Lo stupore che qualche commentatore ha l’improntitudine di manifestare se il governo dei Migliori fa grazioso omaggio al presidente di Confindustria – il commerciante Carlo Bonomi – del disco verde ai licenziamenti (quella mano libera nell’applicazione del modello organizzativo bastone e carota, molto bastone e poca carota, che resta l’unica modalità di gestione delle maestranze conosciuta dai padroncini) o lo stop al cashback, con cui si voleva mettere sotto controllo l’evasione (e con il plauso di Salvini e Meloni, a conferma che questi destrorsi sono sempre “uomini di mano” dei potenti, nella tradizione dei Fasci mussoliniani al soldo di agrari e capitalisti), chi si stupisce dimostra di non avere la benché minima capacità percettiva dei palesi indizi del “da che parte stia” il Migliore dei Migliori: l’algido banchiere-premier Mario Draghi.
La presa d’atto di come si componga la corte dei miracoli cresciuta attorno a Palazzo Chigi: dopo la banda dei ministri simil-tecnici, tra cui si staglia la figurina dello scienziato in carriera Roberto Cingolani, ambientalista pro trivelle e nucleare, ecco i consulenti vestali del Liberismo che dovrebbero confortare il sintonico pensiero dell’ex futuro presidente Bce; che il 5 agosto 2011 sottoscriveva con l’allora presidente in carica Jean Claude Trichet una missiva al governo italiano in cui – quale condizione per gli aiuti da Bruxelles – si prescriveva una serie di scelte lacrime e sangue per lo smantellamento dello Stato sociale: la stessa logica del togliere ai poveri per dare ai ricchi imposta poco dopo alla Grecia. La cura da cavallo che rischiò di ammazzarla.
Infatti questi movimenti attorno al governo vengono da lontano. Lo sbocco di un lungo cammino – sulla scia delle selezioni di un personale organico a strategie reazionarie, in corso da tempo a livello internazionale – evidenziato dall’abbinamento al nome di uno dei cortigiani governativi – Carlo Stagnaro – l’intitolazione del Centro di cui è direttore di ricerca: l’istituto Bruno Leoni.
Ecco, il nome di questo avvocato marchigiano deceduto nel 1967 ci riporta sul lago Lemano negli anni del secondo dopoguerra. Al 10 aprile 1947, quando venne fondata la “Società del Monte Pellegrino”. Ossia il club esclusivo che associava un po’ di austriaci (Karl Popper e Ludwing von Mises) capitanati da un parvenu ossessionato dall’ombra di John Maynard Keynes – Friedrick von Hayek – con contorno, tra gli altri, di uno svizzero (Wilhelm Röpke), un americano (Milton Friedman) più il nostro Luigi Einaudi e Salvador de Madariaga.
Si definivano “i bolscevichi della libertà”. Ma mentre questo distinto consesso di notabili, cultori di un pensiero prudente e sostanzialmente decorativo, si proponeva come testimone di una cultura borghese ormai anacronistica, l’attivismo hayekiano perseguiva strategie aggressive, nevrotizzate dallo scenario dello scontro tra Est e Ovest. Un liberalismo da Guerra Fredda, impegnato nell’indottrinamento e nella propaganda ideologica, che avrebbe ispirato i modelli di think tank fioriti negli anni a venire – Trilateral in testa – lautamente finanziati dal governo americano e da gruppi privati. Un ottimo affare per intellettuali in fregola di arrampicata sociale. Difatti premiati – nel caso di Hayek e Friedman – dai banchieri svedesi con un Nobel spurio, quale quello per l’economia.
Dunque, un pensiero che si richiamava alla libertà come arma da guerra al servizio del capitalismo proprietario e contro la “sinistrite” (il liberalismo sociale che allora si affermava con il compromesso keynesiano ispiratore del Welfare State), in quanto messaggero di un dogma guerresco. Che fece di Hayek una star e del segretario nella Mont Pelerin Bruno Leoni il suo Beria. Nel clima liberal-staliniano instaurato nel Cantone di Vaud, il killer associativo dell’economista social-liberale Röpke, reo di insidiare la presidenza Hayek. Il ruolo ricoperto nell’Urss da Lavrentij Berija.
Questo liberal-settarismo ha fatto scuola in vari incubatori. Ad esempio nel movimento dei giovani repubblicani (Davide Giacalone, Oscar Giannino, Enrico Cisnetto), cresciuti alla scuola di cinismo del Pri lamalfiano: il marchingegno della “politica dei contenuti” per stare al governo con la Dc e trafficare con il Pci.
