Società

Ecosofia, come fondare una nuova cultura di vita a partire dalla giustizia intergenerazionale

di Vera Risi*

Anche oggi parliamo di riscrittura dell’immaginario contemporaneo, che è la mission del movimento culturale ReWriters, ben impressa nel suo manifesto.

Partiamo da un fatto ineluttabile: la necessità di riscrivere il rapporto dell’essere umano con l’ambiente circostante. E per riscriverlo ci occorrono parole nuove. Le parole sono indispensabili infatti, non solo per capire il passato, ma anche per leggere il presente e tracciare la strada verso il futuro. E uno che di parole nuove ne capiva, è Arne Naess, filosofo che per primo ha usato il termine ecosofia per identificare la consapevolezza dell’Ambiente.

E’ appena uscita una raccolta di suoi saggi sul tema dell’ecologia profonda e del rapporto tra umani e tutte le altre creature viventi (“Siamo l’aria che respiriamo – Saggi di ecologia profonda”, di Arne Naess). Ma per cominciare ad usare parole nuove dobbiamo capire cosa hanno di sbagliato quelle vecchie, o per meglio dire, perché non funzionano più. Allora partiamo da una parola ben nota a tutti: il Rinascimento.

Che cosa è stato? E’ stato il tempo del rinnovamento dell’essere umano che, in modo definitivo, acquisisce una nuova consapevolezza dei suoi mezzi e della sua potenza, e rinasce da se stesso per impostare un nuovo rapporto con il reale e con lo spirituale, con la natura e con Dio. Nel Rinascimento, l’essere umano intuisce infatti per la prima volta, grazie alla nascita della scienza moderna e alla fioritura artistica e letteraria, di poter dominare la natura, quella natura che fino a tutto il Medioevo lo aveva intimorito perché gli era sempre apparsa misteriosa, vendicativa, incostante. Dunque se nel Medioevo la società era stata teocentrica, improntata intorno alla centralità di Dio, e l’essere umano subiva l’immensità di una natura misteriosa a cui si sottometteva, nel Rinascimento egli prende il controllo di se stesso e della natura circostante, lasciandosi alle spalle ogni tipo di paura.

E’ il tempo delle grandi esplorazioni marittime, della scoperta dei nuovi continenti, della nascita della scienza moderna, in cui l’essere umano trova il coraggio di affrontare l’incognito e di esplorarne l’arcano mistero. Da dominato, si trasforma in dominatore, e comincia a plasmare la natura secondo il suo gusto: nascono i giardini all’italiana, con le siepi tagliate in forme geometriche per dimostrare che la natura può essere piegata, curvata, modellata secondo l’estro e il gusto personale, nasce la moda delle grotte artificiali, create con pietre di calcare o altri manufatti per simulare gli anfratti naturali. L’essere umano si eleva non solo a manipolatore della natura, ma addirittura a creatore stesso, realizzando con artifici artistici luoghi dall’aspetto naturale. L’essere umano si sostituisce a Dio nell’atto del creare. E’ la massima espressione dell’antropocentrismo, idea secondo la quale l’essere umano è misura di tutte le cose, è artefice della sua sorte ed è superiore al resto del mondo animale. Dal Rinascimento in poi, fino ai giorni nostri, questa idea antropocentrica non ha fatto che rafforzarsi, amplificarsi, grazie soprattutto alla tecnologia, portando l’essere umano a diventare a tutti gli effetti dominatore incontrastato del pianeta Terra. La visione antropocentrica è infatti indissolubilmente legata allo sviluppo tecnologico, e per questo tipica delle civiltà euroasiatiche.

Oggi però questa visione non può più essere condivisa. Occorre spostare l’angolo di osservazione e guardare la posizione dell’essere umano sul pianeta da un altro punto di vista. E’ quello che i riscrittori del movimento Rewriters cercano di fare, non credendo più alla centralità privilegiata dell’essere umano rispetto al mondo naturale, ma abbandonando così l’idea di antropocentrismo per abbracciare quella di ecocentrismo. Prima tra tutti la fondatrice, Eugenia Romanelli, che con la psicologa e psicoterapeuta cognitivo-evoluzionista Giusy mantione, ha pubblicato un libro proprio sulla visione ecologica: “Il corpo della terra, la relazione negata. Da una visione egocentrica a una visione ecocentrica”.

Un termine molto chiaro nella sua semplicità, che mette al centro la salvaguardia dell’Ambiente nella sua complessità ed unicità. Ma attenzione, qui non si tratta farsi portatori di idee ambientaliste o di movimenti ecologisti, che sono sacrosanti ma che rimangono sempre concentrati su un’ottica utilitaristica: “io devo proteggere l’ambiente perché è il luogo in cui vivo e in cui vivranno i miei figli”. Il movimento Rewriters intende aprire maggiormente lo sguardo, verso un orizzonte più lontano, avvicinandosi all’ecologia profonda, ovvero quella filosofia (o ecosofia) tanto cara ad Arne Naess secondo la quale il benessere della vita sulla Terra ha valore per se stesso, indipendentemente dall’utilità che essa può arrecare all’essere umano.

In poche parole: le forme di vita, vegetali e animali, hanno valore in sé e vanno tutelate indipendentemente dal beneficio che ne può trarre l’uomo. Questo non significa che, secondo noi, non si possa riconoscere una superiorità umana, ma questa superiorità va messa al servizio della natura. Insomma l’auspicio è che l’essere umano diventi il custode, il tutore dell’ambiente e di tutte le sue specie, che se ne prenda cura, che sappia fare tesoro delle sue superiorità intellettive e cognitive per proteggere tutte le specie viventi e l’ecosistema che le ospita. E dunque da “creatore” che si sostituisce a Dio e alla natura, l’essere umano diventi “custode e tutore” della vita. E’ tempo di mettere in pratica questo nuovo paradigma di pensiero.

* Condirettrice ReWriters