A giugno 2020, a cinque mesi dalle presidenziali, Donald Trump aveva deciso dopo 17 anni di inattività che il boia federale tornasse a uccidere. Ma ora, come promesso in campagna elettorale, Joe Biden sospende la prassi reintrodotta del suo predecessore. La moratoria è stata annunciata dal ministro della Giustizia Merrick Gardland, in attesa di una revisione complessiva per affrontare una “serie di preoccupazioni” legate al ritorno del boia nelle carceri federali.
La moratoria era scattata nel 2003, sotto l’amministrazione di George W.Bush. Da allora nessun detenuto nel braccio della morte delle prigioni federali era stato più sottoposto all’iniezione letale. Si tratta di detenuti condannati da una corte federale per i reati più gravi: tradimento, spionaggio, omicidi plurimi e particolarmente efferati, come l’assassinio di bambini. Attualmente sono circa 60 i detenuti nel braccio della morte delle prigioni federali, la maggior parte in cella nel Federal Correction Complex di Terre Haute, in Indiana. Tra loro i nomi più illustri sono quello dell’attentatore della maratona di Boston Dzhokhar Tsarnaev e il suprematista bianco della strage di Charleston Dylann Roof.
Decisivo per il via libera al boia federale il blocco conservatore dei giudici costituzionali, mentre le due giudici liberal Ruth Ginsburg e Sonia Sotomayor erano favorevoli a prendere in considerazione il caso. Il ritorno delle esecuzioni capitali federali è stata una grave sconfitta per le associazioni che da sempre in America si battono contro la pena capitale, e di una svolta in controtendenza con l’orientamento da tempo in atto nel Paese, con un numero crescente di stati che ha ormai accantonato il ricorso alla pena di morte.