Ben presto i liberali in carriera spostarono la loro offerta verso la committenza delle imprese e i loro boss. Nel 1999 l’associazione Società Libera del manager ex Fininvest Franz Tatò (noto per ristrutturazioni aziendali all’insegna della decimazione) promosse una mostra itinerante in cui l’inconfessato odio per democrazia e demos metteva nello stesso sacco Stalin e Roosevelt. Il segnale d’avvio per la fondazione di club profite oriented dedicati a incolpevoli intellettuali anglosassoni: la Hume del torinese gné gné Luca Ricolfi, la Adam Smith dello spettrale Alessandro De Nicola. Con una propensione a occupare pagine di giornale e puntare ai piani alti; una corrività verso l’idea mistificatoria che il leader dominante all’epoca – Silvio Berlusconi – potesse davvero realizzare la rivoluzione liberale che strombazzava. Nella continuità di una militanza dalla parte dei ricchi e potenti. In quelle pratiche da camerieri che ora li vede arrivare nelle stanze del governo guidato da un loro affine quale Mario Draghi.
Pierfranco Pellizzetti
Saggista
Economia & Lobby - 3 Luglio 2021
I nipotini di Bruno Leoni alla corte dei miracoli di Mario Draghi
Lo stupore che qualche commentatore ha l’improntitudine di manifestare se il governo dei Migliori fa grazioso omaggio al presidente di Confindustria – il commerciante Carlo Bonomi – del disco verde ai licenziamenti (quella mano libera nell’applicazione del modello organizzativo bastone e carota, molto bastone e poca carota, che resta l’unica modalità di gestione delle maestranze conosciuta dai padroncini) o lo stop al cashback, con cui si voleva mettere sotto controllo l’evasione (e con il plauso di Salvini e Meloni, a conferma che questi destrorsi sono sempre “uomini di mano” dei potenti, nella tradizione dei Fasci mussoliniani al soldo di agrari e capitalisti), chi si stupisce dimostra di non avere la benché minima capacità percettiva dei palesi indizi del “da che parte stia” il Migliore dei Migliori: l’algido banchiere-premier Mario Draghi.
La presa d’atto di come si componga la corte dei miracoli cresciuta attorno a Palazzo Chigi: dopo la banda dei ministri simil-tecnici, tra cui si staglia la figurina dello scienziato in carriera Roberto Cingolani, ambientalista pro trivelle e nucleare, ecco i consulenti vestali del Liberismo che dovrebbero confortare il sintonico pensiero dell’ex futuro presidente Bce; che il 5 agosto 2011 sottoscriveva con l’allora presidente in carica Jean Claude Trichet una missiva al governo italiano in cui – quale condizione per gli aiuti da Bruxelles – si prescriveva una serie di scelte lacrime e sangue per lo smantellamento dello Stato sociale: la stessa logica del togliere ai poveri per dare ai ricchi imposta poco dopo alla Grecia. La cura da cavallo che rischiò di ammazzarla.
Infatti questi movimenti attorno al governo vengono da lontano. Lo sbocco di un lungo cammino – sulla scia delle selezioni di un personale organico a strategie reazionarie, in corso da tempo a livello internazionale – evidenziato dall’abbinamento al nome di uno dei cortigiani governativi – Carlo Stagnaro – l’intitolazione del Centro di cui è direttore di ricerca: l’istituto Bruno Leoni.
Ecco, il nome di questo avvocato marchigiano deceduto nel 1967 ci riporta sul lago Lemano negli anni del secondo dopoguerra. Al 10 aprile 1947, quando venne fondata la “Società del Monte Pellegrino”. Ossia il club esclusivo che associava un po’ di austriaci (Karl Popper e Ludwing von Mises) capitanati da un parvenu ossessionato dall’ombra di John Maynard Keynes – Friedrick von Hayek – con contorno, tra gli altri, di uno svizzero (Wilhelm Röpke), un americano (Milton Friedman) più il nostro Luigi Einaudi e Salvador de Madariaga.
