C’è un pezzo della Milano bene, o meglio dei poteri forti, che ha gioito al verdetto del collegio arbitrale sulla vicenda Blackstone-Rcs che ha di fatto respinto le accuse di Urbano Cairo sulla tentata usura del fondo Usa nella compravendita del palazzo di via Solferino, sede storica del Corriere della Sera.
Sono quegli stessi poteri forti che non hanno mani digerito la conquista del primo giornale italiano da parte di un parvenu (per loro) che sconfisse, nel 2016, la corazzata Mediobanca/Bonomi nella presa di Rcs.
Ora che Cairo deve difendersi e fronteggiare la causa americana di Blackstone che chiede danni per 505 milioni di euro, suddivisi tra il gruppo editoriale e lo stesso imprenditore alessandrino, ecco partire sui giornali il toto “nuovo padrone”. In una sorta di rivincita dall’usurpazione del giornale della borghesia milanese.
Con nomi i più improbabili. Dagli Angelucci, abituati a usare i giornali come Libero (che sta in piedi solo grazie ai congrui contributi pubblici) per fare affari su altri campi, primo fra tutti quello della sanità privata. A Riffeser Monti (anch’esso editore in perdita con il suo Resto del Carlino, Il Giorno e La Nazione). Oltre ovviamente a Mediobanca che con la ex Fiat insieme a Intesa, Unipol e Della Valle, il cosiddetto Salotto buono, ha gestito Rcs per anni.
In questo spirito di revanche pochi ricordano che sotto la gestione dei cosiddetti “poteri forti”, Rcs ha rischiato grosso. Perdite a bocca di barile per anni, debiti a non finire. Solo dal 2009 al 2015, l’anno prima della conquista di Rcs da parte di Cairo, il gruppo editoriale aveva cumulato perdite per 1,4 miliardi di euro. Aveva visto ricavi tracollare da oltre 2,3 miliardi a un solo miliardo. Ed era dovuto correre ai ripari vendendo nel 2014 anche l’immobile di proprietà per 120 milioni a Blackstone. Una gestione industriale non certo da manuale della Bocconi.
Con l’arrivo di Cairo, nell’estate del 2016, è arrivata anche la svolta nei conti. Da subito. Primo utile per 3,5 milioni già nel 2016 e poi un crescendo, cumulando tra il 2016 e il 2020 oltre 250 milioni di utili netti, pur con i ricavi in calo nel periodo del 25% nella crisi generalizzata dell’editoria.
Tutto si può dire di Cairo, l’ex assistente di Berlusconi, ma non che non sappia gestire le aziende.
La sua Cairo Communications ha sempre fatto utili anche nel decennio nero dell’editoria italiana. Quando rilevò da Telecom Italia La7, il canale televisivo perdeva 100 milioni di euro. Oggi ha margini positivi e di fatto quasi azzerate le perdite.
Solo un editore puro come Cairo, sa dove mettere le mani, rispetto a chi detiene la proprietà dei giornali come business ancillare ai suoi veri affari. Il caso Rcs è lì da toccare con mano.
Certo ora incombe sulla società e su Cairo lo spettro di quel mezzo miliardo di danni. Difficile dire come finirà. Di certo anche in caso di sconfitta l’impatto non sarà di quelle dimensioni.
Blackstone ha visto andare in fumo con la fuga del compratore Allianz 120 milioni di plusvalenza. I danni chiesti sono 4 volte superiori al cessato lucro. Non solo, ma la perizia del collegio arbitrale ha chiarito che il palazzo è stato ceduto a Blackstone a 120 milioni, rispetto a un valore di mercato dell’epoca di 153 milioni, quindi con uno sconto del 20%.
Nel frattempo Blackstone ha incassato da Rcs affitti per 10,3 milioni di euro negli ultimi 6 anni. Fanno oltre 60 milioni di flussi in entrata che il fondo Usa ha incassato da Rcs, portando l’esborso reale di Blackstone a 60 milioni a oggi.
L’immobile nel frattempo si è rivalutato. Se per difetto si ipotizza un tasso medio annuo del 3%, ecco che a spanne lo stabile di via Solferino può valere oggi non meno di 180 milioni. Se Blackstone che continua a incassare l’affitto da Rcs, trovasse un compratore domani per soli 200 milioni ecco che la plusvalenza sarebbe superiore rispetto al presunto danno della mancata vendita del 2018 a 240 milioni ad Allianz.
Danni economici come si vede estremamente ridimensionati, rispetto al quantum chiesto da Blackstone.
Tutte ipotesi ovviamente sul destino della causa, che potrebbe anche sfociare in una transazione bonaria tra le parti. Ma che in ogni caso non dovrebbero avere impatti esiziali su Rcs tali da far fare un passo indietro a Cairo.
Che da canto suo, dopo il gran lavoro di ristrutturazione di Rcs con i debiti finanziari netti portati da quasi 500 milioni a poco più di 40, non ci pensa proprio a lasciare a qualcun altro l’onore del salvataggio e rilancio del primo gruppo editoriale italiano.