E' iniziata una guerra di marchi, ovvero il tentativo di mettersi sulla scia dell'italiano prosecco, per sfruttarne nomea e diffusione internazionale. Zaia: "Difenderemo in tutte le sedi il nostro marchio". Il consorzio di tutela: "Questa richiesta è in grado di minare alla radice tutto l'impianto delle Indicazioni Geografiche europee"
Toccate tutto, al Veneto, ma non il prosecco. Il vino con le bollicine che ha fatto ricca la provincia di Treviso e che sui mercati mondiali ha perfino insidiato lo champagne, adesso deve fare i conti con un’offensiva lanciata dalla Croazia. Il paese adriatico ha chiesto il riconoscimento del Prosek, il cui nome dice tutto: è iniziata una guerra di marchi, ovvero il tentativo di mettersi sulla scia dell’italiano prosecco, per sfruttarne nomea e diffusione internazionale.
La richiesta della Croazia è diretta all’Unione Europea, per ottenere il riconoscimento della menzione tradizionale Prosek. La sola notizia ha fatto andare su tutte le furie il governatore Luca Zaia, che è nato vicino a Conegliano, nelle terre del Prosecco, e che per le colline è riuscito a ottenere dall’Unesco il riconoscimento di patrimonio ambientale dell’umanità. In realtà la zona del prosecco copre cinque province del Veneto (Treviso, Venezia, Vicenza, Padova, Belluno) e quattro del Friuli Venezia Giulia (Gorizia, Pordenone, Trieste e Udine. “Ogni tanto ci riprovano. – ha dichiarato Zaia – Si tratta di un vecchio tormentone. Ma il Prosecco ha una sua identità che non può essere assolutamente confusa. È scandaloso che l’Europa consenta di dare corso a simili procedure: non si tratta soltanto di scongiurare la confusione sui mercati, ma di salvaguardare un diritto identitario. Difenderemo in tutte le sedi il nostro Prosecco”.
Attorno all’identità Zaia ha costruito molte delle sue campagne politiche. E quindi ha invitato a mettere giù le mani dal prosecco. Non è solo una questione identitaria, ma soprattutto economica, visto il giro d’affari che ruota attorno a questo vino. In realtà i pretendenti al trono del prosecco sono molti. Ci sono anche l’Australia, la Nuova Zelanda e il Cile. La prima volta la Croazia ci provò già nel 2013 con l’avvio delle procedure per abbinare il Prosek alla denominazione di un bianco locale. Ma allora da Bruxelles venne uno stop, proprio perchè il nome evocava in modo troppo diretto il vino italiano.
L’europarlamentare Paolo De Castro, ex ministro dell’agricoltura, eletto con il Pd, che fa parte del gruppo socialisti e democratici europei, ha inviato una lettera al Commissario all’agricoltura, Janusz Wojciechowski: “Di fronte alla richiesta di tutela di una menzione, Prosek, che altro non è se non la traduzione in lingua slovena del nome Prosecco, bisogna ricordare che il regolamento Ue sull’Organizzazione comune dei mercati agricoli stabilisce che le denominazioni di origine e indicazioni geografiche protette devono essere tutelate da ogni abuso, imitazione o evocazione, anche quando il nome protetto viene tradotto in un’altra lingua. Senza contare che, al momento della sua adesione all’Ue, la Croazia non aveva chiesto la protezione della denominazione Prosek consapevole del fatto che fosse in conflitto con la tutela riservata al nostro Prosecco”.
Da parte italiana è arrivata, quindi, alla Ue, la richiesta di non pubblicare nemmeno la richiesta croata nella Gazzetta Ufficiale: “Un’approvazione da parte della Commissione di questa richiesta, che dovrà comunque superare in seconda battuta anche lo scrutinio degli Stati membri, – aggiunge l’europarlamentare – potrebbe far passare il messaggio pericoloso che la protezione di Dop (denominazione di origine protetta, ndr) e Igp (Indicazione geografica protetta, ndr) nell’Ue possa essere facilmente aggirata tramite altri schemi, come le menzioni tradizionali, e indebolire la posizione dell’Ue nel quadro di negoziati in corso con Australia, Nuova Zelanda e Cile, che già si oppongono alla protezione completa del prosecco”.
Stefano Zanette, presidente del Consorzio di tutela del Prosecco Doc, dichiara: “Speravamo che la Commissione valutasse in autonomia come irricevibile la provocazione croata. Non tanto perché palesemente evocativa della nostra denominazione di origine, ma perché in grado di minare alla radice tutto l’impianto delle Indicazioni Geografiche europee. Per questo motivo abbiamo ricevuto il sostegno e l’impegno a portare avanti una battaglia, in merito, da parte delle più importanti Denominazioni di Origine a livello internazionale”.
Sul tema è intervenuta anche la Coldiretti ricordando che “il successo del Prosecco ingolosisce i falsari con imitazioni diffuse in tutti i continenti, dal Meer-secco al Kressecco, dal Semisecco al Consecco, dal Whitesecco al Crisecco. Il falso Made in Italy alimentare vale 100 miliardi nel mondo dove 2 prodotti su tre che richiamano all’Italia non hanno in realtà nulla a che vedere con il tessuto produttivo ed occupazionale nazionale”. Nel passato c’è il precedente del Tocai, il vino bianco friulano, sul cui riconoscimento fu ingaggiata una battaglia con l’Ungheria. L’Italia la perse perchè il Tokaij ungherese era anche un luogo geografico, e quindi ottenne la protezione delle norme comunitarie. Per questo l’area del Prosecco è stata estesa dal Veneto al Friuli, fino a ricomprendere il paesino di Prosecco, sul Carso triestino. In questo modo coincidono denominazione e luogo geografico. Basterà per rintuzzare le richieste della Croazia?