Della malattia di Olivia - la paraparesi spastica ascendente ad esordio infantile - non si conosce molto, si contano circa trenta casi in tutto il mondo. "La sorella minore della Sla", la definisce la mamma, perché la malattia si manifesta già dalla prima infanzia. Da Telethon alla onlus "Help Olly", fino alla campagna di comunicazione fatta con gli orsetti di peluche: i "messaggi di possibilità" lanciati dalla famiglia
Una patologia genetica neurodegenerativa rarissima, quella diagnosticata dopo svariati mesi ed esami a Olivia, tre anni e mezzo e che ha colpito tutta la sua famiglia. “Un colpo al cuore”, lo definiscono i genitori, Sara Peiroleri, oggi insegnante dopo anni di esperienza nella comunicazione, e Simone Aversa, assicuratore, ma anche coach e presidente della squadra di pallanuoto Reale Mutua Torino ’81. “Prima era tutto nella norma, anche in gravidanza non c’erano stati problemi”, racconta la mamma. Poi tutto è cominciato quando Olivia ha iniziato a camminare: perdeva l’equilibrio o inciampava e questi episodi diventano sempre più frequenti. “Ci avevano parlato di un problema alle gambe, ma la risonanza è risultata negativa”. Un momento di sollievo, prima di approfondire le ricerche con un esame genetico che ha rivelato “come io e il papà fossimo portatori sani di una malattia rarissima”.
Della malattia di Olivia – la paraparesi spastica ascendente ad esordio infantile – infatti non si conosce molto, si contano circa trenta casi in tutto il mondo: colpisce tutti i muscoli volontari, dalle gambe a salire, impedendole progressivamente di camminare, respirare, parlare, senza mai farle smettere di comprendere cosa le accade. “La sorella minore della Sla”, spiega la mamma, perché la malattia di Olivia si manifesta già dalla prima infanzia. Un dolore che non si può spiegare “ma siamo fatti per sopravvivere”, dice Sara. Per questo dopo lo sconforto, i genitori hanno deciso di fondare l’associazione “Help Olly – Un progetto d’amore” con l’obiettivo di sostenere la ricerca su questa e altre patologie e di individuare una strategia terapeutica.
“Guardare la maratona Telethon è stato un punto di svolta. Abbiamo capito di non essere soli e che si può ancora essere felici”. Arriva da qui, infatti, la spinta di rimboccarsi le maniche. “Lavoriamo per produrre conoscenza”, così Sara spiega le attività della onlus che grazie al programma “Seed Grant” di Telethon è entrata in contatto con laboratori e università per creare un bando di ricerca ad hoc. Grazie all’iniziativa, il Politecnico di Torino sta studiando la patologia a livello molecolare “ma ci stiamo muovendo su più livelli per guadagnare tempo”, dice Sara. All’Istituto Auxologico di Milano, ad esempio si lavora alla creazione di cellule staminali.
Come spiegano, chiunque ha messo a disposizione il suo know-how per la causa, non solo con le donazioni ma anche attraverso iniziative ed eventi a supporto di Olivia. La speranza è quella di trovare medicinali già in commercio per il cosiddetto “riposizionamento farmaceutico”, ovvero quello che accade quando si scopre che farmaci già in circolazione sono in realtà utili anche per altri scopi. Questo perché quello della creazione di in un farmaco ex novo è un percorso molto più lungo e complicato che coinvolge le case farmaceutiche. “E il tempo – spiega la mamma – non è a nostro favore”. “Quello che è cambiato – infatti – è il nostro approccio al futuro”, dicono i genitori. Niente progetti, si vive solo di presente: “Il futuro è un’incognita troppo grande”. Intanto Olivia non si dà per vinta, va all’asilo e si trova bene con gli altri bambini. “È una bimba molto volitiva, e il suo carattere forte la aiuterà in futuro”, conclude Sara.
Le immagini di questo articolo sono state autorizzate dai genitori