Si definivano “i bolscevichi della libertà”. Ma mentre questo distinto consesso di notabili, cultori di un pensiero prudente e sostanzialmente decorativo, si proponeva come testimone di una cultura borghese ormai anacronistica, l’attivismo hayekiano perseguiva strategie aggressive, nevrotizzate dallo scenario dello scontro tra Est e Ovest. Un liberalismo da Guerra Fredda, impegnato nell’indottrinamento e nella propaganda ideologica, che avrebbe ispirato i modelli di think tank fioriti negli anni a venire – Trilateral in testa – lautamente finanziati dal governo americano e da gruppi privati. Un ottimo affare per intellettuali in fregola di arrampicata sociale. Difatti premiati – nel caso di Hayek e Friedman – dai banchieri svedesi con un Nobel spurio, quale quello per l’economia.
Dunque, un pensiero che si richiamava alla libertà come arma da guerra al servizio del capitalismo proprietario e contro la “sinistrite” (il liberalismo sociale che allora si affermava con il compromesso keynesiano ispiratore del Welfare State), in quanto messaggero di un dogma guerresco. Che fece di Hayek una star e del segretario nella Mont Pelerin Bruno Leoni il suo Beria. Nel clima liberal-staliniano instaurato nel Cantone di Vaud, il killer associativo dell’economista social-liberale Röpke, reo di insidiare la presidenza Hayek. Il ruolo ricoperto nell’Urss da Lavrentij Berija.
Questo liberal-settarismo ha fatto scuola in vari incubatori. Ad esempio nel movimento dei giovani repubblicani (Davide Giacalone, Oscar Giannino, Enrico Cisnetto), cresciuti alla scuola di cinismo del Pri lamalfiano: il marchingegno della “politica dei contenuti” per stare al governo con la Dc e trafficare con il Pci.
Ben presto i liberali in carriera spostarono la loro offerta verso la committenza delle imprese e i loro boss. Nel 1999 l’associazione Società Libera del manager ex Fininvest Franz Tatò (noto per ristrutturazioni aziendali all’insegna della decimazione) promosse una mostra itinerante in cui l’inconfessato odio per democrazia e demos metteva nello stesso sacco Stalin e Roosevelt. Il segnale d’avvio per la fondazione di club profite oriented dedicati a incolpevoli intellettuali anglosassoni: la Hume del torinese gné gné Luca Ricolfi, la Adam Smith dello spettrale Alessandro De Nicola. Con una propensione a occupare pagine di giornale e puntare ai piani alti; una corrività verso l’idea mistificatoria che il leader dominante all’epoca – Silvio Berlusconi – potesse davvero realizzare la rivoluzione liberale che strombazzava. Nella continuità di una militanza dalla parte dei ricchi e potenti. In quelle pratiche da camerieri che ora li vede arrivare nelle stanze del governo guidato da un loro affine quale Mario Draghi.
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Roma, 7 gen. (Adnkronos) - C’è la data del debutto stagionale indoor di Marcell Jacobs: l’oro di Tokyo esordirà nei 60 metri il 2 febbraio a Boston in occasione del New Balance Indoor Grand Prix. Sarà subito un big match: l’azzurro delle Fiamme Oro incontrerà il campione olimpico dei 100 metri di Parigi Noah Lyles.
L’annuncio è arrivato nella serata italiana: per Jacobs si tratterà di un ritorno sui 60 metri a distanza di quasi due anni dalla medaglia d’argento conquistata agli Europei indoor di Istanbul 2023 alle spalle dell’altro azzurro Samuele Ceccarelli. In questa specialità, Jacobs è stato campione del mondo a Belgrado nel 2022 con il record europeo di 6.41 dopo aver vinto l’oro nella stagione precedente agli Euroindoor di Torun 2021. Per l’atleta allenato da Rana Reider in Florida è il primo confronto diretto con Lyles sui 60 dopo tre sfide sui 100 metri, tutte terminate in favore dello statunitense: Parigi in Diamond League nel 2023, semifinale dei Mondiali di Budapest 2023, finale delle Olimpiadi di Parigi 2024. Il primato personale di Lyles sulla distanza risale alla scorsa stagione: 6.43 ad Albuquerque.
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - "Fra una tanto propagandata ed inutile 'zona rossa' e l’altra, ora il governo Meloni e il ministro Piantedosi permettono un altro tipo di zona: la 'zona nera' fatta di neofascisti con la loro squallida ed inaccettabile simbologia, certi di essere impuniti. Una vergogna per il nostro Paese, un’onta per questo governo". Lo afferma Nicola Fratoianni di Avs sulla manifestazione ad Acca Larentia.
