di Eliot Maes

A fine giugno, il quotidiano britannico The Guardian ha rivelato il contenuto di un recente documento Ue, il quale riporta la volontà da parte dell’Unione di limitare la presenza di film e serie TV prodotte in Gran Bretagna nelle piattaforme di Video on Demand (Vod) come Amazon Prime, Disney+, Netflix e nel digitale terrestre degli Stati membri, come misura di riequilibrio dopo la Brexit.

Questa proposta modificherebbe la Direttiva Ue sui servizi audiovisivi e media, la quale indica che i programmi di produzione degli Stati membri devono avere la maggior parte dello spazio sul digitale terrestre dei paesi Ue e che almeno il 30% del numero di titoli sulle piattaforme streaming in Ue devono essere di produzione europea. Nonostante il Regno Unito sia ora un paese terzo, continuerà ad essere incluso nella definizione di “produzioni europee” della Direttiva; la dicitura fa riferimento alla Convezione europea sulla televisione transfrontaliera del Consiglio d’Europa, il quale non è un organo dell’Ue ma un ente intergovernativo internazionale di cui il Regno Unito continua a rimanere membro.

Nonostante l’accordo Brexit sia stato già approvato lo scorso dicembre, per molti anni si continuerà a parlare di misure di “aggiustamento” della nuova posizione della Gran Bretagna in relazione all’Ue. Questa misura ne è un esempio: ci si poteva aspettare che Stati membri come la Francia, la quale figura tra i primi sostenitori di questo documento, chieda che il Regno Unito non goda più dei privilegi di mercato come quando era membro dell’Unione, anche se una decisione di chiusura come questa rispecchia ideologicamente di più il nazionalismo britannico anziché i principi Ue. Forse per questo motivo, la proposta viene mascherata come sforzo per garantire e tutelare la diversità della cultura europea nei territori dell’Unione.

Ma su questo punto è necessario soffermarsi: le produzioni britanniche smetteranno mai di essere europee? Forse solo su carta. Ed è per questo motivo che probabilmente il documento può apparire forzato se si parla di tutela della cultura e diversità europee, in un mondo dove non solo è difficile percepire come extra europee serie TV come The Crown o Peaky Blinders, ma dove una eventuale minaccia alle produzioni europee potrebbe essere più attribuibile all’egemonia delle produzioni statunitensi nel mondo anziché a quella britannica.

Infine, questa misura difficilmente avrà un impatto negativo sulle grandi produzioni mainstream, la cui domanda rimarrà sempre alta: è più probabile che una tale decisione colpisca programmi britannici emergenti o di nicchia, che con più difficoltà troveranno spazio all’estero nelle piattaforme streaming e nelle televisioni.

Ma prima di procedere con ulteriori analisi e riflessioni, bisogna monitorare il progredire della proposta in sede istituzionale: è anche possibile che il contenuto del documento possa mutare in maniera sostanziale durante il processo legislativo.

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