Non che i voltafaccia improvvisi di Italia viva facciano ancora notizia, ma quello sul ddl Zan, disegno di legge di cui sono stati promotori e che solo otto mesi fa hanno contribuito a scrivere, ha lasciato stupiti anche chi ai tradimenti di Matteo Renzi e compagni è ormai abituato. L’ammissione dei renziani, capogruppo al Senato Davide Faraone in testa, è ormai ufficiale: vogliono modifiche al provvedimento, proprio come chiedono Matteo Salvini e la destra, altrimenti la minaccia è che “così non passa”. Eppure basta riavvolgere il nastro solo fino a novembre scorso per trovare le dichiarazioni entusiaste dei deputati Iv che, in Aula, applaudivano per il primo via libera al disegno di legge contro l’omotransfobia. Quello stesso che ora vogliono affossare. “Un intervento atteso da anni” e un “testo equilibrato”, dichiarò davanti a Montecitorio la deputata Iv Lucia Annibali, autrice di quell’articolo 1 che definisce anche “l’identità di genere” e che ora i suoi vogliono modificare. E quel giorno la deputata non era la sola a festeggiare. “Un enorme passo avanti nella lotta alle disuguaglianze”, si associò dal Senato la neo renziana (ex Fi) Donatella Conzatti. “Un grande risultato”, si unì il deputato Massimo Ungaro.
La capriola sui diritti di Italia viva e di Scalfarotto – Cosa è successo in soli otto mesi? “Sono sorpreso perché quel testo fu approvato praticamente all’unanimità”, ha detto in queste ore Enrico Costa, deputato di Azione e solitamente non certo morbido con Pd e M5s. E’ chiaro che con la crisi del governo Conte 2 sono cambiati tutti gli equilibri, ma finora gli stessi renziani avevano garantito che non avrebbero fatto mancare il loro sostegno a una legge “così importante” e alla quale loro stessi hanno lavorato fin dall’inizio. Il cambio di linea non arriva come un fulmine a ciel sereno: le spinte interne al partito per unirsi all’ostruzionismo della destra sono iniziate almeno dalla primavera scorsa. Finora però erano fioccate le smentite della stessa Iv e soprattutto di Ivan Scalfarotto, firmatario di una delle prime leggi contro l’omotransfobia e uno dei primi sostenitori del ddl Zan. Ma non solo. Proprio Scalfarotto, a giugno scorso, ha preso posizione e registrato un video per chiedere di andare in Aula il prima possibile: “La destra vuole solo perdere tempo”, ha detto in una specie di appello che sembrava rivolto prima di tutto ai suoi colleghi. Ma ora che a perdere tempo, con il chiaro obiettivo di bloccare il provvedimento, è Italia viva, Scalfarotto difende il suo partito: “Il ddl Zan è un’ottima legge, ma senza modifiche non passerà”, ha detto ieri a Repubblica senza fare una piega. Anzi, senza alcuna titubanza, si è spinto fino a invocare la necessità di “un sacrificio”. Una vera e proprio capriola se si pensa che meno di 30 giorni, sempre Scalfarotto, diceva al Manifesto: “Lega e Fdi vogliono solo affossare la legge, i miei sbagliano. Ma al dunque i voti di Iv ci saranno”. E’ passato un mese e quei voti sono spariti.
Ma i tavoli di lavoro ci sono già stati: i renziani erano presenti e hanno contribuito a modificare il testo – Ora Italia viva, facendo asse con il centrodestra, chiede di ripartire da zero: un tavolo di lavoro per fare sintesi e rimettere il discussione il testo base. Eppure, come ricordato dalla senatrice Pd Monica Cirinnà, il disegno di legge Zan è già frutto di lunghe mediazioni con le altre forze politiche. Un tavolo di discussione c’è già stato alla Camera e, a quel tavolo, erano seduti anche i parlamentari di Italia viva. “Iv era presente con la collega Annibali”, ha detto ieri la senatrice a la Stampa. “Abbiamo avuto interlocuzioni con la ministra Bonetti, che ora di fatto viene sbugiardata dalle dichiarazioni di Iv, che alza il prezzo della sua presenza. E’ tattica politica sulla pelle delle persone più fragili e più discriminate come i trans. Mi vergognerei a fare una cosa del genere”. Il contributo dei renziani alla scrittura del testo lo ha ricordato anche Alessandro Zan, primo firmatario della legge, a il Fatto quotidiano: “Ivan Scalfarotto è stato un alleato fedele e coerente in questa battaglia. Come Boschi, Marattin, Migliore, Noja. Per questo sono stupito di quello che sta succedendo”, ha dichiarato.
