Giustizia & Impunità

Strage di Bologna, nel processo a Paolo Bellini il generale Mori sceglie di non rispondere. “Sono un indagato in servizio permanente”

A Mori è stata riconosciuta la qualifica di testimone assistito - che quindi può avvalersi della facoltà, a differenza dei testimoni ordinari - perché indagato in un procedimento connesso, quello per falsa testimonianza in seguito alla sua deposizione nel processo che ha visto la condanna all’ergastolo, in primo grado, dell’ex Nar Gilberto Cavallini

“Sono stato un ufficiale in servizio permanente per tanti anni, ma da vent’anni sono anche un indagato in servizio permanente, quindi non intendo rispondere“. Sono le uniche parole pronunciate in aula a Bologna dal generale dei Carabinieri Mario Mori, già comandante del Ros e direttore del Sisde, chiamato a deporre nell’ambito del nuovo processo per la strage del 2 agosto 1980 in cui è principale imputato Paolo Bellini, ex membro dell’organizzazione neofascista Avanguardia Nazionale. A Mori è stata riconosciuta la qualifica di testimone assistito – che quindi può avvalersi della facoltà di non rispondere, a differenza dei testimoni ordinari – perché indagato in un procedimento connesso, quello per falsa testimonianza in seguito alla sua deposizione nel processo che ha visto la condanna all’ergastolo, in primo grado, dell’ex Nar Gilberto Cavallini. Inoltre, il suo avvocato ha ricordato che Mori è imputato a Palermo nel processo sulla trattativa Stato-mafia (in cui è stato condannato in primo grado a 12 anni), “nel quale sono stati affrontati temi oggetto delle citazioni di parte civile riguardanti questo procedimento”.

Situazione analoga per l’ex compagna di Cavallini, Flavia Sbrojavacca, che aveva già testimoniato nel processo a carico dell’ex Nar e per quella deposizione è stata indagata per falsa testimonianza: anche lei si è avvalsa della facoltà di non rispondere. Sono stati ascoltati come testimoni, invece, Antonio Russo, dirigente della Squadra mobile di Reggio Emilia nel 1986, e Caroline Whitby-James, che all’inizio degli anni ’80 fu per un certo periodo la compagna di Sergio Vaccari, l’antiquario che a Londra forniva rifugio ai neofascisti italiani in fuga. Vaccari fu assassinato nel settembre 1982, pochi mesi dopo l’omicidio del banchiere Roberto Calvi, e secondo alcune testimonianze sarebbe stato l’ultimo a vedere vivo il presidente del Banco Ambrosiano. Whitby-James ha confermato quanto già raccontato alla Dia di Firenze nel 2004, ovvero che l’editore Bill Hopkins, che faceva stampare i volantini di Terza Posizione (altro movimento eversivo neofascista), le disse che la morte di Vaccari era un mistero ed era collegata a quella di Calvi. Saltata, invece, la testimonianza odierna del faccendiere Flavio Carboni, condannato per il crac del Banco Ambrosiano, che è risultato irreperibile.