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - Riunione del gruppo Pd Camera con la segretaria Elly Schlein. All'ordine del giorno dell'assemblea un punto sulla ripresa dei lavori parlamentari e sulla riforma della giustizia, con la separazione delle carriere, che sarà all'esame dell'aula.
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Conservare i territori nella loro genuina consistenza è una opera preziosa di carattere nazionale, ma non si può fare se vengono impoverite, indebolite o addirittura abbandonate comunità delle aree interne montane". E' la denuncia del Capo dello Stato Sergio Mattarella nel suo intervento a Militello Val di Catania. "Vi sono gli strumenti moderni che consentono ormai di rispondere a questa esigenza - prosegue Mattarella - Il digitale consente di annullare le distanze, l'isolamento di un tempo, delle campagne, delle montagne, ma occorre procedere velocemente in queste direzione. Occorre accogliere, quindi, l'invito che arriva oggi da Militello di tenere conto di quanto sia elemento nazionale rilevante la sorte delle aree interne montane e delle isole minori. Quindi, da Militello parte una esortazione, una condivisione di opinioni che non è solo nell'interesse di questa città ma di tutti i comuni del nostro paese, grandi e piccoli, di pianura, di montagna, di aree interne, che avvertono quanto il vincolo nazionale sia essenziale, importante per ciascuno di loro e quanto sia indispensabile garantire nei territori servizi adeguati, collegamenti adeguati, e per tutti i cittadini e le cittadine".
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Nel nostro paese, nel nostro Bel paese tante città, come Militello Val di Catania, tante aree interne o montane sono protagoniste della storia". Lo ha detto il Capo dello Stato Sergio Mattarella intervenendo a Militello Val di Catania. "Le aree interne, montane, delle piccole isole coprono il 60 per cento del nostro territorio, ci vivono 13 milioni di nostri concittadini - dice - Le aree interne, montane,sono per il nostro paese una ricchezza non solo storica, di memoria, conservano una immensa ricchezza di patrimonio artistico e culturale.Che fa parte essenziale, protagonista dell'attrazione che il nostro paese esercita nel mondo per la sua cultura, la sua arte, la sua storia, il suo modello di vita. Sono aree che richiedono, quindi, un intervento costante". "E' vero, come sanno bene i sindaci, vi è un problema che riguarda le comunicazioni, una quantità di servizi che vanno garantiti nell'interesse del'intero paese, non solo delle comunità interne", aggiunge.
Militello (Catania), 7 gen. (Adnkronos) - "Le nostre comunità soffrono il ridimensionamento dei servizi che riguardano la sanità, la scuola, i trasporti. Bisogna fermare questo processo, occorre combattere la dispersione scolastica e il rischio di isolamento. Spesso vedono i propri figli partire per studiare, lavorare, affermarsi in luoghi lontani, ritornare nelle feste comandate e avere un cuore sanguinante perché le radici sono forti e fa male andare via". E' la denuncia del sindaco di Miltello in Val di Catania, Giovanni Burtone, intervenendo al Palazzetto dello sport alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. "L'inverno demografico- dice- si sta trasformando in glaciazione e non e' solo con la monetizzazione che si può affrontare. Serve una visione, serve convogliare nuove energie per tornare a dare speranza a questi luoghi. Ecco perché la visita della massima carica della nostra Repubblica, del garante della Costituzione e di quei diritti fondamentali che sono codificati nella prima parte della Carta, assume carattere di evento straordinario. In un mondo globalizzato e sempre connesso in cui purtroppo gli echi delle guerre ci ricordano che la natura umana ha limiti che ci fanno ricadere sempre negli stessi errori e che ci preoccupano per il futuro. La richiesta di pace non e' velleitaria ma la consapevolezza che il più lungo periodo di pace che questo continente ha conosciuto non e' una conquista perenne ma quotidiana".
Roma, 7 gen. (Adnkronos) - “Sono testimone, prima da sindaco e ora da deputato europeo, del lavoro che Elisabetta Belloni ha sempre svolto nella sua vita professionale, forte della sua esperienza in campo diplomatico e internazionale. Le sue dimissioni rappresentano una perdita importante per le Istituzioni democratiche della Repubblica italiana. A lei va il mio grazie più sincero per l'alto servizio che ha reso al nostro Paese, da ultimo nel suo delicato ruolo al vertice del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. Mi auguro che continuerà a ricoprire ruoli strategici e importanti nell'interesse dell'Italia e dell’Europa”. Lo dichiara l’europarlamentare Pd Dario Nardella.