Stupore è la parola che usano tutti. Perché anche negli scenari peggiori era difficile immaginarsi che Italia viva si rimangiasse tutto il lavoro fatto in questi mesi per associarsi a quella destra che ha appena firmato la carta dei valori di Orban. Eppure, le parole di Faraone delle scorse ore all’Huffington post ne sono la prova: “Così com’è la legge non passa”, ha minacciato. Ma non solo: nel suo lungo intervento, il capogruppo a Palazzo Madama, ha smontato tutto lo spirito del provvedimento che i suoi hanno contribuito a costruire. Una delle contestazioni principali ad esempio riguarda l’articolo 1: Italia viva vuole escludere dall’estensione ai crimini d’odio le discriminazioni basate “sull’identità di genere” e sostituirle con il generico “fondati sull’omofobia o sulla transfobia”. Ma così facendo sconfessano se stessi, come ha ricordato la senatrice Cirinnà: “Chiedono modifiche su quegli stessi punti sui quali c’era stata trattativa e avevano dato il loro consenso. Renzi e Faraone gettano la maschera e in un colpo solo delegittimano la loro ministra Bonetti, le deputate e i deputati di Iv e la stessa Lucia Annibali, prima firmataria dell’emendamento che introdusse l’articolo 1, che oggi Iv vorrebbe sopprimere”. Proprio le definizioni dei termini usati nella legge per indicare le categorie di chi subisce violenza o discriminazione vennero introdotti infatti con un emendamento a prima firma Annibali. E quell’intervento nacque da un’esigenza ben precisa, come spiegato ieri dai 5 stelle in una nota: “Negli anni scorsi i disegni di legge per il contrasto all’omotransfobia si fermarono proprio perché le espressioni usate per identificare il movente d’odio, quindi omofobia e transfobia, non vennero ritenute abbastanza precise per garantire la determinatezza del precetto penale”. Per questo, è la denuncia, l’intervento dei renziani farebbe fallire il ddl. Di nuovo.
Ma non è finita qui. Italia viva fu tra gli artefici anche dell’articolo 4, la cosiddetta clausola salva-idee che ora Faraone vuole sopprimere completamente. Addirittura il deputato Iv Marco Di Maio, nell’autunno scorso, ne rivendicava la paternità: “Riformulando un emendamento che riprende quello che ho presentato come primo firmatario”, disse, “si è chiarito che accanto alla sacrosanta battaglia contro gli istigatori di odio e discriminazione sulla base degli orientamenti sessuali, si garantisce il diritto alla libera espressione delle proprie idee come sancito dalla nostra Costituzione. Una precisazione doverosa e non scontata“. Sono passati otto mesi scarsi e per Renzi e i suoi quella precisazione non è solo “scontata”, ma va completamente tolta. Insomma, dopo aver contribuito a fare, ora disfano tutto da capo.
