In questa pazza estate con 50 gradi in Canada, l’altro giorno dal cielo sono caduti ancora 5 cm di neve sul ghiacciaio della val Senales, dove si pratica lo sci estivo. Sono alle prese con le bizze del clima (in un giorno di fine giugno a Bolzano si può passare dai solari trenta gradi con afa ai tempestosi 17 con pioggia a dirotto) anche i tanti turisti, per ora soprattutto di lingua tedesca, che hanno già ricominciato a frequentare l’Alto Adige. E trovano anche la luce del territorio quasi altrettanto cangiante: il sistema Sudtirolo, con il suo singolare impasto di oligarchia e imprenditorialità familiare diffusa, ha approfittato dei lunghi periodi di lockdown per costruire e ristrutturare impianti di risalita per lo sci, terrazze panoramiche (c’è una nuova persino sul Grunwald a 3mila e duecento metri), punti di ristoro e alberghi.

Ma non è tutto distrut-turismo kolossal, o gigantismo insensato. Terra di contraddizioni come poche, riesce a far convivere meravigliose giornate di chiusura delle strade in favore delle manifestazioni ciclistiche (Bike-days, SellaRonda, Maratona dles Dolomites) con un’arrendevolezza vergognosa nei confronti dei motociclisti di mezza Europa e persino delle comitive di auto fuoriserie.

Allo stesso modo in Alto Adige si accetta di vedere al lavoro ‘ruspa selvaggia’ per le piste da sci tanto quanto i mini-cantieri dove si fanno valorizzazioni da catalogo di architettura dei vecchi luoghi della civiltà che fu, e resta ancora, agro-silvestre pastorale. Capita di trovare negli angoli più spettacolari e remoti di valli magari meno battute, come l’area di Tires-Tiers ai piedi del Catinaccio-Rosengarten, un fienile trasformato in albergo stellato con centro benessere, come il Gfell. Appollaiata alla fine una stradina che solo da un punto di vista amministrativo fa parte del comune di Fié allo Sciliar, ma è proprio sopra il centro storico di Tires, questa struttura gemella di un noto ristorante Bellavista, gode della vicinanza di due importanti masi con mucche e cavalli liberi al pascolo.

Tra l’altro anche questa storia di successo è una sorta di paradossale esito della legge altoatesina che riservava al primogenito il diritto di ereditare la casa e le terre circostanti, dovendo solo liquidare con denaro o piccole proprietà di contorno gli altri eredi (a fondare il ristorante è stato il fratello minore dell’erede del maso limitrofo). Non è che in questa piccola e davvero spettacolare valle manchino le strutture alberghiere di charme, anzi: in paese c’è il gioiello dell’hotel Vajolet, e poco prima del passo Nigra e dell’accesso al Costalunga-Carezza si fa notare uno dei resort cinquestelle più d’impatto, il Cyprianerhof. Due o tre curve dopo, ecco al lavoro le immancabili ruspe e gru per fare una nuova ovovia per gli sciatori.

Per ora, oltre la quiete e un paesaggio non eccessivamente antropizzato, in val di Tires resiste anche una certa offerta d’ospitalità a più ampio spettro, dagli agriturismi ai garnì, caratterista che fa parte dell’impasto originale del successo turistico del Sudtirolo.

Ecco, questa più ricca e più nordica provincia autonoma ha tanto da insegnare all’Italia, soprattutto sotto il profilo dell’operosità e dell’imprenditorialità, ma deve fare ancora più seriamente i conti con un modello di sviluppo da ripensare: l’obiettivo di una maggiore sensibilità alla conservazione dell’ecosistema passa anche attraverso il mantenimento di uno spettro sociale più ampio possibile di turisti e fruitori del territorio, che in montagna vuol dire anche tanti ‘backpakers’, che si portano lo zaino in spalla e non le fuoriserie rombanti sui passi.

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