Il cardinale Angelo Becciu sarà processato dal Tribunale Vaticano per i reati di peculato e abuso d’ufficio anche in concorso, nonché di subornazione. È quanto si legge in un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede che annuncia i rinvii a giudizio decisi dal presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, su richiesta dei pm del Papa, Gian Piero Milano, Alessandro Diddi e Gianluca Perone. Nell’ambito del procedimento la Segreteria di Stato del Vaticano, individuata nell’inchiesta come “persona offesa” insieme all’Istituto per le Opere di Religione (Ior), si costituirà parte civile e sarà rappresentata dall’ex ministro della Giustizia, Paola Severino.
La decisione sul rinvio a giudizio non ha precedenti nella storia recente della Santa Sede. Il provvedimento dei magistrati d’Oltretevere arriva nove mesi dopo la defenestrazione del porporato dal ruolo di prefetto della Congregazione delle cause dei santi, decisa da Francesco, a cui il Pontefice ha tolto anche i diritti connessi al cardinalato. Una scelta che Bergoglio aveva preso quando i pm vaticani lo avevano informato che, nelle indagini relativi all’acquisto del palazzo di Londra da parte della Segreteria di Stato, era emerso anche il ruolo dell’allora sostituto Becciu.
Quest’ultimo parla di “gogna mediatica” e di “trame oscure” a suo danno, sostenendo di essere “vittima di una macchinazione ordita ai miei danni, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza“, come sostiene una nota del cardinale. “In questi lunghi mesi si è inventato di tutto sulla mia persona – prosegue -, esponendomi ad una gogna mediatica senza pari al cui gioco non mi sono prestato, soffrendo in silenzio, anche per il rispetto e la tutela della Chiesa, a cui ho dedicato la mia intera vita”.
Per rinviare a giudizio il porporato è stato necessario l’ok del Papa secondo la nuova normativa introdotta recentemente proprio da Francesco. Bergoglio ha, infatti, modificato la legge sull’ordinamento giudiziario, da lui stesso emanata dodici mesi prima, stabilendo che anche i cardinali e i vescovi devono essere giudicati dal Tribunale Vaticano previo assenso del Pontefice. Precedentemente, solo la Cassazione era competente, sempre previo assenso del Papa, a giudicare i cardinali e i vescovi nelle cause penali. Bergoglio ha così abolito quello che tecnicamente viene chiamato “giudizio tra pari”.
La Corte di Cassazione, infatti, è costituita dal prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, attualmente il cardinale Dominique Mamberti, che assume le funzioni di presidente, da altri due porporati membri del medesimo dicastero designati dal presidente per un triennio, nonché da due o più giudici applicati anch’essi nominati per un triennio.
La prima udienza del processo è fissata per il 27 luglio. Oltre a Becciu, sono stati rinviati a giudizio altri nove imputati. “Personale ecclesiastico e laico della Segreteria di Stato e figure apicali dell’allora Autorità di Informazione Finanziaria, nonché personaggi esterni, attivi nel mondo della finanza internazionale”, come si legge nel comunicato vaticano. Essi sono: René Brülhart, al quale l’accusa contesta il reato di abuso d’ufficio; monsignor Mauro Carlino, al quale l’accusa contesta i reati di estorsione e abuso di ufficio; Enrico Crasso, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, corruzione, estorsione, riciclaggio e autoriciclaggio, truffa, abuso d’ufficio, falso materiale di atto pubblico commesso dal privato e falso in scrittura privata; Tommaso Di Ruzza, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, abuso d’ufficio e violazione del segreto d’ufficio; Cecilia Marogna, alla quale l’accusa contesta il reato di peculato; Raffaele Mincione, al quale l’accusa contesta i reati di peculato, truffa, abuso d’ufficio, appropriazione indebita e autoriciclaggio; Nicola Squillace, al quale l’accusa contesta i reati di truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio; Fabrizio Tirabassi, al quale l’accusa contesta i reati di corruzione, estorsione, peculato, truffa e abuso d’ufficio; e Gianluigi Torzi, al quale l’accusa contesta i reati di estorsione, peculato, truffa, appropriazione indebita, riciclaggio e autoriciclaggio.
Sono state rinviate a giudizio anche le società: HP Finance LLC, riferibile a Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa; Logsic Humanitarne Dejavnosti, D.O.O., riferibile a Cecilia Marogna, alla quale l’accusa contesta il reato di peculato; Prestige Family Office SA, riferibile a Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa; Sogenel Capital Investment, riferibile a Enrico Crasso, alla quale l’accusa contesta il reato di truffa. La Santa Sede ha, inoltre, precisato che alcuni dei reati vengono contestati anche in concorso.
“Le indagini, – si legge nel comunicato vaticano – avviate nel luglio 2019 su denuncia dell’Istituto per le opere di religione e dell’Ufficio del revisore generale, hanno visto piena sinergia tra l’Ufficio del promotore e la sezione di Polizia giudiziaria del corpo della Gendarmeria. Le attività istruttorie sono state compiute altresì in stretta e proficua collaborazione con la Procura di Roma ed il Nucleo di Polizia economico-finanziaria – G.I.C.E.F. della Guardia di Finanza di Roma. Apprezzabile anche la cooperazione con le Procure di Milano, Bari, Trento, Cagliari e Sassari e le rispettive sezioni di polizia giudiziaria”.
Nel comunicato si precisa, infine, che “le attività istruttorie, svolte anche con commissioni rogatoriali in numerosi altri paesi stranieri (Emirati Arabi Uniti, Gran Bretagna, Jersey, Lussemburgo Slovenia, Svizzera), hanno consentito di portare alla luce una vasta rete di relazioni con operatori dei mercati finanziari che hanno generato consistenti perdite per le finanze vaticane, avendo attinto anche alle risorse, destinate alle opere di carità personale del Santo Padre. L’iniziativa giudiziaria è direttamente collegabile alle indicazioni e alle riforme di Sua Santità Papa Francesco, nell’opera di trasparenza e risanamento delle finanze vaticane; opera che, secondo l’ipotesi accusatoria, è stata contrastata da attività speculative illecite e pregiudizievoli sul piano reputazionale nei termini indicati nella richiesta di citazione a giudizio”.