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Il Green pass e la lacunosa traduzione in italiano della legge: chi non vuole vaccinarsi non è citato

Diceva Andreotti che a pensar male si fa peccato, ma sovente si indovina. L’adagio dello storico leader democristiano parrebbe calzare a pennello per la questione del Regolamento europeo nr. 953 del 2021, istitutivo della cosiddetta Carta verde per viaggiare indisturbati in Europa. Per meglio dire, si adatta alla traduzione italiana dell’articolo 36 del testo comunitario quale risultante dal sito ufficiale dell’Unione europea. Laddove si legge che va evitata ogni discriminazione diretta o indiretta delle persone che non sono vaccinate. Per esempio, non vaccinate “perché non rientrano nel gruppo di destinatari per cui il vaccino anti Covid-19 è attualmente somministrato o consentito, come i bambini, o perché non hanno ancora avuto l’opportunità di essere vaccinate”.

Com’è possibile notare di prim’acchito, nel virgolettato manca all’appello – accanto alla categoria di quelli che il vaccino “non possono” farlo – un altro gruppo non piccolo di soggetti: e cioè quelli che il vaccino anti-Covid “non vogliono” farlo. Come bisogna comportarsi con costoro? Possono essere discriminati, a differenza degli altri? Dalla traduzione italiana del testo parrebbe di sì. Sennonché, tale traduzione è incompleta perché l’articolo 36, nella sua redazione originale, riguarda (cioè tutela dalle discriminazioni) anche chi “ha scelto” di non vaccinarsi. E un tanto si desume dalla versione in francese, da quella in spagnolo e da quella in tutte le altre lingue degli Stati dell’Unione, Italia a parte.

E allora come la mettiamo? Se seguissimo il consiglio del Divo Giulio, dovremmo pensare che lo si è fatto apposta, ma ovviamente (logicamente) non è così. Siamo di fronte a una mera distrazione a cui, mentre scriviamo, qualcuno avrà già posto rimedio. Anche perché ciò che conta è il documento ufficiale originario redatto in inglese che non lascia adito a dubbi. E tuttavia certi lapsus calami, pur se omissivi, a volte hanno un retrogusto freudiano meritevole di indagine.

Nel nostro caso, nessuno ha dolosamente inteso censurare una parte sgradita dell’articolo 36. Ma siamo altrettanto convinti che questa innocente sbadataggine abbia in qualche modo intercettato la convinzione latente di una larga fetta di cittadinanza e di una ancora più ampia porzione del cosiddetto sistema mediatico generalista. Altrimenti detto, ci sembra plausibile la seguente ipotesi: se la norma citata avesse davvero evitato di includere, nel novero dei soggetti da non discriminare, i “volontariamente” riottosi alla vaccinazione, molti italiani non avrebbero avuto alcunché da obbiettare. Il che suonerebbe paradossale: in un periodo di lotta senza quartiere alle discriminazioni, avremmo creato per legge una figura meritevole di discriminazione, se non di pubblico ludibrio: chi si rifiuta di accedere al salvifico siero.

Ora, la domanda da porsi è: sarebbe ammissibile, sul piano giuridico, una “edizione” dell’articolo 36 del Regolamento nr. 953 del 2021 in salsa “tricolore”? E cioè concepita e scritta nella forma “emendata” di cui alla traduzione italiana del medesimo? La risposta non può che essere negativa. Argomentare diversamente, infatti, significherebbe violare, in un sol colpo, almeno tre punti fermi della nostra Carta fondamentale: dall’articolo 3 sull’uguaglianza all’articolo 13 sulla libertà personale all’articolo 16 sulla libertà di circolazione. Il che non significa, si badi bene, che in astratto una compressione di tali libertà non sia possibile. Ma vi si dovrebbe procedere attraverso una legge ordinaria dello Stato e solo per le ragioni di sanità o di sicurezza tassativamente previste dalla stessa Costituzione.

Può seriamente affermarsi che tali ragioni ricorrano nella fattispecie? Ne dubitiamo, di fronte alla natura intrinseca dell’attuale vaccino così come pregevolmente sintetizzata e chiarita non da un pasdaran no-vax, ma dal suo esatto contrario. Ci riferiamo a uno dei più gettonati, e accreditati, virologi su piazza; quel dottor Andrea Crisanti il quale, non più tardi di qualche giorno fa, ospite di Tagadà, su LA7 (non precisamente un covo di complottisti) ha dichiarato: “Non saremmo dovuti arrivare a questo punto. Ai cittadini non è stata detta la verità. Non è stato detto che questi sono vaccini utilizzati in via emergenziale sulla base di dati preliminari”. E, ancora: “Bisognava dirlo, bisognava avere il coraggio di dirlo”.

Un’ammissione che rende vieppiù illogica, oltre che antigiuridica sul piano costituzionale, la norma del Regolamento UE da cui siamo partiti così come tradotta con sciatteria nel nostro idioma. Da un lato, dunque, dobbiamo doverosamente astenerci dal pensar male (rispetto ai motivi di tale lacunosa traduzione), se non altro per non commettere peccato. Da un altro lato, se vogliamo pensar “bene” (cioè in modo “diritto”) dobbiamo altrettanto doverosamente riconoscere che una eventuale discriminazione dei cittadini “volontariamente” astenutisi dalla puntura sarebbe irricevibile secondo scienza, coscienza e buon senso.

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