Quando i renziani dicevano: “Un intervento atteso da tanti anni” – Basta scorrere le dichiarazioni di novembre scorso per vedere la schizofrenia. La prima a felicitarsi per il ddl Zan fu proprio Annibali in Aula, il giorno dell’approvazione del testo: “Con il voto di oggi, il nostro Paese si dota di una legge che ha l’obiettivo chiaro di prevenire e contrastare discriminazioni e violenze”, disse il 4 novembre 2020. Ma non solo, usò parole ancora più entusiaste: “Si tratta di un intervento normativo atteso da tanti anni, grazie al quale ci mettiamo al passo con gli altri Paesi europei, rendendo la nostra società più inclusiva, più eguale, più libera, più avanzata“. E ancora: “La necessità di dotare il nostro ordinamento giuridico di una normativa penale specialistica, d’altro canto, si evince con chiarezza dai dati emersi dalla cronaca”. Secondo Annibali quindi, il ddl Zan uscito dalla Camera era un ottimo testo perché “frutto di un lungo e complesso lavoro svolto in questi mesi“: “E’ a nostro avviso un testo equilibrato – che persegue un corretto bilanciamento tra principi costituzionali in gioco, la libertà di manifestazione del pensiero, da un lato, e la tutela della dignità umana e del principio di eguaglianza, dall’altro – e integrato, poiché affianca alla parte penale, l’adozione di specifiche azioni positive, rivolte alla prevenzione, alla protezione e al supporto delle vittime di azioni discriminatorie e violente”.
Al coro entusiasta si unì anche la capogruppo in commissione Bilancio al Senato Donatella Conzatti: “L’Italia ha compiuto oggi un enorme passo avanti nella lotta alle diseguaglianze”. La senatrice si augurò che Palazzo Madama seguisse in fretta l’esempio: “Ora il mio auspicio è che anche da noi in Senato la legge venga approvata il prima possibile”. Mentre alla Camera applaudì il deputato Iv Massimo Ungaro che riconobbe il grande e lungo lavoro di mediazione per arrivare a un testo condiviso: “È una legge che ha visto una gestazione in commissione di 12 mesi e un dibattito molto intenso in Aula negli ultimi giorni”, disse. “Credo si tratti di un risultato molto importante sul fronte della lotta alle discriminazioni contro le persone Lgbtqi+ che riporta l’Italia in linea con gli altri Paesi europei. Un risultato politico e culturale”. E Ungaro concluse citando il contributo dei renziani per quanto riguarda le discriminazioni sulla base della disabilità, altro punto centrale della legge: “Sono orgoglioso del lavoro di Italia Viva e delle colleghe Lisa Noja e Lucia Annibali per aver incluso la disabilità tra le fattispecie di discriminazione previste”. Il ddl Zan è stato quindi frutto di un risultato collettivo che Italia viva ha rivendicato fino a quando è convenuto.
Perfino la Bonetti ha difeso la parte “educativa della legge”. Ora per Faraone è solo “propaganda” – La stessa ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti, esponente di Italia viva al governo, ad aprile scorso si era espressa in difesa della legge Zan. E tra le altre cose, ha difeso proprio l’articolo 7 del provvedimento che istituisce la Giornata nazionale contro l’omofobia, lesbofobia, la transfobia. Quello stesso articolo che ora il capogruppo renziano Faraone chiede di modificare, liquidando la prevenzione come “propaganda” e chiedendo di introdurre una postilla che strizza l’occhio alle richieste del Vaticano. Bonetti disse che l’introduzione della giornata era fondamentale “per promuovere una cultura del rispetto e dell’inclusione, del contrasto ai pregiudizi, alle discriminazioni e le violenze motivate sull’orientamento sessuale sull’identità di genere. Queste iniziative si svolgeranno nelle pubbliche amministrazioni, all’interno delle quali ci sono anche le scuole ma ovviamente sempre nel rispetto dell’autonomia scolastica e ovviamente la giornata non avrà un carattere di festività”. Un ovvietà che però non risulta ai suoi colleghi di partito che chiedono ora di tornare a lavorare sull’articolo 7 per timore che quell’autonomia non sia rispettata abbastanza (nonostante la loro ministra abbia fino a ieri detto il contrario).
In tutto questo improvviso caos, tra giravolte e voltafaccia, chi gongola è Renzi che, come riferito dall’agenzia Lapresse, parlando con i suoi avrebbe giurato di voler trovare un accordo condiviso anche con la destra solo per portare a casa la legge. Peccato che il leghista Andrea Ostellari abbia già detto che neppure il ddl Scalfarotto, quello da cui vogliono ripartire i renziani, va bene: “Quello che chiediamo è diverso”. Quindi, per il momento e per l’ennesima volta, l’unico accordo trasversale possibile è quello per far fallire una legge che il Parlamento cerca di far approvare dal 1996.