Zonaeuro

In Italia con Draghi (che vuole al Colle), in Ue i patti con Orban: la doppia linea di Salvini. Letta: “Non si possono fare entrambe le cose”

Nell'arco di poche ore, il leader leghista è passato dallo sponsorizzare l'attuale premier, e convinto europeista, per il Quirinale all'annunciare il sostegno alla Carta dei valori europei, secondo la quale l'Ue è "uno strumento di forze radicali che vorrebbero realizzare una trasformazione culturale e religiosa per arrivare alla costruzione di un’Europa senza Nazioni"

Matteo Salvini in Europa si trova tra due fuochi e cerca una posizione di equilibrio che lo costringe a dichiarazioni altalenanti, se non contrastanti, tra la necessità di sostenere il governo di cui fa parte, guidato dal convinto europeista ed ex presidente della Bce, Mario Draghi, e allo stesso tempo cercare di rimanere una figura di spicco dei sovranisti europei, ruolo che il leader del Carroccio si è guadagnato in anni di invettive contro Bruxelles, richieste di uscire dall’Unione e dall’euro e, più recentemente, denunciando la “dittatura del pensiero unico” tra i palazzi europei. Oggi, a distanza di poche ore, è passato dal candidare Draghi come prossimo presidente della Repubblica al firmare, insieme a Fratelli d’Italia e a tutti gli altri partiti sovranisti europei, dal Fidesz di Viktor Orbán al Rassemblement National di Marine Le Pen, la Carta dei valori europei, un documento con cui questi partiti si scagliano contro le istituzioni di Bruxelles arrivando a definirle “uno strumento di forze radicali che vorrebbero realizzare una trasformazione culturale e religiosa per arrivare alla costruzione di un’Europa senza Nazioni“. Un’incongruenza sottolineata anche dal segretario del Pd, nonché alleato di governo, Enrico Letta, che su Twitter ha sottolineato che “non si può stare allo stesso tempo con l’europeismo e con Orban. Non si può essere sostenitori insieme di Draghi e di Orban. Semplicemente, non si può”.

In mattinata, parlando all’evento Alis a Sorrento, il leader leghista ha risposto alla domanda di un giornalista, che gli ha chiesto del futuro dell’attuale presidente del Consiglio, dicendo: “Penso che l’Italia abbia trovato in Mario Draghi una risorsa eccezionale per il Paese. Se a gennaio dovesse dirsi disponibile” ad andare al Quirinale “lo sosterrei”. Un vero e proprio endorsement che potrebbe far pensare a uno spostamento del Carroccio dalle posizioni oltranziste nei confronti dell’Europa verso altre meno rigide, magari soltanto critiche.

Se non fosse, però, per l’annuncio arrivato poche ore dopo. La Lega è infatti tra i partiti in Ue che hanno sottoscritto la Carta dei valori europei, insieme a tutti quelli iscritti ai gruppi nazionalisti di Identità e democrazia (Id) e dei Conservatori (Ecr) al Parlamento europeo, ai quali si aggiunge il Fidesz di Orbán da poco uscito dalla famiglia del Partito popolare europeo (Ppe). Un documento nato proprio in seguito al vertice di Budapest organizzato lo scorso aprile con Matteo Salvini, Viktor Orbán e Mateusz Morawiecki, durante il quale il leader della Lega e i due primi ministri di Ungheria e Polonia parlarono della “inefficienza delle élite europee” di fronte alla pandemia, aggiungendo che il gruppo chiede “più Europa in materia di Difesa, di difesa dei confini e delle vite. Il problema non è redistribuire i problemi di qualche Paese – aveva dichiarato Salvini in riferimento al tema migranti, sul quale l’Italia è in netto contrasto con Budapest e Varsavia –, ma creare una forza europea che difenda i confini dell’Europa”.

Un documento, quello redatto e siglato dalle forze sovraniste europee, tra le quali se ne trovano alcune che addirittura fanno approvare leggi contrarie ai diritti Lgbtqi, come il partito di Orban, o apertamente antiabortiste come il PiS in Polonia, senza dimenticare quelle neofasciste come VoX in Spagna. A firmarlo sono stati infatti la Lega, Rassemblement National (il partito di Marine Le Pen, Francia), FPÖ (Austria), Vlaams Belang (Belgio), DPP (Danimarca), Ekre (Estonia), PS (Finlandia), PiS (Polonia), VoX (Spagna), Fratelli d’Italia (Italia), JA21 (Paesi Bassi), EL (Grecia), PNT-CD (Romania), LLRA-KSS (Lituania), VMRO (Bulgaria) e Fidesz (Ungheria).

Resta da capire cosa ci sia in comune tra le posizioni del premier Draghi, così decisamente sponsorizzato da Salvini, e il testo del documento che lo stesso leader leghista ha sposato: “La cooperazione delle Nazioni europee dovrebbe essere basata sulle tradizioni, il rispetto della cultura e della storia degli Stati europei, sul rispetto dell’eredità giudaico-cristiana dell’Europa e sui valori comuni che uniscono le nostre Nazioni e non puntando alla loro distruzione – si legge – Riaffermiamo la nostra convinzione che la famiglia è l’unità fondamentale delle nostre Nazioni. La politica a favore della famiglia dovrebbe essere la risposta rispetto all’immigrazione di massa”. E poi si torna ad attaccare le istituzioni europee con toni complottistici: “L’uso delle strutture politiche e delle leggi per creare un superstato europeo e nuove forme di struttura sociale è una manifestazione della pericolosa e invasiva ingegneria sociale del passato, situazione che deve indurre ad una legittima resistenza. L’iperattivismo moralista che abbiamo visto negli ultimi anni nelle istituzioni dell’Ue ha portato allo sviluppo di una pericolosa tendenza ad imporre un monopolio ideologico“.

Frasi di ben altro tono rispetto anche a quelle pronunciate dallo stesso Salvini in un’intervista pubblicata oggi dal Financial Times, nella quale ammette che “è chiaro che l’Europa sta cambiando in meglio dotandosi di nuovi strumenti e nuove regole, e noi dobbiamo accompagnarla”. La risposta la offre lui stesso quando risponde alla domanda del giornalista che gli chiede perché in Italia venga descritto come un politico di centro-destra, mentre al di fuori dei confini sia considerato di estrema destra: “È un’etichetta errata perché gli italiani non sono un popolo di estremisti, tanto meno di razzisti. Governiamo gran parte del Paese e non voterebbero per noi se fossimo estremisti. C’è molta pigrizia da parte della stampa estera, perché sul fronte economico siamo assolutamente liberali”, ha detto.