso la vita un camionista ed è scoppiata la cisterna di gas che trasportava ripropone il tema della sicurezza del settore dei trasporti merci, tanto in viaggio a terra, nei terminal intermodali e nei magazzini logistici, dove le regole contrattuali e il rispetto delle norme di sicurezza sono spesso disattese.
I trasporti su gomma fanno la parte del leone, con una quota di quasi il 90% delle merci di tutti i tipi trasportate. In media circolano ogni giorno sulle strade e autostrade italiane 6,4 milioni di Tir, e molti di questi viaggiano senza rispettare il codice della strada: eccesso di velocità, sovraccarichi (con ridotta capacità frenante e stabilità precaria), eccesso dei tempi di guida dei camionisti, manutenzione precaria e copertura assicurativa limitata.
In base ai dati dell’Associazione dei costruttori europei di automobili si scopre poi che il parco di veicoli commerciali medi e pesanti, che complessivamente in Europa ammonta a 6,2 milioni di mezzi e raggiunge un’età media di 13 anni, in Italia tocca i 14,3 anni. Ben oltre quella di Austria (6,4), Francia (9,3), Germania (9,5), Olanda (9,6), Lussemburgo (6,7), anche se al di sotto di Grecia (21,2) – che è prima in classifica in termini di anzianità veicolare – Belgio (15,8), Repubblica Ceca (17,2) e Spagna (14,7). Solo il 4,2% dei camion italiani è dotato dei più avanzati sistemi di sicurezza, obbligatori dal 2015: tra cui quello per la frenata d’emergenza (Aebs) e il dispositivo che avvisa quando si devia dalla corsia di marcia (Ldw).
L’invecchiamento non riguarda solo i mezzi, ma anche i guidatori: solo il 18% di chi guida un camion pesante in Italia ha meno di 40 anni, e secondo dati Infocamere nel nostro paese ci sono più di 500 ultranovantenni a capo di una ditta individuale che fa trasporto di merci su strada. Il 66% dei padroncini ha più di 50 anni, e nel settore il ricambio generazionale risulta difficile: più dell’85% degli imprenditori ha detto che i propri figli non vogliono fare il loro lavoro. Secondo alcune stime, poi, in Italia mancherebbero circa 15.000 autisti di camion, un gap colmato solo in parte dalla forza lavoro proveniente dall’Europa dell’Est o il Nord Africa.
Tutto questo rende quello del trasporto su gomma un sistema a rischio, che aumenta la congestione, gli incidenti e l’inquinamento sulle nostre strade. Sono inadeguati i controlli nei caselli delle autostrade (anzi, con l’avvento del Telepass non c’è più nessun controllo), che consentono l’ingresso di mezzi con trasporti pericolosi, nocivi o esplosivi su arterie ad alta velocità. Così non si può continuare. Vanno applicate le regole e imposto un maggior rispetto dei limiti di velocità.
La fine che ha fatto l’intermodalità, la sbandierata parola magica che dovrebbe assicurare un trasporto integrato ed equilibrato del trasporto merci italiano, è davanti agli occhi di tutti. Il sistema andrebbe riequilibrato verso l’uso della più sicura e meno inquinante ferrovia, che da troppi anni è troppo costosa e mal gestita fino al punto di spingere sulla gomma anche carichi a basso valore aggiunto e non bisognosi di bassi tempi di trasporti.
Ad oggi le Ferrovie coprono una scarsa quota di traffico merci visto che i treni merci non possono essere inoltrati sulla rete ad alta velocità. L’unico dato in controtendenza è l’ingresso sulla scena di nuove compagnie ferroviarie private, che nonostante le notevoli criticità della rete storica hanno intercettato le quote di mercato del trasporto merci perse dalle FS, evitando così l’irrilevanza totale al trasporto merci su ferro.